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Intervista ad Andrea Fazioli

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Andrea Fazioli è uno scrittore svizzero. Ha dato recentemente alle stampe “L’uomo senza casa”, un volume pubblicato dalla casa editrice Guanda.Un giallo caratterizzato da una trama narrativa ben orchestrata , da personaggi caratterizzati con  protagonista l’investigatore privato Elia Contini, un uomo che ha vive solo, in montagna, che osserva il passaggio delle volpi, chiuso, introverso. La storia del libro non è da descrivere, ma invitiamo i lettori a leggere il volume.  Ho rivolto allo scrittore alcune domande.

D. Il pretesto narrativo della storia è l’ampliamento della diga Malvaglia che era stata costruita vent’anni fa e riaffiarono vecchi e dolorosi ricordi. Significa che, in senso lato,  vi è un nesso fra presente e passato?

R. La diga di Malvaglia, fra l’altro, è un luogo molto suggestivo: la natura selvaggia e all’improvviso questa parete che s’innalza come una cosa venuta da un altro mondo. E infondo il romanzo racconta anche dell’indagine su un altro mondo: il passato è ciò che si nasconde sotto l’acqua, il paese sommerso nel quale riposano ancora molti segreti e qualche pericolo. Sì, “L’uomo senza casa” è proprio una ricerca di questo: un nesso fra presente e passato o, in altre parole, una “casa” che sia davvero tale.

 

D. Il personaggio di Elia Contini è originale: single, abita in montagna, di poche parole,  ha una  sporadica  relazioni sentimentale, ama la Divina Commedia,  è un personaggio ben tratteggiato. Frutto di pura invenzione o si è ispirato a qualche persona che ha conosciuto?

R. Elia Contini è un personaggio di fantasia, ma in lui c’è qualche aspetto che esprime bene le caratteristiche umane di uno svizzero italiano. Ha una casa in mezzo ai boschi, in una regione impervia, dove si dedica a passeggiare in montagna e a osservare le volpi nel bosco. Però ogni giorno si sposa per lavorare dalla parte settentrionale a quella meridionale del Canton Ticino. Un viaggio che dura mezzora, ma che lo porta in un contesto molto differente: Lugano, con il suo lago, le sue banche, l’atmosfera più “mediterranea” e gli intrighi dell’alta finanza… Questa doppia anima, un po’ lacustre un po’ selvatica, è tipicamente ticinese!

 

D. Lei delinea un contesto sociale dove figurano imprenditori, uomini politici, faccendieri. E’ il contesto socio-politico della Svizzera , in senso lato, del mondo?

R:Come tutti i luoghi pacifici, dove apparentemente non succede nulla, la Svizzera ha un’intensa vita sotto la superficie, al di là dello specchio. M’interessa molto questo rovesciamento, questo mondo segreto che si muove e si agita dietro la facciata quasi banale. Penso che tutto il mondo conosca questo contesto, questo arrabattarsi di politici e faccendieri. Ma in un paese come la Svizzera ciò è più evidente. Gli scheletri non si nascondono negli armadi, ma nelle casseforti…

 

D. Il suo esordio narrativo è stato accolto favorevolmente sia dal pubblico,  dalla critica e da un giallista molto bravo come Gianni Biondillo, l’inventore del commissario Ferraro che opera e vive a Quarto Oggiaro. Perché ha deciso di   cimentarsi  con il genere giallo?

R Amo le storie d’avventura. Fin da bambino ho letto moltissimi romanzi gialli, perché mi piacciono i racconti dove s’indaga, dove si cerca di svelare un mistero. Ma “L’uomo senzsa casa”, più che un giallo classico, è una storia di suspense, una vicenda in parte ispirata ai classici feuilletons ottocenteschi. L’accoglienza favorevole da parte della critica, e soprattutto del pubblico, mi rallegra molto: fa piacere vedere che qualcuno voglia ascoltare le mie storie. Il parere di uno scrittore bravo e rinomato come Gianni Biondillo, poi, è ancora più prezioso: come un maestro di bottega che faccia i complimenti al giovane artigiano inesperto…

 

D. La caratteristica della sua scrittura è quella che, nonostante dissemini il libro di innumerevoli indizi e ci sveli l‘autore di due dei quattro omicidi, disorienta il lettore, lo inchioda al libro fino all’epilogo. Ha frequentato dei corsi di scrittura o è solo talento?

R: Una domanda che m’imbarazza un po’… Non so se sia talento: ho sempre avuto una certa abilità nel congegnare meccanismi narrativi. (Da bambino, tornando da scuola, facevo da “cantastorie” per i miei compagni, per ingannare la noia del percorso…). Non ho mai frequentato una vera e propria scuola di scrittura, ma ho letto qualcosa sull’argomento. Inoltre ho lavorato come cronista in un giornale: questa è stata una palestra davvero molto utile. Ora lavoro alla radiotelevisione svizzera di lingua italiana: in un contesto differente, uso sempre le parole come strumento per comunicare, per avvincere…

 

D. Lei, dicevo all’inizio, è al suo esordio narrativo. Ha dei modelli di riferimenti letterari ?

R. Per “L’uomo senza casa” mi sono ispirato molto ai classici scrittori di feuilleton, che leggevo in quel periodo. Per esempio Dickens o Dumas, ma anche Wilkie Collins, Gaboriau o – per gli italiani – De Marchi. Ma i libri che mi hanno catturato sono molti, difficile fare un elenco: per me leggere e scrivere sono davvero due facce della stessa medaglia. Anzi, forse tra le due attività è perfino più creativa quella del lettore…

 

D. Progetti futuri?

R: Sto lavorando a un nuovo romanzo, nel quale Elia Contini si riposerà per un po’… avrà un ruolo marginale, perché si sta riprendendo da tutto ciò che gli è successo in quest’ultimo libro. Sarà una storia d’avventura, una vicenda che parla di rapine e d’amore… Sto avanzando pian piano, perché mi rendo conto che il tema è delicato. La rapina e l’amore: due concetti che in Svizzera si tende ad applicare alle banche…

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