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Intervista con Luca Sigurtà – Harshcore

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Luca Sigurtà è un musicista sperimentale, più precisamente in area elettronica e noise. Esordisce con tre e.p. nel 2000. Nel 2001 pubblica “La sindrome di Stoccolma”, distribuito da S’Agita Recordings. Nel 2002 realizza “Terre” in collaborazione con il regista Manuele Cecconello, cd ibrido di suoni e immagini. Nel 2002 partecipa con le sue installazioni alla mostra “Convergenze” presso la fondazione Pistoletto a Biella, sua città. Nel 2003 prende parte ai festival “Superfici Sonore” a Firenze, “Dis.lab” a Roma e “Differenti Sensazioni” a Biella e partecipa alle compilation dell’etichetta canadese Deterrent e delle italiane Aleatory e Homemade Avantgarde. Nel 2004 esce il cd-r  “La vera macchina d’argento” (Afe Records/S’Agita Recordings). Nel 2004, insieme a Fhievel (Luca Bergero) e Claudio Rocchetti, esce il cd “Pocket Progressive” per la Creative Sources Recordings di Lisbona. Nel 2006, con Tommaso Clerico, dà vita al progetto Harshcore il cui suono è basato su elettronica analogica povera, basso, nastri. Esistono al momento due cd, “The Sybian Sorority” (uscito per l’etichetta Rudimentale), ed uno split, con “Slicing Grandpa” (per la Smell the Stench). In autunno è prevista l’uscita di un nuovo lavoro “Monochrome Socialist” (Luggage Records) ed un paio di split con Der Einzige e Family Battle Snake. Gli Harshcore suonano dal vivo indossando grosse maschere con fattezze animali realizzate dai bambini di una scuola elementare. Da segnalare anche il cd “Free for(m) Rimbaud” dell’Acoustronic Ensemble, ovvero Laforgia, Mariani, Punck, Sigurtà e Fhievel.
 
 
 
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Davide

Leggendo note biografiche sparse per la rete, di te so che sei nato a Biella nel 1976 e che ti  sei avvicinato alla musica sperimentale nella seconda metà degli anni ’90… C’è stato dunque del tempo per fare altro di diverso genere? Qual è la tua formazione musicale e cosa ti ha portato alla sperimentazione? In “Free for(m) Rimbaud”, così come nel titolo in omaggio a Chet Baker di “Sybian Sorority”, c’è qualche allusione al jazz?

Luca

Sicuramente la mia formazione è stata ed è tutt’ora totalmente autodidatta.  Anni fa ho cominciato quasi per gioco a registrare suoni naturali, field recordings e tutto ciò che mi capitava utilizzando un registratore a cassetta, i risultati di tali registrazioni venivano poi montati in maniera molto “spartana”. Più il tempo passava e più mi rendevo conto che questo tipo di sonorità mi attirava, così come l’ascolto di materiale elettronico ed elettroacustico. Diciamo che è stato un avvicinamento graduale, ma decisamente naturale. Alla base della mia formazione ci sono sicuramente gli ascolti rock, mentre l’avvicinamento al jazz, almeno per quanto riguarda il free e l’impro, è stato successivo.

Davide

Cos’è per te sperimentare? Cioè, per usare propriamente il termine “sperimentare”, metti alla prova che cosa per giudicarne quale efficacia, quale funzionalità, quale verità o per conoscere o raggiungere quale altra cosa?

Luca

Definire il termine ‘sperimentazione’ con il passare del tempo diventa sempre più difficile, anche perché, diciamocelo francamente, ormai tutti pensano in qualche modo di sperimentare e di essere originali, quando in realtà la storia è un’altra. Capisco probabilmente che sto sperimentando quando faccio sentire delle mie tracce ad amici che non si interessano minimamente di ‘musiche strane’ e candidamente mi dicono: ‘…ah bella cagata!!!’. Più che sperimentare a livello musicale a me interessa moltissimo farlo a livello umano, suonando con altri musicisti anche molto distanti dall’approccio e dal gusto estetico e vedere cosa mai potrà saltare fuori. Amo molto incontrare, registrare e scambiare opinioni con altri artisti, non mi piace l’idea del musicista ‘autistico’, quello insomma che non cerca il confronto.

Davide

Il tuo lavoro che mi ha maggiormente colpito è stato “La vera macchina d’argento”… Con i suoi vuoti, le sue basse frequenze e i bassi volumi, mai disco mi era capitato così prossimo al silenzio. Ma anche il tramestio in sordina di oggetti, giocattoli, giradischi, radio, piccole percussioni di “Pocket Progressive”… Cosa c’è alla base di questa scelta sonora rumoristica, ma quasi silente? E’ perché oggi è molto diffusa una certa insofferenza verso il silenzio, come fosse una condizione di solitudine, impotenza, privazione o cosa?

Luca

Il silenzio mi ha sempre affascinato. Le prime volte che sentivo i dischi di Francisco Lopez, Bernard Gunther e Steve Roden (per citare i nomi che più hanno segnato) rimanevo quasi incantato. Quei suoni piccolissimi, quei silenzi dilatati. Mi piace l’idea di sentire un lavoro in cuffia e di stare immobile per intuirne e capirne il suono. Credo che a livello musicale ci sia un’insofferenza verso il silenzio perché il rischio ‘fregatura’ è molto alto. Ci sono tonnellate di dischi pieni di ‘nulla assoluto’ che vengono spacciati per opere di alta fattura concettuale e, invece, non valgono una mazza, anche se a pensarci bene il rischio fregatura è elevato non solo per i dischi silenziosi.

Davide

Rispetto ai due dischi sopra citati, tra tanti silenzi e piccoli rumori sparsi e dispersi a basso volume nel silenzio, mi verrebbe da pensare che il tuo orientamento, nonostante sia noise, risulti infine quasi anti-noise, cioè anti-rumore… Ma in fondo questo mi pare vero anche per il progetto Harshcore. Nonostante vi siate dati il nome di un sottogenere estremo ed estremista del genere noise (penso ai volumi ben più alti, al rumore bianco a palla, alle percussioni metalliche e ai vecchi low-fi synth dei Magnetaphone e consimili, per esempio, che pure gli harshcore fanno). In fondo, si conserva una certa vocazione per pause, silenzi, suoni industriali, ma molto meno violenti e caotici, anzi quasi ovattati. Perfino il vostro rumore bianco (o rosa?), che a un certo punto si sente in Chacondar (split con “Slicing Grandpa”), suona come un rilassante suono d’acqua.

Luca

Il termine ‘anti-noise’ devo dire che mi piace molto ed effettivamente rispecchia ciò che faccio. Questo risultato è probabilmente dovuto ai miei ascolti che vanno dai ‘silenzi’, già citati nella precedente domanda, ai rumori, penso ad esempio alla Skin Graft (etichetta a cui sono molto  legato), alla Load, alla Bulb e a moltissime altre label che hanno una forte connotazione noise e weird; probabilmente mischiare Taku Sugimoto e Lake of Dracula porta a conseguenze del genere. Scherzi a parte, questi due aspetti così diversi dei miei progetti a volte quasi si fondono o si imbastardiscono dando vita ad esempi che hai citato anche tu.

Davide

Da maggio a giugno di quest’anno tu e Fhievel (Luca Bergero) siete stati coinvolti in un interessante progetto di musica concreta:  “La fabbrica  e la sua voce – trame sonore dell’industria tessile”. Se ho capito bene, vi siete per settimane aggirati negli stanzoni di un ex  lanificio con microfoni, suonando ingranaggi, leve, ruotismi di telai, filatoi, carde, molle e manovelle varie; me lo descrivi?

Luca

E’ stato un progetto molto interessante che ha avuto il suo epilogo con una mostra che il Docbi di Biella ha organizzato alla Fabbrica della Ruota (ex-fabbrica e ora ecomuseo), luogo nel quale io e Luca Bergero abbiamo registrato tutto il materiale. Sì è trattato di una serie di installazioni sonore dislocate all’interno dei saloni dello stabile, in cui abbiamo cercato di ricreare e di far rivivere i suoni industriali che abitavano la fabbrica quando era funzionante. Tutti i suoni che abbiamo registrato sono assolutamente fedeli e non c’è stata nessuna rielaborazione o modifica utilizzando l’elettronica. Tutti i suoni sono stati registrati in presa diretta e solamente montati. Oltre alla serie di installazioni, erano presenti le fotografie di Manuele Cecconello, videomaker anch’esso biellese con cui collaboriamo spesso. Il risultato di questa mostra si trasformerà in inverno in un cd che uscirà per l’etichetta portoghese Creative Sources e che ne raccoglie tutti i suoni e le immagini.

Davide

Ho letto di voi (Harshcore) che fate uso di elettronica analogica povera. Mi piace molto il concetto alla base, che mi ricorda gli inizi della musica concreta, con la tape music soprattutto (Pierre Schaeffer per intenderci e quelle sue meravigliose cose come l’Etude aux chemins de fer o la Symphonie pour un homme seul). Mi puoi definire meglio questo approccio?

Luca

Io e Tommaso Clerico abbiamo fin da subito cominciato questo progetto utilizzando attrezzature analogiche. Non è stata una cosa imposta ma è venuta naturalmente, probabilmente perché nella nostra prima sala prove dovevamo un po’ arrangiarci per tirare fuori i suoni. Quindi abbiamo fatto incetta di pedali per basso, vecchi walkman e ci siamo messi a costruire grezzi tape loops. E’ stato un approccio molto interessante, perché ci permetteva di capire quali fossero le potenzialità ed ovviamente i limiti di quello che cercavamo di mettere in piedi. In più Tommaso ha un’estrazione musicale quasi classica è questa è stata una novità per me, diciamo che ci siamo influenzati a vicenda.

Davide

Cosa si intende quando si dice che il vostro suono è basato anche su “altra spazzatura”? Oggi è di moda il termine “ecologia musicale”… Che senso vi dài tu?
Luca
Nel nostro caso si tratta proprio di suonare usando della spazzatura. Ci è capitato più di una volta di trovare vicino a dei cassonetti radioline, vecchie segreterie telefoniche, mangiadischi e via dicendo. Noi li prendiamo e li portiamo in sala prove, se funzionano tutto di guadagnato, se sono rotti li usiamo come sorgenti per fare feedback o solo rumore.

Davide

Tra le vostre referenze ho letto che vi è il dadaismo, quindi un primo storico rifiuto dei cosiddetti standard artistici o del concetto stesso di arte, il rifiuto della ragione e della logica, l’enfasi della stravaganza, la derisione e l’umorismo. Tutto bene. Ma ormai sono passati ottant’anni, si è rifiutato e destrutturato di tutto e di più sotto varie forme, e perfino il rifiuto è diventato a sua volta uno standard. Come non incorrere in questa contraddizione?

Luca

Il termine dadaismo è chiaramente usato in maniera ironica anche perché, come dici tu, il rischio contraddizione è elevato. Diciamo che prendiamo dal dadaismo la parte più cazzona, quella della derisione e del non prendersi sul serio, un rifiuto all’Accademia. Avrei potuto definire gli Harshcore situazionisti, ma sarebbe stato un termine assolutamente senza significato.

Davide

Per concludere non mi resta che la solita necessaria domanda. Che state facendo, cosa verrà domani?

Luca

Questo fortunatamente è un periodo piuttosto creativo. Parlando del mio progetto a nome Luca Sigurtà è in prossima uscita il cd che ho realizzato con Fhievel (stranamente il primo dopo già molti anni di collaborazione) per l’etichetta portoghese Creative Sources; poi uscirà anche il seguito di “Pocket Progressive” in trio con Claudio Rocchetti e lo stesso Fhievel (sarà uno split insieme al francese Jean-Luc Guionnet) ed infine sto preparando un disco in solo dopo “La vera macchina d’argento” (anche se credo che ci vorrà ancora del tempo prima che sia pronto). Per quanto riguarda gli Harshcore sono previsti gli split insieme a Der Einzige (progetto dell’amico Hue per la sua Moriremo Tutti Records),  con l’inglese Family Battle Snake (per la Palustre, etichetta italiana molto interessante); sono in preparazione lo split con i leggendari To Live and Shave in LA ed un disco realizzato insieme agli UR, frutto di un pomeriggio di improvvisazione nella loro sala prove genovese. Ed infine un progetto ancora top secret con Paolo Ippoliti dei Logoplasm…

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