KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Annunciazione in metropolitana – Chiara Cretella

2 min read

 

 

In Omero Circe dice ad Odisseo che il suo ritorno in patria non potrà avverarsi fino a che egli non sarà disceso agli inferi per consultare il veggente: Tiresia, l’androgino che nel sottosuolo della memoria rappresenta la pienezza della conoscenza emozionale. Ecco allora che: «Io vedo attraverso. Comprendo. Abbraccio con pietà materna l’urlo del bambino lasciato solo nel buio.» – dice l’androgino che è in Alfredo, protagonista transessuale, artista, e “dandy” – come lo definisce Valerio Evangelisti nel quarto di copertina – di Annunciazione in metropolitana. E come per Swinburne, letterato romantico-decadente di fine ‘800, ecco che il personaggio diviene il maschio-nutrice: egli rivela i poteri materni della Grande madre nel momento in cui questa se ne priva. Ma il suo poppante è un vampiro, che succhia sangue invece di latte. Le mammelle del maschio sono aride per sempre, come per una maledizione archetipa. L’uomo non è musa. Può solo essere apollineo in forza del suo contrapporsi alla natura e del suo spiccato cerebralismo, tipico dell’occidente e allora: «Le vostre labbra non hanno l’impudicizia di un fiore carnivoro? Oh, vi prego di scusare la mia insolenza…». È il rivelarsi di una forza ctonia crudele, violenta e violante che si sparge tra le righe di questo romanzo seguendo i sentieri dei cimiteri di Milano. E questa è un’ambientazione letteraria che risale a un progetto ravvisabile all’interno di un neo-romanticismo nero, che carica l’esperienza dei personaggi di ombre goticheggianti in una storia avvincente che è la storia di un incontro tra una giovane (figlia di un politico della DC) e Alfredo, pittore e artista contemporaneo di cui sono descritte le opere nei capitoli intitolati Video e che ricordano le proiezioni della Raffaello Sanzio Societas: classicità e contemporaneità contaminano un uomo che ha perso il suo contatto con la natura e si ritrova perseguito dal fantasma tecno-teratologico dell’esperienza contemporanea. E allora le parole si compongono in una danza macabra in cui: «la polvere è il tempo»; una polvere che ricopre questo momento storico, che dopo il ‘68 non-vede, non-sente: è un periodo amorfo e allora Alfredo si chiede: «E se il destino rivoluzionario fosse quello di lasciar fare al capitalismo che è la potenza più rivoluzionaria apparsa nella storia dell’uomo?». Insomma, un libro di spessore letterario e critico dai vari livelli di lettura.

Commenta