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I segreti erotici dei grandi chef – Irvine Welsh

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Irvine Welsh ha questo dono, di saper ricreare la vita attraverso le parole. Lui se ne sta lontano dalla concettualizzazione o dall’idealismo, non appesantisce la scrittura, non ricorre al minimalismo, non si perde dietro a costruzioni teoriche. Lui prende la vita e non so attraverso quale magia te la sbatte sul foglio. Un flusso, un fiume di eventi e sensazioni e drammi e spinte interiori. E mentre leggi tu sei rapito da questo flusso, le pagine si trasformano in vita e ti ritrovi a camminare lungo il Walk di Leith. Edimburgo si materializza ad una passo da te, magari fuori dalla porta di casa tua. I personaggi di Irvine sono persone comuni, forse un po’ lontane dai nostri standard piccolo borghesi, ma sempre esseri umani e mai dei semplici personaggi.

Il nuovo libro di Irvine è ambientato nella sua città natale, Edimburgo. L’atmosfera è quella delle città del nord, cielo plumbeo, freddo, l’oscurità che arriva presto, il pub come punto di ritrovo. Ecco, la vita del pub è qualcosa che noi forse non capiamo troppo bene. E’ un punto di aggregazione centrale nelle società anglosassoni. Però al pub non è che ci si va solo a chiacchierare, la cosa più importante è bere.

E bere

E bere.

Cioè l’alcol in queste società ha una funzione basilare nei rapporti umani. Si leggano anche i libri di John King per capirle. L’alcol nel rapporto uomo-donna è l’elemento che disinibisce e può farti rimediare da scopare. Nel rapporto solo maschile è invece l’elemento unificatore, ma anche quello che sancisce le gerarchie, chi è in grado di bere di più, chi regge meglio, chi si scola più pinte nell’arco di una nottata. Ma è anche la pozione che dà coraggio e non fa sentire il dolore e quindi spedizioni di notte per fare a cazzotti con chi capita o il caricarsi prima di andare allo stadio che ogni volta è tutto tranne che un evento sportivo.

Ecco, Irvine ci dice questo (dopo averci fatto passare attraverso l’eroina in Trainspotting) l’alcol è una brutta bestia, è un demone cattivo e subdolo, è un’ossessione dalla quale è difficile allontanarsi.

Ma a questa consapevolezza ci arriveremo solo verso la fine del libro. Avremo pagine e pagine per entrarci in contatto, per entrare dentro la mente di chi con l’alcol c’ha stretto legami indissolubili.

Pinte su pinte.

Doppi whisky.

Botte di coca per riprendersi.

I personaggi principali del libro sono due, Danny Skinner e Brian Kibby. L’uno l’opposto dell’altro. I due si conosceranno sul posto di lavoro, il servizio d’igiene del comune di Edimburgo. Quasi cento pagine per entrare nelle loro vite, nei loro pensieri, nei desideri più nascosti, in quello che li fa soffrire, nelle loro aspettative,

Danny è un ragazzo sveglio, perspicace, ci sa fare con le donne, rapporto stretto con la bottiglia, amicizia saltuaria con la coca, le notti le finisce sempre in uno stato di incoscienza. Sul lavoro però ci arriva sempre e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Il suo dramma personale è quello di non sapere chi sia il padre.

Brian invece ha ventuno anni, è ancora vergine, imbranato e noioso, fissato con i giochi per il computer e il suo plastico ferroviario.

La vita incomincerà a intrecciare le loro storie e le loro anime. Quello che nascerà sarà odio. Un odio forte, prepotente, oscuro e apparentemente senza senso. Un odio che sopprime il pensiero razionale di Danny fino a portarlo ad una sorprendente decisione.

Dopo duecento pagine succede qualcosa che non ti saresti mai aspettato. Irvine ti stupisce, alla grande. Capisci il suo trucco e fino alla fine corri come un treno per sapere come andrà a finire la storia, quali saranno le conseguenze di questo macabro e demoniaco scherzo.

Lo stile di Welsh in questo libro si fa più pacato e per la prima volta lo scrittore scozzese getta via la maschera dei suoi personaggi per diventare un narratore a tutto tondo. Gran parte del libro quindi è scritto in terza persona e solo in alcuni momenti entriamo nel punto di vista dei vari personaggi. Naturalmente senza mai essere avvisati, visto che Irvine di fondo rimane un iconoclasta, cioè uno che si è inventato un suo modo di scrivere e se ne frega altamente di regole stilistiche, narrative e grammaticali. Perché chi conosce bene questo scrittore sa che il suo uso del linguaggio è quanto di più anarchico e innovativo esista. Irvine ha creato un mondo linguistico che prende vita proprio da chi il linguaggio lo usa nei suoi termini minimi, inondandolo di parolacce ed errori, riempiendolo di parole che rasentano la volgarità più assoluta.

Ma come dicevo ne I segreti erotici dei grandi chef Irvine si allontana un po’ da tutto questo, scegliendo uno stile descrittivo più sobrio ma non per questo meno incisivo.

Io ci rimango a leggere le storie di Irvine, ci rimango incollato alle pagine, mi ci butto dentro a capofitto in un vortice di sensazioni e botte allo stomaco che mi lascia stordito.

Come dicevo, la vita.

Come dicevo cose che noi tutti proviamo.

Cose che conosciamo bene perché sono parte di quello di cui siamo fatti.

Tra Danny e Brian si verrà a creare un legame impossibile da sciogliere. In una danza macabra di autodistruzione e tentativi di salvezza, in un percorso che spinge verso una più profonda consapevolezza di se stessi, nella ricerca delle proprie origini (sconosciute o viste attraverso un filtro che ne deformava la realtà) i due arriveranno ad uno scontro diretto che forse non lascerà né vincitori, né vinti.

Welsh affonda la sua scrittura in alcune delle ossessioni del nostro mondo. Il cibo, l’alcol, il sesso, il rapporto con i propri padri, la necessità di sapere qualcosa di più su se stessi. Welsh un’ennesima volta ci fa precipitare nella latrina dell’animo umano. Quel luogo dove si trovano gli impulsi più bestiali di noi stessi, dove l’odio e l’amarezza serpeggiano, quel luogo dove un animale oscuro e violento ci domina attraverso il suo irrazionale potere. Ma avere coscienza di tutto questo è una delle poche possibilità di liberazione che abbiamo. Coscienza del proprio abisso, della propria infinita miseria. Ecco, scavando in questa direzione Irvine ci mostra ancora una volta quanto la vita poi tenti di risollevarsi, di come scalci per avere ancora emozioni da provare, che siano le forze dirompenti del sesso o quelle più pure dell’amore, che sia la voglia di non arrendersi o il desiderio di andare avanti, la vita è sempre lì che ci spinge in superficie, aiutandoci a non affogare.

Questa è la magia.

Essere coscienti della vita in tutte le sue manifestazioni.

Attraversare il dolore e l’angoscia e continuare a sorridere.

Continuare ad amare e sprofondare nella cattiveria più assoluta.

Senza argini, un vortice continuo.

Tutto il caos di cui siamo fatti.

Questa è la magia.

Prendere la vita e trasformarla in parole.

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