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Deposito legale: il regolamento

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C’è il boom della comunicazione:

tutti a comunicare che stanno comunicando

Altan

 

Ci sono voluti circa due anni, ma “finalmente” è stato pubblicato il Regolamento che attua la legge n.106 del 15 aprile 2004[2]. Di che si tratta?

L’articolo 1 della norma citata stabilisce: “(Oggetto) 1. Al fine di conservare la memoria della cultura e della vita sociale italiana sono oggetto di deposito obbligatorio, di seguito denominato “deposito legale”, i documenti destinati all’uso pubblico e fruibili mediante la lettura, l’ascolto e la visione, qualunque sia il loro processo tecnico di produzione, di edizione o di diffusione…”.

Il legislatore del 2004 ha inteso così “aggiornare” la vecchia legge 374 del 1939 sul deposito “obbligatorio” degli stampati, legge con chiara finalità di controllo (e certo di censura), esercitati sulla produzione stampa nazionale dal regime fascista dell’epoca[3]. Oggi tale proposito risulta storicamente superato e del tutto inadeguato rispetto agli obiettivi che in tutti i Paesi del mondo (e in quelli dell’Unione Europea in particolare), si prefiggono le leggi sul “deposito legale”[4]: costituire raccolte della produzione editoriale, garantire la documentazione su tali raccolte mediante l’organizzazione di servizi bibliografici a livello nazionale e regionale, che permettano l’informazione e l’accesso ai documenti.

In pratica, la legge vuole costituire un archivio di tutti i documenti pubblicati nel nostro Paese[5], a patto che, ovviamente, questi ultimi non siano diffusi esclusivamente in ambito privato, ma abbiano una modalità di offerta e diffusione rivolta al pubblico in generale[6] (art.1, comma 2 e 3, L.106/2004).

L’approvazione della legge allarmò, due anni fa, solo gli addetti ai lavori[7], probabilmente perché la stessa attendeva, per la sua concreta applicazione, l’ulteriore emanazione di un Regolamento ministeriale[8], che molti speravano potesse limitare, o addirittura disattivare di fatto, i pesanti obblighi burocratici e materiali, previsti[9].

Come accennato, tale Regolamento è stato emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 2006, n.252[10], ed individua:

  •  i soggetti obbligati al deposito e modalità di consegna;
  • le regole di raccolta e conservazione dei documenti cui gli istituti devono attenersi;
  • l’elenco dei documento non soggetti al deposito legale e di quelli soggetti ad esonero parziale;
  • gli strumenti di controllo e le sanzioni amministrative previste.

Si può, quindi, affermare che il Regolamento cerca di disegnare il “Deposito Legale” come un servizio, che garantisce nel lungo periodo l’accesso alla produzione editoriale di un determinato paese. Servizio che le biblioteche nazionali esercitano da molto tempo e che fa parte integrante della loro missione.

I documenti sono depositati entro sessanta giorni dalla prima distribuzione al pubblico (art.1 Regolamento), gli stampati e i documenti a questi assimilabili sono inviati agli istituti depositari a cura dell’editore, o comunque del responsabile della pubblicazione, ovvero dal tipografo, qualora manchi l’editore. Una copia[11] è consegnata alla Biblioteca nazionale centrale di Roma e una copia alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze (per l’Archivio nazionale della produzione editoriale). Due ulteriori copie sono consegnate agli istituti che saranno individuati dalla Conferenza Stato/Regioni, ai sensi dell’articolo 4 del Regolamento (per costituire gli Archivi delle produzioni editoriali regionali, dunque è necessario un ulteriore provvedimento che individui queste Biblioteche “locali”[12]).

Per concludere, soffermiamoci su due categorie di documenti soggetti a “Deposito Legale” di particolare attuale interesse: i documenti diffusi su supporto informatico e documenti diffusi tramite rete informatica[13].

I primi sono in tutto e per tutto equiparati ai documenti cartacei; infatti sono consegnati, a cura dei soggetti obbligati, in due copie, di cui una alla Biblioteca di Roma ed un’altra alla Biblioteca di Firenze[14]. Gli altri istituti, ai quali si debbono consegnare i documenti, sono: la Discoteca di Stato e il Museo dell’Audiovisivo, a seconda del genere di opera in esso contenuta, musicale o audiovisiva.

Gli articoli 37 e 38 del capo VII, del DPR 252/2006, precisano che le modalità di deposito dei documenti diffusi tramite rete informatica saranno definite da un ulteriore Regolamento (su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie), e che tutti quei documenti depositati e raccolti, prima accessibili liberamente in rete, possono essere resi accessibili per via telematica nel rispetto delle norme sul diritto d’autore e sui diritti connessi. Per tutti i documenti in origine accessibili in rete a determinate condizioni (ad esempio contratti attributivi di diritto d’accesso, licenze, ecc.), invece, il Regolamento stabilisce che “possono essere resi disponibili esclusivamente a utenti registrati che accedono da postazioni situate all’interno degli istituti depositari, nel rispetto delle norme sul diritto d’autore e sui diritti connessi“.

Il 2 comma dell’art.37 stabilisce in particolare: “Il Ministero promuove forme volontarie di sperimentazione del deposito, di cui al comma 1, sentita la Commissione per il deposito legale di cui all’articolo 42[15], mediante la stipulazione di appositi accordi con i soggetti obbligati al deposito. Gli accordi definiscono le modalità tecniche del deposito prevedendo, ove possibile, anche forme automatiche di raccolta, secondo le migliori pratiche e conoscenze internazionali del settore.”

Auspichiamo così che, per il successivo “emanando” Regolamento di cui ho accennato poc’anzi, si accolga il suggerimento delle Biblioteche nazionali che indicano nell’harvesting – ossia nella raccolta delle pagine web effettuata tramite un software (crawler) – la modalità più efficiente e sostenibile di deposito[16].

Infine, l’articolo 7 della Legge 106/2004, istituisce una sanzione amministrativa pecuniaria pari al valore commerciale del documento, aumentato da tre a quindici volte, fino ad un massimo di 1.500 euro, per ogni documento non depositato[17].

Il Regolamento resta purtroppo vincolato alla paradossale affermazione dell’art.1 comma 2 della Legge 106/2004: dalla sua applicazione “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Invece tutte le procedure di gestione del deposito, dalla raccolta e conservazione di un’accresciuta molteplicità di documenti, al controllo dell’adempimento degli obblighi e alla contestazione delle inadempienze, richiederanno risorse finanziarie ed umane adeguate.

La nuova legge mostra molti aspetti ancora insufficienti[18]. Avremmo preferito un approccio più “biblioteconomico” al tema del deposito obbligatorio delle pubblicazioni, che avesse escluso l’idea di conservare “tutto”, come prevede oggi la legge, a favore di una rigorosa selezione delle fonti e di una distribuzione di compiti tra le diverse istituzioni, per realizzare un coordinamento più generale in grado di garantire la disponibilità e la conservazione del patrimonio documentario (anche digitale), nazionale.

Ma per questo sarà, forse, necessario attendere… un altro Regolamento…

 

L’approvazione degli altri è uno stimolante,

del quale talvolta è bene diffidare

Paul Cezanne



[1] L’immagine è tratta dal sito del Ministero per i beni e le attività culturali: www.beniculturali.it.

[2]“Norme relative al deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2004, n. 98, entrata in vigore il 12 maggio 2004.

[3] Legge 2 febbraio 1939, n. 374, recante «Norme per la consegna obbligatoria di esemplari degli stampati e delle pubblicazioni», di cui resta in vigore, oggi, l’obbligo per ogni “stampatore” di depositare quattro esemplari alla prefettura, la quale ne trattiene uno (articolo 10): « (…) per l’adempimento delle funzioni di sua competenza e trasmette gli altri tre rispettivamente, uno alla Presidenza del Consiglio dei ministri (Ufficio stampa), uno alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze ed uno alla Biblioteca nazionale centrale “Vittorio Emanuele II” di Roma ». Un altro esemplare deve essere consegnato alla locale procura “del Regno” (attualmente della Repubblica).

[4] Ora non v’e` chi non veda una forte stonatura per quelle copie consegnate alla prefettura, alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alla procura, le quali finiscono sine cura in depositi, non lette, non utilizzate. Spesso dunque finiscono per creare “carta” e non “cultura”.

[5] A costituire l’archivio nazionale e regionale della produzione editoriale italiana è stabilito che siano: libri, opuscoli, pubblicazioni periodiche, carte geografiche e topografiche, atlanti, grafica d’arte, video d’artista, manifesti, musica a stampa, microforme (documenti che contengono microimmagini di dati e di documenti su supporto fotochimico, quale la pellicola, solitamente in forma di microfiches o microfilm), documenti fotografici, documenti sonori e video, film iscritti nel pubblico registro della cinematografia tenuto dalla SIAE, soggetti, trattamenti e sceneggiature di film italiani ammessi ai contributi pubblici, documenti diffusi su supporto informatico e documenti diffusi tramite rete informatica. (Art.4, Legge 106/2004)

[6] Cfr. “Il deposito legale e la comunità virtuale” di V. Frediani, “Punto Informatico” Anno IX n. 2072-lunedì 17 maggio 2004, http://punto-informatico.it/

[7] Cfr. “Deposito legale”: legge assurda o male interpretata?” di Manlio Cammarata, Attualità dell’11/11/2004, su www.interlex.it

[8] “In particolare, l’art. 8 (L. 106/2004), prevede che vecchie norme siano abrogate con l’entrata in vigore del regolamento: niente regolamento, niente abrogazione. Le disposizioni del secolo scorso restano in vigore, inapplicabili e inapplicate.” Cfr. Cammarata in op.cit. supra. “La situazione regolata dalla legge del 1939 è sempre più ingovernabile e genera continui disservizi nello svolgimento dei compiti istituzionali delle biblioteche depositarie, sia perchè nell’ambito della legge non ricadono tutti i prodotti editoriali in rapida evoluzione dopo la diffusione degli strumenti informatici, sia perche´ il meccanismo anacronistico della consegna è causa di lentezze e lacune. Si determinano spesso infatti gravi ritardi nell’arrivo delle opere nelle biblioteche (anche superiori a 12 mesi) e mancanze di piu` del 20 per cento ogni anno nella consegna. Tutto ciò va a danno della conservazione dei prodotti editoriali italiani in tutte le loro forme e produce rilevanti disagi nella disponibilità per il pubblico delle opere e nella diffusione tempestiva dell’informazione mediante i servizi bibliografici nazionali. (dalla relazione di accompagnamento ad una delle varie proposte di legge, poi riunite in un solo progetto, che hanno portato alla legge 106/2004).

[9] “Si noti che la legge prevede che da tutta la “ciclopica operazione” non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”(art.1, 2°comma L.106/2004). Cioè, o gli archivi (hardware, software, personale, edifici, locali…) vengono messi in piedi gratis, o si impongono pesanti balzelli ai depositanti per finanziare il sistema. Con le conseguenze che è facile immaginare”. Queste le previsioni di Cammarata nel 2004 in op.cit., e a dire la verità

[10] Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 191 del 18 Agosto 2006, in vigore dal 2 settembre 2006. Si sottolinea che il termine originale per l’emanazione dell’atto (sei mesi dall’entrata in vigore della Legge, 12/05/2004) è ampiamente scaduto. Il Decreto è stato firmato dal Presidente Ciampi e dal Capo del Governo Berlusconi, Ministro Buttiglione, nel maggio 2006, ma nelle more della pubblicazione è cambiato il Capo dello Stato e il Governo, tanto che la controfirma del Guardasigilli è stata posta da Mastella, Ministro del Governo Prodi …

[11]La riduzione degli esemplari da consegnare da parte degli editori, tipografi, produttori, distributori vuole essere indicativa della finalità primaria per la quale le opere sono depositate, quella cioè della produzione dei servizi sopra enunciati e non del mero accrescimento delle raccolte nelle biblioteche o negli istituti destinatari al deposito.

[12] In attesa dell’elenco che verrà redatto dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni, dall’ANCI e dall’UPI entro 9 mesi dall’entrata in vigore delRegolamento, e che sarà reso pubblico mediante decreto ministeriale, il Ministero per i Beni e le Attività culturali fornisce quello, attualmente valido, riferito ai precedenti decreti ministeriali, così come previsto dal Regolamento stesso all’art. 4, c. 6. (www.beniculturali.it, link alle Biblioteche Pubbliche Statali).

[13]La “Carta sulla conservazione dell’eredità culturale digitale”, recentemente adottata dalla Conferenza Generale dell’UNESCO, ha posto i documenti in formato digitale sullo stesso piano di quelli in formati o su supporti tradizionali, affermando l’esigenza di conservarli al fine di mantenerli accessibili nel tempo. Ha inoltre individuato, fra gli strumenti chiave necessari allo scopo, il deposito legale o volontario dei documenti digitali in istituzioni pubbliche, come le biblioteche. Cfr. sito www.abi.it, Gruppo di studio sulle biblioteche digitali

[14] “I soggetti obbligati al deposito consegnano agli Istituti depositari i documenti, racchiusi in un apposito plico, direttamente o attraverso posta o con qualsiasi altro mezzo, anche avvalendosi di eventuali convenzioni all’uopo predisposte dal Ministero con Poste italiane S.p.a.” Art.7 comma 1, Regolamento, “Modalità di consegna”.

[15] E’ istituita, presso il Ministero, un’apposita Commissione, denominata: «Commissione per il deposito legale», con compiti consultivi, di controllo e monitoraggio dell’attuazione della legge e del regolamento, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, lettera d), della legge 106/2004.

[16] In pratica chi pubblica siti web liberamente accessibili in rete non deve “depositare” assolutamente niente: sarà il crawler gestito dall’istituzione depositaria che provvederà a “raccogliere” il sito web. L’esperienza di motori di ricerca – come Google – sta a dimostrare che l’harvesting dello spazio web è un’impresa tecnologicamente sostenibile.

Ma le biblioteche nazionali guardano soprattutto a esperienze come “Internet Archive” che usa la tecnologia dell’harvesting per archiviare dal 1996 lo spazio web “conosciuto”. L’harvesting viene infatti impiegato per campionamenti periodici (snapshot) dei siti web visitati: a oggi “Internet Archive” ha ritimi di crescita di 20 terabyte al mese.

[17] La sanzione ha come oggetto solo la mancata consegna di documenti con “valore commerciale”, per cui:” Art. 40. Determinazione del valore commerciale dei documenti diffusi tramite rete informatica

1. Ai fini dell’irrogazione della sanzione amministrativa di cui all’articolo 7 della legge, nel caso in cui il valore commerciale dei documenti diffusi tramite rete informatica non sia dichiarato, la sua determinazione è stabilita, a cura della Direzione generale per i beni librari, sentita la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, sulla base del valore commerciale di prodotti similari o dei costi di produzione stimati.” Ci si chiede se la norma sia sufficiente a escludere il sito casalingo, o documento elettronico similare, da qualsiasi valore commerciale, ammettendolo di fatto tra “i casi di esonero totale o parziale dal deposito”, pure previsti dalla legge e dal Regolamento.

[18] Cfr. “La nuova legge sul deposito legale: un dibattito tra i bibliotecari italiani” di Vittorio Ponzani, sito AIB-Associazione Italiana Biblioteche, notizie 06/2004. www.aib.it

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