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Intervista con Anno Mundi

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Il 15 dicembre 2018 è uscito l’album “Rock in a Danger Zone”, degli ANNO MUNDI, hard rock band di Roma, forte di un organico completamente rinnovato che vede sempre più saldo il sodalizio tra i due fondatori e il prezioso ingresso di membri dei progsters INGRANAGGI DELLA VALLE e degli epici MARTIRIA.
L’album viene pubblicato soltanto in vinile in tiratura di 300 copie numerate. Le prime 100 copie sono state stampate in una limited edition comprendente calendario degli Anno Mundi, una foto  autografata dai membri della band, un dipinto per ogni disco, realizzato a mano, in acquerello.
L’album – registrato e prodotto a Roma presso i “3 Fates Recording Studios” di proprietà degli EZRA WINSTON con appendici successive registrate presso i MIA Studios e la Bottega del Suono, presenta uno spettro di sonorità da sempre consono alla band: dalle canoniche influenze sabbathiane di “Searching the Faith” ai barlumi di epic metal di “Megas Alexandros”, passando per l’hard rock di stampo classico di “Pending Trial”, le influenze hard southern di “Blackfoot”, le sperimentazioni cosmiche di “Dark Matter: Nibiru’s Orbit”, la fugace incursione prog di “Tribute to Erich Zann”.
Il disco contiene anche una cover dei Kiss e un medley registrato dal vivo al festival RoMetal del settembre 2014.
L’attuale formazione include il tastierista Mattia Liberati e il bassista Flavio Gonnellini (entrambi membri fondatori dei progsters INGRANAGGI DELLA VALLE) e il cantante Federico “Freddy Rising” Giuntoli, attivo fin dalla fine degli anni ’70 nella scena capitolina (in passato, tra gli altri, con i MARTIRIA).
Completano l’organico i due fondatori della band, Alessio Secondini Morelli (chitarre) e Gianluca Livi (batteria).
Due le special guest: il bassista Emiliano Laglia e il chitarrista Massimiliano Fabrizi.
 
Intervista
 
 
Davide: Cominciamo dalla vostra storia. Quando e come nascono gli “Anno Mundi”…
Gianluca Livi: Ok. Permettimi di sintetizzare al massimo informazioni che sono largamente presenti in rete. Gli Anno Mundi nascono nel 2009 per volontà dei due fondatori, Gianluca Livi e Alessio Secondini Morelli, da allora sempre presenti in organico. La band raggiunge una stabilità organica soltanto dal 2014, con l’ingresso del vocalist Federico Giuntoli (Martiria), Mattia Liberati e Flavio Gonnellini (entrambi negli Ingranaggi della Valle).
 
Davide: Quali sono state le più importanti tappe?
Gianluca: direi che si identificano con le nostre uscite discografiche. Il nostro primo LP, “Cloister Graveyard in the Snow”, uscito nel 2011, appena due anni dopo la nostra nascita. Nel 2013 ha fatto seguito l’EP “Window in Time”, tratto dalle medesime sessions. Questi due vinili, poi raccolti in un unico cd dalla BTF, furono realizzati in duo, con la presenza di musicisti esterni provenienti da formazioni quali Banco, Ezra Winston, Graal, Rondò Veneziano. Con la stabilità della formazione, nasce il periodo più prolifico della band che, dopo aver partecipato a due compilation, nel 2014 e nel 2015, ha pubblicato, alla fine del 2018, “Rock In A Danger Zone”. È infine previsto un altro album, “Land of Legends”, che uscirà per la genovese Black Widow, verosimilmente entro il 2019.    
 
Davide: Anno Mundi (“nell’anno del mondo”), indica un’era del calendario il cui istante iniziale della storia umana sarebbe quello della creazione del mondo secondo il racconto biblico del libro della Genesi. L’arcivescovo James Ussher è famoso per aver calcolato “scientificamente” in base alla Bibbia la data della creazione del mondo: il 4004 avanti Cristo.  Cos’è per voi l’Anno Mundi col quale vi siete nominati?
Gianluca: per me è semplicemente un omaggio ai Black Sabbath, rimanendo fedeli alla nostra città. Avevo proposto, come nome per la band, “Caput Mundi”. L’adozione di “Anno Mundi”, modifica proposta quasi per scherzo, è stata del tutto spontanea. Per Alessio, invece, si tratta anche di un omaggio alla creazione del mondo…
Alessio: varie sono le ragioni che sono confluite nella scelta del moniker. Innanzitutto, essendo io un patito del genere fantascientifico relativo ai viaggi nel tempo (Doctor Who in primis), mi è sembrato quasi naturale adottare questo nome per la band, proprio per quanto è affascinante trovare un’età “assoluta” per il nostro pianeta. Poi, il fatto che fosse in latino ci rappresenta particolarmente, in quanto si tratta pur sempre della lingua ufficiale della Roma Imperiale.
 
Davide: Come sono nate le canzoni di “Rock in a Danger Zone”, seguendo quali principali temi o suggestioni?
Alessio: Per far scoppiare la scintilla compositiva è sufficiente farsi prendere dai riffs in composizione. È un elemento che spesso e volentieri funziona. E che riusciamo ormai a tradurre con disinvoltura nel classico trademark Anno Mundi (le chitarre pesanti, gli influssi Prog…). Quando componiamo un brano non c’è un metodo fisso, dipende sempre dalle circostanze con cui certe suggestioni si manifestano. Spesso ci lasciamo ispirare dai riffs dei brani in composizione.
Federico: io mi ispiro molto a libri, a fatti di cronaca, all’attualità, a temi storici.
 
Davide: Cos’è la “zona pericolosa” in cui avete situato il vostro rock?
Gianluca: si tratta semplicemente di un gioco di parole: “Rock” è la roccia che vedete in copertina, troppo vicina al pericoloso wormhole che si intravede sullo sfondo. Ovviamente, è anche il genere musicale di cui è intriso l’album, che stavolta subisce anche altre influenze musicali, come il southern di “Blackfoot”, le connessioni prog di “Tribute to Erich Zann” e “Pending Trial”, le incursioni cosmiche di “Dark Matter (Nibiru’s Orbit)”. Sono generi musicali tangenti allo stile musicale della band, che negli esordi si rifaceva ad uno stile prettamente Sabbathiano, ed è quella la zona pericolosa in cui entrano i gruppi che decidono di cambiare, pur leggermente, il loro stile originario.
 
Davide: Di cosa trattano i testi?
Federico: nello specifico, Pending Trial parla della gogna mediatica, dello sbattere il mostro in prima pagina a priori, senza verificarne la colpevolezza, il che è una cosa tipica del nostro tempo. Megas Alexandros trae ispirazione dal libro di Valerio Massimo Manfredi, sulla ricerca dell’introvabile tomba di Alessandro Magno. Più in generale questo brano parla di un personaggio storico che da moltissimo tempo affascina il mondo dell’Hard & Heavy, e verso cui si sprecano gli omaggi tributati da varie Epic Metal bands.
Gianluca: “Searching The Faith” parla della ricerca della fede con esiti piuttosto incerti. Talché il protagonista cerca Dio ovunque senza trovarlo.
 
Davide: Analizziamo alcuni dei vostri brani: “Blackfoot”, per esempio, è una canzone che omaggia appunto l’omonima band americana anni ’70 dei “Blackfoot”, proveniente dalla Florida e – nella formazione iniziale – composta, tre su quattro membri, da musicisti con sangue indiano nelle vene. Suppongo sia anche un omaggio alla scena southern rock più in generale… Cosa vi lega in particolare a una scena musicale, il “Suono del Sud”, così particolarmente connotata geograficamente e storicamente?
Gianluca: assolutamente nulla. Sono un amante del southern rock, specie a vocazione dura, quindi stravedo per band come i Blackfoot, i Molly Hatchet, gli Outlaws, i Lynyrd Skynyrd. I primi hanno inventato un genere nel genere perché hanno intriso così marcatamente di hard rock il tipico southern sound delle origini, a tal punto da arrivare, negli anni ’80, ad esibirsi nei festival metal europei, come il Reading. Il loro “Highway Song Live” rientra, a mio modesto avviso, tra i 10 migliori album dal vivo di sempre. Il loro batterista, Jakson Spires, una vera macchina da guerra, è riuscito in questo album a ripetere tutti i fill ritmici degli arrangiamenti originari, spingendo così forte sull’acceleratore da far venire il dubbio che la velocità del piatto sia impostata sulla modalità 45 e non 33 giri. È questo il motivo per cui un brano meravigliosamente trascinante come “Train Train” suona come se “Highway Star” fosse stata reinventata da gente che indossa stivali texani e cappello da cowboy. Sentivo proprio il desiderio di omaggiarli: musicalmente, mi sono ispirato proprio a “Train Train”, la cui struttura e alcune linee vocali sono effettivamente richiamate. Per i testi, ho attinto da un’intervista che io stesso ho realizzato a Rickey Medlocke, uno dei fondatori (si trova qui: http://www.artistsandbands.org/ver2/interviste/7226-rickey-medlocke-blackfoot-lynyrd-skynyrd-e-tim-rossi-blackfoot). 
 
Davide: E cosa vi lega in particolare ai Black Sabbath?
Alessio: tutta la vita, probabilmente. Ne sono un fanatico da quando avevo 14 anni. Porto come una medaglia in petto il mio “mancinismo” chitarristico, che ho in comune con Tony Iommi. Credo che molte persone finora si siano accorte di quanto io sia stato influenzato dai suoi riffs-capolavoro. È qualcosa di naturale. Suonavo appresso ai dischi dei Black Sabbath in adolescenza. Parzialmente, ho imparato a suonare la chitarra così. Ma di certo non è assolutamente mia intenzione diventare un suo clone. Mi sento semplicemente “influenzato” dal grande Riff Master. Con quest’album stiamo differenziando le nostre influenze stilistiche anche perché non vogliamo apparire troppo “Doom”.
 
Davide: Mezzo secolo dopo, perché attingere ancora agli anni ’70?
Gianluca: come fai a non farlo? Puoi forse tu vedere senza occhi o camminare senza gambe? Diciamo che, senza i Beatles, gli anni ’70 non sarebbero esistiti e, analogamente, tutto quello che è succeduto dagli anni ’90 in poi non sarebbe mai nato senza gli anni ’70.
Alessio: ogni decennio ha le sue cose belle a livello musicale. I ‘70s hanno le loro suggestioni magiche, sottilmente esoteriche… che si sono perpetuate nella musica. Abbiamo concepito l’immaginario degli Anno Mundi come fortemente ispirato all’Hard settantiano proprio perché desideriamo che certe atmosfere sonore non vengano dimenticate nel tempo. Ci poniamo difronte alla memoria di questo decennio con tutta l’umiltà di veraci appassionati. Gli Anno Mundi sono così. Musicalmente e iconograficamente. Non da ultimo per la scelta di proporre la nostra musica il più possibile sul caro vecchio vinile.
Federico: l’arte degli anni 70, che considero patrimonio dell’umanità è un formidabile trampolino di lancio verso il futuro – il che non significa ripetere esperienze pregresse all’infinito ma, come Zappa ci ha insegnato, è un divenire, un progetto aperto a varie esperienze e forme musicali.
 
Davide: Torniamo ai tributi… Perché una cover dei Kiss? E perché avete riarrangiato quell’unico episodio medievaleggiante e orchestrale dell’intero repertorio dei Kiss, spogliandolo proprio di ciò che lo rendeva peculiare e riconsegnandolo agli strumenti e ai modi dell’hard rock, altresì trasformandolo da semplice intermezzo a brano compiuto a potenzialmente a sé stante?
Gianluca: Quando ci fu chiesto di partecipare al cd/libro “Kissed by Kiss”, edito nel 2014 dalla Celtic Moon, abbiamo subito pensato di realizzare un brano dei Kiss in una versione non pedissequa, non ancorata all’originale. Tuttavia, abbiamo avuto serie difficoltà a proporre in stile sabbathiano un qualsiasi brano del gruppo, almeno fino a quando non ho individuato “Fanfare”, unico brano sinfonico della loro discografia. E quindi abbiamo potuto realizzare una cosa simile, nell’incedere, ad “Heaven & Hell”, proponendo un arrangiamento molto originale.
Federico: siccome il pezzo è strumentale, per i testi ho adottato una parte di lirica presente altrove sullo stesso disco (Music From “The Elder”). Si tratta di un verso del brano “Odyssey”.
Alessio: la versione presente nell’album è comunque diversa da quella della compilation perché presenta l’innesto delle tastiere di Mattia, prima assenti. In ogni caso l’arrangiamento finale lo ha lavorato tutto Gianluca. E per far sì che le chitarre apparissero abbastanza “sinfoniche” sono arrivato ad incidere fino a 5 tracce di chitarra totali. Non male come risultato, non è vero?
 
Davide: “Tribute to Erich Zann” è un pezzo ispirato dal racconto di H.P. Lovecraft “La musica di Erich Zann”, il misterioso violista che ogni notte suona, di fronte alla finestra aperta, per tenere lontana una mostruosa oscurità?
Mattia: si tratta di un componimento mio e di Flavio. Un frammento proveniente da alcune sessioni compositive precedenti degli Ingranaggi della Valle. Già nato con il titolo definitivo, però. Tuttavia, con loro quel brano non funzionava ed è stato scartato, mentre mi è parso che la sua suggestione lovecraftiana potesse arricchire la magniloquenza ancestrale già presente nelle sonorità degli Anno Mundi. Il brano è piaciuto a tutti, e così è stato inserito nell’album.
Gianluca: mi è stato chiesto da Mattia di arricchire il brano con loop ed effetti vari, ma non ne ho avuto il coraggio perché era perfetto nella sua forma originaria.
Alessio: sono un appassionato di Lovecraft e sono molto contento della presenza di questo brano sul disco. Seppur breve, la sua atmosfera la crea. Mi ricorda la storia di “Passaggio” dal primo omonimo album del Banco del Mutuo Soccorso. Francesco di Giacomo, buonanima, mi raccontò di persona molti anni fa che quel brano uscì mentre Vittorio Nocenzi improvvisava sul pianoforte (se non erro, al conservatorio di S. Cecilia), fu registrato “en passant” e aggiunto così com’era sull’album. Gli anni ’70 erano così: molte idee musicali erano raccolte al volo e messe su disco.
 
Davide: Cosa vi ha colpito di questo racconto di Lovecraft?
Mattia: riguardo il racconto “La Musica Di Erich Zann”, non è il solo, ma tutta la sua opera che è affascinante. Talché, con gli Ingranaggi della Valle, gli abbiamo dedicato un intero album (il secondo, Nda).
 
Davide: In che modo, secondo voi, la musica (e il rock in particolare) aiuta la vita umana, nel quotidiano o nel profondo?
Alessio: beh, credo che l’ascolto di un disco permetta di bruciare le energie superflue che accumuliamo durante la stressante giornata lavorativa. Ne ascolto molto ancora oggi che ho 44 anni, e mi sento ancora vispo e pimpante. Mi spiace solo che alcune persone si precludano certi ascolti, giudicandoli puro rumore o nel migliore dei casi musica “per ragazzini”. Un’altra cosa che penso è che… la cosiddetta “cultura” del Rock sia l’unica talmente internazionale da unire persone di tutto il mondo.
 
Davide: C’è un vostro brano strumentale, piuttosto breve, intitolato alla Materia Oscura e sottotitolato al pianeta “X” Nibiru, descritto da Zecharia Sitchin sulla base di una sua personale interpretazione delle scritture sumere, e dal quale proverrebbe la civiltà extraterrestre che avrebbe dato origine alla vita sulla terra, all’uomo stesso, attraverso una progredita scienza (e loro interferenza) genetica. In che modo avete “trattato” questa “faccenda”, ovviamente non condivisa dalla scienza ufficiale? Cos’è per voi l’immaginario fantascientifico?
Alessio: l’ipotesi dell’esistenza della Materia Oscura è un argomento che mi affascina moltissimo nel campo scientifico. E non credo di essere il solo. Effettivamente l’idea di una materia (e di un’energia) di cui l’universo è pregno, capace di influenzare la fisica dei corpi celesti senza venire avvertita dai sensi fisici accende l’immaginazione e la fantasia come nulla in precedenza. Volevo anch’io creare un brano che la rappresentasse. Ma tutto è iniziato in modo assolutamente spontaneo. Sono partito da una pulsazione di basso distorto molto reverberata, e poi ci ho messo le mie chitarre. In seguito, mentre ci lavoravo, abbiamo avuto la notizia che il mitico Nibiru era già passato con la sua orbita accanto alla Terra, quindi, aggiungendo dei rumori “spaziali”, il brano si è evoluto nella forma che tu hai ascoltato. Che sta a simboleggiare l’avvenuto transito di Nibiru attorno a noi. Molto mitologico e allo stesso tempo fantascientifico.
 
Davide: Cos’è per voi invece l’immaginario del Far West, che apre l’album (“In the saloon”)?
Gianluca: mah, nulla di particolare, quella introduzione serve semplicemente ad a creare il giusto ambiente “Western” per introdurre il brano in stile southern.
 
Davide: C’è ancora un omaggio evidente, questa volta ad Alessandro Magno. Perché? Cosa lo rende ancora così interessante oggi dopo più di 2.300 anni?
Federico: il sogno di Alessandro Magno che ha tentato di unificare il mondo conosciuto sotto l’influenza della cultura greca ma aperta alla conoscenza mi ha sempre affascinato. Mi stupisce invece che la tomba del più grande condottiero del mondo antico, visitata da molti personaggi illustri, non sia stata scoperta, finita nell’oblio.
Alessio: il riff che ho creato era particolarmente magniloquente, ma attendeva la giusta ispirazione per le tematiche da affrontare. Federico proviene dell’Epic Metal, non di meno l’argomento proposto da lui calzava a pennello con questo riff. Il risultato definitivo è per noi pienamente soddisfacente.
 
Davide: C’è invece qualcosa di contemporaneo, un personaggio, un “eroe” dei nostri giorni, o una storia, un fatto in particolare, che secondo voi potrebbe divenire – o meritare di divenire – oggetto di un poema “epico”?
Gianluca: mi vengono in mente episodi eroici verificatisi nel corso dell’ultima guerra, pur senza che i protagonisti imbracciassero un’arma. Penso a gente come Giorgio Perlasca o Oskar Schindler, ad esempio, eroiche figure senza muscoli, armate solamente di giacca e cravatta. Volendo attingere ad eventi bellici in senso stretto, la Prima Guerra Mondiale offre spunti molto interessanti giacché, per noi italiani, il processo di unificazione della Penisola si è effettivamente completato alla fine di quel conflitto. Penso ad eroi come Ernesto Cabruna, asso dell’aviazione di allora, o al Maggiore degli Alpini Ettore Martini, strenuo difensore di una cengia (che poi prese il suo nome) collocata su un Lagazuoi interamente dominato dagli austriaci. Ma sono soltanto alcuni esempi…
Alessio: più che eroe, il mio ricordo va ad un “uomo per bene”, che è stato anche ispirazione per “Pending Trial”. Enzo Tortora. Lui ha pagato per una giustizia non giusta, e in quel poco che gli restava da vivere, dopo una detenzione che non meritava, ha anche cercato di far sì che ciò che era accaduto a lui non si reiterasse per altre persone.
Federico: Khaled Al Asaad, l’archeologo che ha cercato di salvare Palmira a costo della sua stessa vita. Lui è un eroe moderno per me.
 
Davide: Perché avete deciso di inserire un medley registrato dal vivo cinque anni fa? Volevate dare un’idea di come gli “Anno Mundi” suonino anche dal vivo?
Gianluca: questo medley dal vivo rappresenta per noi l’occasione di proporre i vecchi brani impreziositi dalla presenza di un tastierista, ruolo che in passato era assente nell’organico della band. Mattia ha rinnovato gli arrangiamenti di questi pezzi in maniera superlativa. Ci sono buone energie, in quei 10 minuti dal vivo, e non potevamo ignorarle. Inoltre, volevamo flaggare l’esperienza live su disco, consapevoli, come siamo, che gli Anno Mundi, verosimilmente, mai pubblicheranno un disco interamente live.
 
Davide: Che differenza descrivereste tra il vostro sound (ma anche mood) in studio da quello dal vivo?
Alessio: non differente da ciò che è per moltissime altre bands. In studio puoi lavorare sulle rifiniture di un brano, renderlo il più perfetto possibile in quanto ad arrangiamenti, mixaggio e produzione. A discapito della complessità della produzione in studio, il “Live” viene invece usato per “scatenarsi”. Come una festa collettiva. Uno scambio di good vibrations tra musicista e pubblico, puro e semplice. Quindi bando alle perfezioni, il live è qualcosa di più fisico ed immediato.
 
Davide: come detto poco sopra, è prevista a breve un’altra uscita discografica in cd e lp per la genovese Black Widow Records. Quando uscirà? Qualche anticipazione?
Gianluca: sarà un disco che vedrà esplorati i generi hard rock e prog in maniera del tutto equa. Sarà sicuramente diverso da quello che abbiamo pubblicato fino ad ora. A livello compositivo, Mattia è presente con un contributo formidabile (“Hyperway to knowhere”) e, almeno in un brano composto da altri (“Hyperborea”), i suoi arrangiamenti sono stati determinanti, imponendo una direzione molto prog.
Alessio: una buona parte del disco sarà invece ancora marcatamente, immancabilmente Hard Rock.
 
Davide: Cos’altro seguirà?
Anno Mundi: difficile dirlo. Tutti noi siamo impegnati con altri progetti e alcuni membri stanno ormai percorrendo altre direzioni. Flavio e Federico sono ormai coinvolti altrove, il primo addirittura all’estero.
Al momento, i tre che potrebbero dare continuità alla band sono Gianluca, Alessio e Mattia anche se ciascuno di loro è a sua volta interessato a cose che si collocano al di fuori degli Anno Mundi: i primi due stanno completando i loro dischi solisti, Mattia sta organizzando il terzo album degli Ingranaggi della Valle.
In ogni caso, qualora la Black Widow volesse coinvolgerci in esibizioni dal vivo, per la promozione dell’album, noi ci saremo.
Per il resto, bisogna aggiornarsi a quando verrà pubblicato “Land of Legends”.
 
Davide: Grazie e à suivre…
Anno Mundi: grazie a voi per lo spazio concessoci. Ci vediamo presto.

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