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Intervista con Cranchi

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Solo l’osservatore, travolto anch’esso dalla fiumana, guardandosi attorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall’onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvegnenti, i vincitori d’oggi, affrettati anch’essi, avidi anch’essi d’arrivare, e che saranno sorpassati domani. (Giovanni Verga)
L’Impresa Della Salamandra è il quinto disco di Cranchi, cantautore mantovano con uno stile personale, in cui si fondono canzone d’autore e impegno civile, suggestioni letterarie e storie personali dell’autore.
Una musica che guarda alla tradizione ma allo stesso tempo è contemporanea, in cui convivono chitarre acustiche ed elettriche, arrangiamenti minimali e momenti più ricercati.
Chi conosce Cranchi saprà immediatamente ritrovare i punti comuni con i lavori precedenti, il viaggio, l’amore ma anche le grandi vicende della storia che fanno da sfondo o che diventano protagoniste della narrazione.
Ci sono due città lontane (Ushuaia e Mantova), la prima protettrice ghiacciata di un amore proibito, simbolo di migrazioni e privazioni, l’altra calda amante viziata che poco si concede alle lusinghe di un paesano.
C’è un deserto (Atacama) bagnato dal sangue per la conquista di polvere e sabbia dove alla fine rimarranno solo tombe senza padrone.
Ci sono i fiumi (La Boje, Eridano), meravigliosi esseri inanimati che non stanno mai fermi e sembrano prendere in giro noi piccoli condannati a morte giocando a scorrere in un eterno presente.
Le loro piene dividono gli uomini, le loro secche invocano preghiere.
Ci sono uomini (Aldo) chiusi in un’esistenza che non hanno chiesto, l’amore di un padre troppo importante per la quotidianità.
Ci sono i soldati sull’Ortigara (Ta pum) che hanno voglia di riabbracciare i loro cari e di finire questa maledetta prima guerra mondiale che non promette nulla di buono per il futuro.
E in tutto questo c’è l’impresa della salamandra, “Quod huic deest me torquet” ovvero “ciò che manca a costei tormenta me”, motto di Federico II Gonzaga tra le stanze di Palazzo Te.
L’umanità sembra perdere l’amore ed esserne tormentata continuamente.
Perdete anche voi il vostro treno e mettetevi comodi ad osservarne gli effetti.
 
 
Tracklist: Atacama / Ushuaia / Le boje / Mantova / Eridano / Aldo / Ta pum / A te che aspetti il treno
 
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Intervista 

Davide
Ciao Massimiliano. Al di là di Federico II Gonzaga, Duca di Mantova e Marchese di Monferrato, e il suo amore per Isabella Boschetti, cos’è l’impresa della salamandra di questo tuo quinto disco, quali valori e vicende ti hanno guidato verso queste nuove composizioni, quale amore che brucia ma non consuma? 

Cranchi
Ciao Davide. L’impresa della salamandra è una descrizione icastica della passione che tormenta quello splendido e contraddittorio animale che è l’uomo.
Una creatura nuda, orfana, errante, alla ricerca costante di una dimora sicura e di fratellanza.
Mio fratello è figlio unico, sfruttato, represso, calpestato e odiato e ti amo Mario; come cantava Rino Gaetano.
 
Davide
Cosa lega il deserto di Acatama e la Terra del Fuoco (Ushuaja) a Mantova e al Po (Eridano), specialmente in un disco che sembra soprattutto un omaggio alla tua Mantova?
 
Cranchi
Atacama e Ushuaia sono il viaggio, luoghi affascinanti e inospitali al tempo stesso, fantastici e così crudelmente reali.
Atacama, il deserto più secco del mondo nel nord del Cile, guerre sanguinose per un pugno di sabbia, dove ritrovare il contatto con la terra.
Ushuaia, città argentina, la più a sud del mondo, dove nascondere un amore pericoloso. Anche se Pierette sosteneva che fosse Puerto Williams, in Cile, la città più a sud. Pierette è una simpatica turista francese, instancabile camminatrice, che divertita dalla mia pigrizia mi prendeva in giro quando ci ritrovavamo in ostello alla fine delle lunghe giornate polari.
Le contese tra Cile e Argentina assomigliano molto a quelle tra Francia e Italia…
Il Po e Mantova sono il ritorno a casa e come dici tu ho volute omaggiarli.
Le battaglie e i bagni caldi come direbbe Simone Weil.
 
Davide
Come appassionato della storia apprezzo molto il fatto che tu ne faccia uso, ambientazione e ricordo nei tuoi testi. Le Boje è il nome con cui si ricorda il moto contadino del 1882-85 e che ebbe origine forse nel mantovano o forse nel trevigiano. “La boje, e de boto la va fora”… Cos’è che bolle oggi e sta per traboccare dal tuo punto di vista?
 
Cranchi
Stai attento che quelli di Ceregnano ti linciano. Ho avuto la fortuna di incontrare Silvia Belluco che oltre ad avere una splendida voce e prestarcela per la canzone è una delle pronipoti polesane di quei moti.
Cosa bolle oggi?
Mi sembra anche troppo evidente e forse scontato dirlo, i morti in mare sembra non abbiano insegnato niente, quello che manca sono soluzioni umane. Mimmo Lucano ne aveva trovata una ma evidentemente da fastidio. Forse un giorno impareremo a essere veramente fratelli. Purtroppo, io per primo, fatichiamo a rinunciare ai nostri privilegi.
P.S. Ne approfitto per ringraziare i ragazzi dello spazio sociale “La Boje” di Mantova.
 
Davide
Perché hai ripreso Ta pum, nota canzone della Grande Guerra nata nelle trincee?
 
Cranchi
L’anno scorso ho fatto parte di un bellissimo progetto capitanato da Marco Iacampo: Il Blues delle Alpi. Cori alpini e canti popolari riproposti in chiave moderna. Il nostro blues va ricercato proprio in quelle canzoni, dice Marco, i temi del ritorno a casa, della mamma, dell’amata, negli stenti della trincea ricordano molto i temi del blues americano nato nei campi di cotone. Ho incontrato Ta Pum in questo percorso e mi ci sono affezionato, una canzone che deriva dal lavoro in miniera prima che dalla guerra.
 
Davide
“Aldo” è dedicata ad Aldo Togliatti, l’infelice figlio del Migliore, alla sua vita passata “senza cognome” in ricoveri psichiatrici? Cosa ti ha colpito di questa storia o non-storia?
 
Cranchi
Hai centrato il punto, mi affascinava la non-storia e questo rapporto difficilissimo con un padre troppo ingombrante. Ho incontrato Aldo grazie a Enrico Ruggeri nel suo programma radiofonico “Il falco e il gabbiano” e al libro di Massimo Cirri “Un’altra parte del mondo”.
 
Davide
Presentaci i musicisti che hanno preso parte a questo lavoro…
 
Cranchi
Per primo Marco Degli Esposti che oltre a suonare e ad aver registrato il disco ha una parte consistente nella composizione e negli arrangiamenti. Simone Castaldelli, storico bassista di questo progetto. Luca Zerbinati al pianoforte che ha concretizzato le idee che le mie mani non erano in grado di materializzare (sono un pianista scarsetto). Alessandro Gelli al violino, Fausto Negrelli alla batteria. Questi sono i musicisti che di solito mi accompagnano dal vivo. Nel disco hanno suonato anche Andrea Del Vescovo, tromba; Nicola Govoni, contrabbasso e Silvia Belluco come detto in precedenza, la voce de La Boje.
Ringrazio anche Irene Barichello per aver corretto i testi, Giulio Borghi, lo spirito del Po, per avermi accompagnato nelle lunghe passeggiate sull’argine e raccontato, nelle sfibranti canoate, i segreti del Grande Fiume. Tiziana Liboni per il supporto florovivaistico. Davide Bregola, Veronica Gambetti e i ragazzi del Cinema del Carbone per avermi raccontato la loro Mantova.
Spero di riavere presto al mio fianco Federico Maio, Massimiliano Dosoli, David Merighi e Daniele Merighi.
Scusa se mi sono allargato.
 
Davide
Se dicessi che tu raccogli degnamente (quindi non per imitazione) il testimone di Guccini?
 
Cranchi
Ti risponderei che stai esagerando, Guccini è inarrivabile per i testi e per il calore della sua voce. Quando lo riascolto mi sembra di avere accanto uno zio che mi racconta storie normali in maniera spettacolare e spesso mi scende una lacrima.
A proposito di Guccini vi consiglio di andare a sentire il tributo che fanno i miei amici M Colletti, ne vale la pena.
 
Davide
Ritornando al tema della salamandra, quale fuoco buono per te alimenta la musica, quale fuoco cattivo estingue?
 
Cranchi
È una domanda troppo difficile, io lo faccio con passione e tanto mi basta. Ho paura che a volte (spero pochissime) si costruiscano personaggi più che musicisti.
Ma, citando il Grande Gatsby…
“Quando ti vien voglia di criticare qualcuno’ mi disse ‘ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu’. Non disse altro, ma eravamo sempre stati insolitamente comunicativi nonostante il nostro riserbo, e capii che voleva dire molto più di questo. Perciò ho la tendenza a evitare ogni giudizio, una abitudine che oltre a rivelarmi molti caratteri strani mi ha anche reso vittima di non pochi scocciatori inveterati”
 
Davide
In conclusione, a te che aspetti il treno… Quale treno stai aspettando, verso dove, verso cosa?
 
Cranchi
Non sto aspettando nessun treno, mi sto godendo il cielo e le stelle quando la nebbia è clemente.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Cranchi
Non lo so, ho alcuni progetti troppo in fondo al cassetto, proverò a tirarli fuori, uno riguarda un concept album sul romanzo di Bulgakov Il Maestro e Margherita, l’altro il sogno di scrivere un romanzo.
Per ora porto in giro L’impresa della Salamandra e Il Saplon, libro scritto da mio padre tanti anni fa e  pubblicato solo l’anno scorso, accompagno alcune letture con le canzoni. 
 
Davide
Grazie e à suivre…

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