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Intervista con Salvo Lazzara

11 min read

Pensiero Nomade
 
Giunge al terzo capitolo il progetto del chitarrista Salvo Lazzara. Il nuovo disco, arricchito da validissimi musicisti, coniuga jazz,  post rock, elettronica e world music.
Materia e Memoria: il nuovo album di Pensiero Nomade
 
Salvo Lazzara
&
Dodicilune

sono lieti di presentare:


MATERIA E MEMORIA

Fonosfere – Dodicilune
12 brani, 48, 47 minuti
 
Pubblicato dalla Dodici Lune, Materia e memoria è il terzo lavoro di Pensiero Nomade, il progetto solista di Salvo Lazzara, chitarrista già noto per la sua militanza in seno ai Germinale negli anni ’90. Con questo terzo album, Lazzara arriva a perfezionare una proposta eclettica e sfuggente, che già nei precedenti album Per questi e altri naufragi (2007) e Tempi migliori (2009) guardava a diverse aree musicali, ipotizzando una sorta di world music colta e postmoderna che torna sublimata nel nuovo lp.
Folk, jazz, post-rock, elettronica, musica mediterranea, l’eredità del progressive: Pensiero Nomade cerca un sincretismo contemporaneo, si muove al crocevia di differenti codici e in Materia e memoria completa il percorso inaugurato nel 2007. Con il nuovo disco Lazzara condivide la ricerca con una formazione di invidiabili talenti: Alessandro Toniolo (flautista già in forza ai Germinale), Davide Guidoni (percussionista attivo in campo art rock, ora con i Daal), Fabio Anile (pianista molto attento al rapporto con la tecnologia) e Luca Pietropaoli (trombettista della formazione post-fusion Fonderia). Con questa line-up, che ha partecipato con slancio e convinzione a Materia e memoria, Lazzara ha dato libero sfogo alle sue visioni musicali, alternando strumenti a corda, loops e samples.
 
I tredici brani, che passano da atmosfere meditative e lievi a momenti più cinematici e intensi, si muovono in una vasta area sonora e proprio lo spirito non convenzionale dell’opera ha convinto la critica. Roberto Vanali (Arlequins) scrive: “Lazzara passando da temi folk acustici, etnici, ambient, soundscapes e sviscerandoli sempre al meglio approda ad un sound decisamente più sintetico dando prova di misura e sobrietà, di saper pesare gli elementi”. Secondo Donato Zoppo (MovimentiProg) “il disco è un flusso di coscienza in cui affiorano ricordi, sensazioni perdute, reminiscenze e colori”; Gaetano Menna (Guida Spettacoli Roma) sottolinea “suggestioni, visioni sonore, atmosfere sospese ed oniriche, arabeschi e intarsi chitarristici, un suono che è portato dall’aria che ha echi lontani ed etnici”.
 
Comunicato Stampa di Synpress44

Info:
 
 
BIOGRAFIA
Salvo Lazzara, 41 anni, siciliano di origine, romano di adozione.
Le esperienze musicali per Salvo sono iniziate, in una fase ormai preistorica, ma importante per la sua formazione, soprattutto nel pop rock di matrice britannica, nella new wave e nella dark wave elettronica.
La folgorazione con il progressive rock, ha portato alla nascita dei Germinale nel 1991, di matrice italiana (Banco, PFM) e con una forte ispirazione derivata dai King Crimson.  Con i Germinale ha composto tre cdGerminale (1994) …e il suo respiro ancora agita le onde (1996) e Cielo & Terra (2001) tutti pubblicati con la Mellow Records. Inoltre i Germinale hanno partecipato alle principali complilations tributo di gruppi del genere.
La fine dell’esperienza progressive coincide con il suo arrivo a Roma. Nella capitale ha studiato jazz e improvvisazione con Fabio Zeppetella e Umberto Fiorentino e dopo qualche tentativo di mettere insieme una band, Salvo intraprende una carriera solista. Nasce Pensiero nomade.
L’idea di base del progetto è l‘approccio nomade alla ricerca musicale, sia dal punto di vista timbrico, sia da quello del ritmo e delle derive sonore.
I punti di riferimento attuali sono le ispirazioni tradizionali ed etniche – una matrice quindi acustica – ma con forte contaminazione elettronica (sullo stile di Sakamoto, l’ultimo David Sylvian e Fennesz). I riferimenti in ambito jazz spaziano dagli Oregon di Ralph Towner a Steve Tibbetts  a Terje Rypdal.
Pensiero nomade dopo  per questi ed altri naufragi (BTF/AMS Records 2008) e Tempi migliori (BTF/AMS Records 2009) è al suo terzo disco Materia e memoria (2011 Dodicilune Records)
Dal primo, quasi in solitaria, la formazione si è piano piano allargata e consolidata, con vecchia amici e nuove conoscenze.
Oggi la band è così composta:
Salvo Lazzara: chitarre, bassi, oud, loop and samples.
Alessandro Toniolo: flute.
Davide Guidoni: drums, percussions, samples.
Fabio Anile: piano, keyboards, percussioni, samples.
Luca Pietropaoli: trumpet, flugelhorn.
 
 
Intervista
Davide
Ciao Salvo. Un disco davvero bello, profondo. A tratti mi hai ricordato Forrest Fang, Steve Roach e William Eaton, la loro New Age stratificata su musiche elettroniche e d’ambiente, etniche-tribali, sul jazz, su una instancabile ricerca non solo musicale e culturale. Cos’è per te la musica?
 
Salvo
Intanto grazie per i riferimenti, coltissimi, che sono da sempre nella mia lista di modelli, anche se non mi posso certo confrontare con i loro risultati ed il loro talento. La domanda che mi fai è impegnativa, soprattutto perché non me lo sono mai chiesto seriamente! Certo, potrei dirti cosa non è secondo me la musica: non è esibizione di bravura pirotecnica fine a se stessa, non è esplosione di narcisismo. Io credo che saper stare dentro la musica, sia come compositore che come semplice ascoltatore, sia un dono che si coltiva con l’esercizio e la disciplina. Da questo punto di vista non smetto mai di sperimentare, cercare, con una forte curiosità di fondo, che mi porta a non cristallizzare le mie proposte in generi particolari o a seguire la moda; non mi sono mai piaciuti gli steccati, mi viene sempre voglia di scavalcarli!
 
Davide
Pensiero Nomade: chiara l’intenzione fin dal nome del tuo progetto artistico di praticare un nomadismo che consenta di spaziare liberamente tra molti modi di conoscere e di fare la musica. Come avvengono la “conciliazione” e la sintesi di stili e linguaggi musicali diversi nel tuo personale atto creativo?
 
Salvo
Come ti dicevo, la mia è una curiosità che mi porta ad accostare cose diverse, fra loro anche apparentemente inconciliabili. C’è un filo che lega tutte le cose che mi accadono in musica, che è la voglia di raccontare una storia, la mia storia e quella dei miei compagni di viaggio, attraverso strumenti diversi, sfruttando atmosfere diverse. Posso dirti che questa fusione non è mai scontro, ma piuttosto conciliazione, ricerca di un punto di equilibrio fra varie voci.
 
Davide
Che significato hai consegnato al titolo di Materia e Memoria?
 
Salvo
C’è un vaghissimo riferimento colto a un noto testo di Henri Bergson, che però è rimasto solo a livello di suggestione. Ho cercato di raccontare nelle varie tracce il senso di smarrimento che sento, come persona, di fronte al mio tempo e alle sue promesse. La mia reazione è stata incanalare in un percorso musicale la necessità di ricordare, di fissare nella memoria, appunto, le cose e le esperienze che ho attraversato. Materia e memoria non sono due concetti opposti, ma un tentativo di equilibrio fra lo stare qui e ora e il mantenere il ricordo di quello che si è stati.
 
Davide
Comporre esattamente e/o improvvisare, da solo o con gli altri, due esigenze molto diverse di costruire o di esplorare. Di cosa hai più bisogno o quando hai bisogno di una o dell’altra?
 
Salvo
Sono due momenti quasi sempre compresenti nel mio processo creativo. Parto sempre da una struttura debole, appena accennata, sulla quale lavoro inserendo elementi, strumenti, variazioni. Lavoro parecchio tempo su questa stratificazione, sia da solo che con gli altri strumentisti. La struttura emerge quasi per caso, ma una volta manifestata, diventa reale e concreta. Da questo punto di vista non sono certo un musicista classico, direi che l’approccio è piuttosto quello del jazz, la ricerca di un tema dominante su cui lavorare per variazioni.
 
Davide
World Music… ossia “Tutta la musica del mondo” in un tessuto continuo di esperienze correlate e componibili, in opposizione alla visione tradizionale della musica suddivisa in generi e tradizioni musicali indipendenti. Se la World Music in questa accezione forse estrema, sicuramente post-moderna, dovesse col tempo prevalere sui generi d’origine e sulle pure tradizioni e “specializzazioni”, c’è il rischio a lungo termine di impoverire le fonti, le loro peculiarità e, dopo aver reso più ricca la musica, infine di depauperarla? Come ti poni di fronte a questa eventualità?
 
Salvo
Sai che è un rischio reale? Da questo punto di vista esiste in occidente un approccio world molto pericoloso, perché cristallizza il patrimonio culturale delle varie regioni del mondo e lo rende banale, da cartolina; oppure un altro, da musicologi o da antropologi, che al contrario lo esalta e lo isola, ne cerca la purezza, e anche così lo rende poco fertile e lo ghettizza. Io mi pongo in maniera critica rispetto a certa world music da anticamera e anche rispetto all’approccio neocolonialista di certi esperimenti etno – rock, etno – jazz o simili. Insomma, a me interessano più le fonti di ispirazione che nascono da queste musiche “altre”, intese come storie raccontate da altri strumenti. Una kalimba è interessante perché rende fruibile, meglio di una chitarra, una certa melodia, non perché ti porta in Africa. Con questo spirito ho cominciato a studiare l’oud turco, non certo perché volessi mettermi a fare musica sacra mediorientale, ma perché quel suono è interessante, evocativo per sé stesso.
 
Davide
Cosa è rimasto della tua esperienza con il gruppo progressive Germinale e cosa ora ti distanzia?
 
Salvo
L’esperienza con i Germinale è stata esaltante, ho conosciuto delle persone belle e interessanti e per certi versi ho imparato molto di quello che oggi uso nelle mie cose, come approccio allo studio dello strumento e delle forme di composizione complesse, ma meno come riferimenti stilistici. Non sono un cultore del genere,  soprattutto per come si mostra oggi; lo trovo spesso autoreferenziale, a parte alcune illuminate eccezioni (fra questi mi sento di segnalarti i lavori di DAAL e Fonderia). Mi piacerebbe che alcuni musicisti di questo genere in Italia avessero più coraggio, e meno senso di appartenenza; lo stesso coraggio che dovrebbero avere i produttori di questo genere. Ma questa è un’altra storia!
 
Davide
Bella copertina, che sfuma i colori del nord e del sud, un blu glaciale e la calda sabbia del deserto… Anche la tua musica è in fondo un incontro molto equilibrato tra il Nord e il Sud del mondo. In questo mi hai ricordato anche alcuni lavori di Jan Garbarek, per esempio Ragas and Sagas. Cosa volevi esprimere attraverso queste foto di Chris Friel?
 
Salvo
Garbarek è uno dei miei riferimenti, come molto del jazz ECM. Sono molto affascinato da quelle atmosfere rarefatte ed evanescenti, dal suggerire più che dal rappresentare.
Le foto di Chris sono il giusto bilanciamento fra concretezza del soggetto e senso di smarrimento nella narrazione. Sono rimasto affascinato dai suoi lavori su internet, e ci siamo conosciuti nei social network. Quello che mi ha colpito da subito è stata la sua assoluta disponibilità e “grazia” nel modo di porsi, mentre della sua arte apprezzo soprattutto quella malinconia sospesa e la capacità di andare al fondo delle situazioni e delle cose, per allontanarsene subito, con un semplice scatto.
 
Davide
Ci presenti gli ottimi musicisti che ti accompagnano in questo disco?
 
Salvo
Certamente. Comincerei con Alessandro Toniolo, già compagno di avventura nei Germinale, che ha suonato i flauti. Alessandro, per sua fortuna, non è un flautista affezionato agli stilemi del flauto rock o jazz. Di lui mi è sempre piaciuta la voglia di sperimentare. Credo che lo potresti accostare, per ricerca sonora, a Theo Travis.
Rimaniamo nei fiati: Luca Pietropaoli, trombettista della Fonderia (gran bel gruppo, da ascoltare e seguire con attenzione!) ha una grossa cultura musicale, e non solo relativa al proprio strumento. Ricerca il suono, e non si preoccupa della sua purezza, ma dell’intenzione sonora. Fabio Anile è un pianista e tastierista di estrazione minimalista e ambient. Conoscerlo è stata una grande fortuna, soprattutto perché è in grado di lavorare sui poliritmi, una cosa che a me piace moltissimo, con molta naturalezza, e ha un gusto spiccato per le soluzioni non banali. Davide Guidoni è una certezza: suono solido, capacità di spaziare fra i generi, grande inventiva, e soprattutto un’immensa carica umana. Questa è la band di questo lavoro, e mi piacerebbe poter dire che questi musicisti sono la migliore incarnazione del progetto Pensiero nomade!
 
Davide
Cos’è per te buona musica e cosa cattiva musica?
 
Salvo
La musica cattiva è quella che non ti arriva dentro, quella che vuole prevaricarti, che non ha niente da dire a parte il bisogno di esserci del compositore, del gruppo. La musica come terapia individuale o di gruppo non mi esalta. Di contro, potrei dirti che la buona musica è quella che riesce a farsi “forma di vita”. Un popolo che ha una musica originale è un popolo più ricco di altri. Lo stesso vale per le persone: la musica bella è quella che riesce a essere veramente “tua”.
 
Davide
Socrate disse che la musica è la più alta filosofia e la filosofia è la più alta delle musiche. So che sei laureato in filosofia e la domanda è questa: se e come ti poni domande sul mondo e sull’uomo, sui limiti e sulla natura stessa della conoscenza attraverso la musica? E quale risposta la musica ti ha dato?
 
Salvo
Sono domande molto serie, che giustamente hanno affascinato i filosofi di ogni tempo. Io però credo che la musica non possa dare risposte, ma solo suggerire percorsi di emozioni. Nella musica faccio entrare la razionalità quel tanto che basta a domare il caos, ma poi lascio andare il resto…
 
Davide
John McLaughlin? Ralph Towner? Chi sono i chitarristi che più ami e perché?
 
Salvo
Tutti e due, ed anche altri. Se devo parlarti di questi due artisti, credo che per motivi diversi, siano maestri inarrivabili e fondamentali, per me delle autentiche guide. Il primo è stato importante per aver fatto, per primo e meglio di altri, tentativi di contaminazione sonora (penso alle cose fatte con la Mahavishnu, ma anche con Shakti). L’altro per il raffinatissimo equilibrio e la tecnica sopraffina, per la sensibilità jazz che si sposa con la musica da camera. Se dovessi scegliere fra i due, ti direi che oggi sento il secondo molto più interessante del primo, ma è un gusto personale!
 
Davide
Qual è stato il primo più importante disco della tua vita e qual è stato l’ultimo?
 
Salvo
Come chitarrista, forse “In the court of the crimson king“. Come musicista in genere, almeno tre: the secret of the beehive di David Sylvian, Anthem di Ralph Towner, A kind of blue di Miles Davis.
Il disco che sto ascoltando di più in questi giorni però è Tabula Rasa di Arvo Part. Mi aiuta a pensare, a fare un po’ di silenzio intorno.
 
Davide
Cosa stai facendo ora e cosa c’è di futuro?
 
Salvo
Sto cercando di creare delle situazioni per far ascoltare il materiale dal vivo, mentre sono tornato a comporre, in un modo per me inusuale, solo con la chitarra classica. Non so se questo sarà il futuro, però. Non riesco a restare solo troppo tempo!
 
Davide
Grazie e… à suivre.
 
 

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