KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista con Frank Sinutre

10 min read
 
Frank Sinutre, il progetto creato nel 2011 da Isi Pavanelli e Michele K. Menghinez, arriva al terzo album dopo anni di performance live in club e altre situazioni artistiche in Italia e all’estero. Il primo elemento che risalta è l’integrazione tra chitarre e voci di Michele e i synth di Isi. Quest’ultimo ha costruito personalmente reactaBOX, un controller midi basato sul framework reacTIVision, un cubo luminoso che funziona appoggiando e muovendo speciali oggetti sulla sua superficie, e drummaBOX, una drum machine acustica basata su Arduino. Questo risultato caratterizza i live set della band anche dal punto di vista visivo, ma soprattutto sonoro. Le tracce dei Frank Sinutre mostrano diverse anime e in diversi episodi del disco emerge la loro volontà di scrivere vere e proprie canzoni, come in “Urban-Park-Sleeping Lovers”, funk elettronico con tanto di vocoder e atmosfere 70s a “Driving Thru The City By Night”, episodio notturno e downtempo o il blues futuristico di “La Forma Del Sol” e gli arpreggiatori di “Challenger 1986”. La musica dei Frank Sinutre convive poi con le immagini di Giovanni Tutti, videomaker che da sempre collabora con la band, spesso e volentieri anche nei live.
Il concetto dell’album è riassunto così in breve dalla band:
“Il disco è dedicato alla storia di una persona che credeva di volare con un ombrello, non è Mary Poppins e nemmeno Batman vestito da Mary Poppins. È solo la storia di una amico che crede di volare con un ombrello sopra al mondo e a tutto ciò che non gli piace. Questa persona è vivente. Vive, come gli viene. Nonostante l’incedere inesorabile del tempo e ai nostri discorsi da adulti hanno cambiato soggetto, ha capito come si fa a volare. Con un ombrello”.
Quest’estate, mentre state passeggiando con la testa fuori dalla finestra del vostro monolocale in città o nella vostra villetta a schiera in paese, buttate un occhio in aria magari lo vedete passare col suo ombrello.
 
Tracklist: 1. Credeva Di Volare (0.333) / 2. Sunset With Sunrise / 3. Urban-Park-Sleeping Lovers / 4. Driving Thru A City By Night / 5. What A Strange Life / 6. Challenger / 7. Credeva Di Volare (0.667) feat Cranchi / 8. Be All You Can Be / 9. Under That Wind /10. La Forma Del Sol / 11. But The Boy Believed To Fly – Feat Zighi / 12. Credeva Di Volare (1.000)
Discografia: “La Colpa Della Leonessa” (2012) – “Musique Pour Les Poissons” – (2014) – The Boy Who Believed He Could Fly (2017)
 
 
Intervista

Davide
Ciao. Come si colloca e si svolge il terzo disco in continuità e in evoluzione rispetto ai primi due vostri lavori? 

Frank Sinutre
Rispetto ai dischi passati, soprattutto al secondo “Musique pour les Poissons” (perchè il primo consisteva in una colonna sonora per lo spettacolo teatrale “La Colpa della Leonessa” inserita nel Festival de Teatro Social di Valencia in Spagna), in cui ogni traccia nasceva da una piccola jam di partenza che spesso già suonavamo nei live, si è deciso di elaborare canzoni partendo da zero, senza averle suonate prima in studio o in qualche live. La sostanziale differenza è che “Musique” lo suonavamo già dal vivo molto prima che uscisse il release digitale e i pezzi si sono costruiti strada facendo, live set dopo live set, mentre per “The Boy Who Believed He Could Fly” (uscito il 19 maggio per l’etichetta di Ferrara New Model Label) tutto il processo compositivo è stato strutturato interamente in studio, cioè in casa: infatti come per gli altri dischi abbiamo deciso di registrare tutto nella casa di campagna dove proviamo. In questo modo si ha la possibilità di ritornare sulle tracce per modificarle anche a distanza di tempo. Ovviamente questo comporta il dover trascorrere più ore a lavorare bene sui suoni.
Inoltre “Musique pour les Poissons” era un disco ambientato “in acqua” potremmo dire, mentre questo terzo disco è ispirato all’aria. Chissà, probabilmente il prossimo avrà come tema centrale l’elemento terra…
 
Davide
In “The boy who believed he could fly” ho sentito echi della easytronica degli Air. Di quale musica si è nutrito finora e si nutre oggi Frank, oltre che della propria?
 
Frank Sinutre
Abbiamo da sempre un piccolo motto: “Odio tutti i vecchi che snobbano la musica dei giovani e odio tutti i giovani che snobbano la musica dei vecchi”; è un po’ la nostra regola. Abbiamo molti artisti di riferimento vecchi e nuovi. Forse però non ha molto senso parlare di vecchio e nuovo per una cosa così bella e senza età come la musica. La musica è un po’ come un tapis roulant in fondo, dove tutto torna e scompare sempre.
Gli artisti che più ci hanno influenzato sono Brian Eno, John Cage, Pink Floyd, Air, Thievery Corporation, Radiohead, Massive Attack, Daft Punk, Moderat, Bonobo, Nicolas Jaar, Lcd Soundsystem.
Resta poi comunque molto interessante per noi ascoltare cose che non appartengono propriamente al genere di riferimento; diventa importante proprio per mescolare e rielaborare in modo personale la musica. Non c’è da aspettarsi che tutti concordino, ma Leone di Lernia per noi è stato comunque un grande artista, a suo modo, ma grande. Diciamo questo a titolo esemplificativo, giusto per ribadire che la musica bisogna provare ad ascoltarla e mangiarla tutta quanta.
Anche perché in fondo la musica è un cerchio, tutto attorno al cerchio ci sono i diversi generi e sub generi e non importa da che parte del cerchio uno voglia entrare, l’importante è solo entrare.
 
Davide
Come nasce una composizione musicale,come avviene a voi l’input e come siete soliti procedere, cosa infine soddisfa e chiude ogni vostro lavoro?
 
Frank Sinutre
Generalmente uno si sveglia di notte e ha un’idea, qualche volta capita anche in bagno. E allora prima che se ne vada l’idea, la registra su uno smartphone, prima che la notte o lo sciacquone del water se la portino via. A forza di raccogliere idee notturne o da water si crea una piccola banca dati di bozze fatta di riff di chitarra, basso o synth ed eventualmente voce. Da questa banca dati si sceglie e attorno a ciascuna bozza ci si costruisce una base in studio; di volta in volta poi si valuta cosa inserire e dove. Inoltre utilizzando strumenti elettronici autocostruiti spesso è necessario confrontarsi con le potenzialità e i limiti dei mezzi che si stanno usando.E si negozia anche a distanza di mesi ritornandoci sopra: aggiungendo, togliendo, tagliando o modificando, cercando di capire che suoni servono, se analogici, digitali, se il basso in questo frangente vuole fatto da un basso vero, o da un synth, stessa cosa per una percussione, capire se un arpeggiatore è appropriato o fa venire il mal di testa, o se una chitarra distorta con l’octaver proprio lì rovina tutto.
Alla fin fine fare un pezzo è proprio come fare una ricetta, non basta andare a comprare gli ingredienti, bisogna spendere del tempo per capire come vanno combinati e in quali proporzioni, e  ad apprezzare proprio il fare e rifare le ricette, preoccupandosi più del processo che del prodotto finito in sé.
 
Davide
Come nascono le collaborazioni con Zighi e Cranchi? Cosa cercate da una collaborazione?
 
Frank Sinutre
Per quanto riguarda il contrabbassista Zighi, Francesco Zacchi, ora trasferitosi in Inghilterra, è un amico di sempre, quindi un giorno mentre passava a trovarci in casa l’abbiamo sequestrato e “costretto a regalarci” qualche riff di contrabbasso da loopare o da inserire nelle tracce. Esatto, è stato più un furto di riff.
Per quel che riguarda Cranchi era davvero da un sacco di tempo che volevamo fare una cosa assieme, lo seguiamo dal primo disco “Anima Metal” che è stato davvero un piccolo grande capolavoro! Ad essere sinceri lo odiamo profondamente (stiamo scherzando ovviamente) come anche quegli altri di Radio Algida (Massimo Porta e Mattia Bortesi), la radio di Sermide dove collabora Cranchi; ma ciò nonostante appena scritto il pezzo abbiamo subito pensato a Cranchi per farglielo cantare.
Una collaborazione è un po’ come una forma di amicizia estesa al campo musicale.
 
Davide
Perché avete dedicato una traccia al disastro del Challenger?
 
Frank Sinutre
In un disco che parla di volare secondo noi era inevitabile parlare anche del cadere… E il Challenger ci sembrava un esempio emblematico di come sia semplice cadere… in fondo è colato a picco per colpa di una guarnizione che non era compatibile con le basse temperature previste per il decollo…
È un evento capitato nell’86 quando Michele era in terza elementare; le immagini del disastro furono trasmesse in tv e al tg e dal giorno dopo tutti i bambini in classe disegnavano astronavi e battaglie fra dischi volanti e razzi che partivano, ricordiamoci che eravamo ancora in clima di guerra fredda e anche se sembra impossibile ricordo che in mensa alle elementari si chiacchierava a nostro modo dei possibili scenari pseudo-fantascientifici fra noi bambini. La prima storia che si vive (e nel nostro caso quella degli anni 80, quando eravamo noi bambini) è proprio quella che trascina con sé più forza evocativa e diventa inevitabile ricordarla con un sapore diverso.
 
Davide
L’ultima traccia (“Credeva di volare”) è diversa, abbandona le melodie e le atmosfere del downtempo per sedici minuti di musica elettronica destrutturata. Perché avete scelto questo cambiamento di rotta in chiusura del disco?
 
Frank Sinutre
Il disco racconta la storia di un nostro grande amico, una persona eccezionale, come ne esistono tante al mondo, speriamo, ma con la differenza che la conosciamo bene e sappiamo moltissime storie della sua storia, un po’ come se fosse parte della nostra vita stessa. Questa persona è un eterno fanciullo ed è per questo che è impossibile per noi non vederlo come un eroe, come un esempio, come qualcosa di preziosissimo da conservare in una teca antiproiettile: il suo ombrello è la fantasia che lo porta a planare leggero sopra alle varie schifezze del nostro tempo moderno sempre più infarcito di pose, status e discorsi sempre più tristi di noi adulti sui bolli auto da pagare o sulle domiciliazioni delle bollette del gas.  
A livello musicale il disco è raccordato da tre momenti che fanno un po’ il punto della situazione, “Credeva di Volare” nelle sue versioni 0,333-0,667-1,000 è un po’ il tentativo di rappresentazione del nostro amico eroe: una nascita, una vita (con tutti i suoi scazzi) e una morte che però non significa per forza fine di tutto, ma che costituisce più un fade out lentissimo dalla vita a un volare perenne; quelle atmosfere glitch e quella chitarra con lo slide così ariosa volevano suggerire proprio l’idea di lui che vola sopra a una città, lassù da solo con il rumore del suo volare e basta.
 
Davide
Quando canto, credo di essere sincero… il pubblico è come una donna – se sei indifferente, è la fine, disse Frank Sinatra. Com’è il vostro rapporto con il pubblico e cosa rappresenta per voi l’esibirvi dal vivo?
 
Frank Sinutre
Il pubblico di Frank Sinatra era molto diverso dal nostro. All’epoca c’era un certo trasporto per tutto. Ora molta gente esce giusto per uscire alla sera. Diciamo che l’attenzione del nostro pubblico si articola in due fasi: una che riguarda più l’ascolto e una seconda che dà sfogo alle curiosità dei presenti in merito agli strumenti elettronici autocostruiti che usiamo nei live: capita spesso infatti che al termine del concerto qualcuno venga a chiederci come funziona il reactabox, incuriosito da quei cubetti sullo schermo che cambiano i suoni, addirittura domande di provarlo. Qualche volta è stata una vera e propria fiera! Soprattutto all’estero domandano un sacco di cose su come funzioni, su chi l’ha costruito (cioè Isacco, uno di noi due), che software usiamo…
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Frank Sinutre
Beh un quarto disco con calma, almeno altri 2 clip di questo disco “The Boy Who Believed He Could Fly” e concerti; e proprio in relazione ai live di questo ultimo disco i Frank Sinutre più che ad allargare la gamma degli strumenti hanno pensato di migliorarla: siamo stati impegnati infatti fino al 6 luglio in una campagna di crowd funding su Music Raiser, la nota piattaforma di “finanziamento dal basso” interamente dedicata al mondo della musica per la realizzazione di un terzo ReactaBOX: il reactaBOX-3. Lo scopo è quello di realizzare uno strumento più affidabile e performante e che ci permetterà di esprimere al meglio il nuovo disco: migliorando il design, riscrivendo il software e utilizzando componenti di qualità superiore saremo in grado di risolvere diversi problemi presenti nelle due versioni costruite fino ad ora. Uno su tutti il problema relativo alle interferenze con le sorgenti di luce troppo forti che manifesta la webcam ad infrarossi posta all’interno dello strumento che permette di leggere le immagini: per questo motivo abbiamo effettuato finora solo performances live con illuminazione dal basso, ed esclusivamente alla sera per quel che riguardava i festival outdoor.
Un ultimo non trascurabile aspetto è quello che riguarda i videoclip: da sempre i Frank Sinutre collaborano con il videomaker Giovanni Tutti (a cui è stato addirittura dedicato questo ultimo album “The Boy Who Believed He Could Fly”) nella realizzazione dei loro clip in stop motion: accanto alla nostra sala prove, nella stanza adiacente, lavora Giovanni, i suoi tavoli sono dei veri e propri set cinematografici, dove campeggiano omini mostruosi in plastilina, macchinine futuribili fatte di lego, sfondi di cartone colorati a tempera, piccoli mobili che ricreano gli ambienti dove si svolgono le storie animate di Giovanni, ovviamente detta così sembra molto bella questa stanza, in realtà è un gran casino sparso. I Frank Sinutre dedicano questo disco proprio al casino di quella stanza di Giovanni che li ha ispirati così tanto alla produzione di questo album. Tutto questo è materiale è reperibile sul nostro canale Youtube:
 
Davide
grazie e à suivre…

Commenta