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Il senso della Giustizia Amministrativa…

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La giustizia deve essere congiunta al potere,
così che ciò che è giusto possa anche aver potere,
e ciò che ha potere possa essere giusto.
Blaise Pascal
 
In Italia non esiste una sola “giustizia”, con un solo ordine di Magistrati, personale ausiliario e uffici, ma esistono almeno due diversi sistemi: quello della giustizia ordinaria (distinta tra “civile” e “penale”[1]), e quella amministrativa, cioè quel complesso di organi (Tribunali Amministrativi Regionali e Consiglio di Stato), predisposti per tutelare le situazioni giuridiche dei soggetti privati (persone fisiche o giuridiche) nei confronti dell’azione della Pubblica Amministrazione, la quale per sua natura attua provvedimenti discrezionali e “vincolanti” per i destinatari finali[2].
La dottrina (e giurisprudenza) pubblicistica, elaborata in Francia nel corso del XIX secolo, sulla base del noto principio della divisione tra i poteri dello Stato e che tanta influenza ha avuto sull’esperienza occidentale[3], ha stabilito che esiste un “diritto” che regola i rapporti fra i privati, ed un “diritto speciale” che regola i rapporti fra i privati e lo Stato, diritto in grado di contemperare gli interessi delle funzioni amministrative e i diritti dei privati. E questo ordinamento è il “diritto amministrativo”, complesso di norme che disciplina l’organizzazione di procedure, mezzi e persone con il compito di raggiungere gli obiettivi di interesse pubblico definiti dalle leggi.
La Costituzione repubblicana ha fatto proprio, infatti, il principio, già adottato da norme dell’ordinamento precedente[4], della cosiddetta “doppia giurisdizione”, ordinaria e amministrativa, di pari importanza e carattere generale, con l’art.113[5]:
Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa
Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.”.
I lettori più attenti avranno colto la distinzione operata dalla Costituzione fra Diritti soggettivi e Interessi legittimi, distinzione che costituisce il canone e criterio generale del riparto di giurisdizione nel senso che i diritti soggettivi sono tutelati dal Giudice ordinario, e gli interessi legittimi dal Giudice amministrativo. I diritti (soggettivi) si definiscono come veri e propri poteri attribuiti dall’ordinamento giuridico ad un soggetto (con capacità giuridica e di agire) per il raggiungimento di uno scopo, al fine di tutelare un proprio interesse degno di protezione giuridica, come i diritti patrimoniali, quelli non patrimoniali o personali, relativi (obbligazioni) od assoluti (proprietà), privati (es. diritto al nome), o pubblici (es. diritto a svolgere una professione regolata se in possesso dei requisiti), disponibili o indisponibili (es. diritto all’integrità fisica). L’interesse legittimo è una posizione giuridica soggettiva più debole (“affievolita” secondo dottrina), che consiste in un vantaggio riconosciuto al singolo solo nel caso che venga tutelato l’interesse della collettività, che a sua volta consiste, in questo ambito, nel rispetto delle norme da parte della P.A.; in altri termini il soggetto privato può vantare l’interesse legittimo a che l’Autorità pubblica rispetti rigorosamente la legge nell’esercizio dei suoi poteri: dall’assunzione di un provvedimento discrezionale, alla conduzione di una procedura di concorso o di appalto pubblico, ecc.
Tuttavia la separazione non è netta: da un lato il Giudice Ordinario, cui viene chiesta tutela per la lesione di un diritto (soggettivo), a causa di un atto della P.A., può conoscere, in via incidentale, l’illegittimità dell’atto amministrativo e potendo disapplicarlo[6]; d’altro lato nelle materie di “giurisdizione esclusiva” il Giudice Amministrativo conosce anche dei diritti soggettivi. Dopo numerose evoluzioni normative nel corso dei decenni, da ultimo il nuovo Codice del Processo Amministrativo, all’art.133 elenca tutte le numerose ipotesi di giurisdizione esclusiva: dalle controversie sul risarcimento del danno per inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo, alle controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, da parte di Pubbliche Amministrazioni (appalti pubblici)[7].
L’illustrazione di questo sintetico quadro, ci permette a questo punto, di ragionare su una tesi, non nuova e sostenuta da autorevoli giuristi nel recente passato, che porterebbe senza dubbio ad una semplificazione pratica e concettuale del sistema di tutela giurisdizionale di diritti e interessi per cittadini e imprese[8]. Di fronte all’aumento smisurato delle competenze del Giudice Amministrativo in materia di diritti (obbligazioni, responsabilità, contratti, ecc.), fenomeno che contrasta con la natura “specialistica” di questo Giudice, ci si chiede perché debbano coesistere due giurisdizioni diverse nello stesso ordinamento, vista la quasi assoluta sovrapponibilità delle stesse quanto alla loro funzione (interpretazione e applicazione delle norme di diritto comune e di diritto pubblico), quanto ai poteri e alle modalità di svolgimento del giudizio (salvo alcuni aspetti specifici del giudizio amministrativo, a questo rito si applicano le norme procedurali del Codice di Procedura Civile). Il sistema della G.A., costituitosi a partire dalla legge del 1889, è stato da sempre farraginoso, e soprattutto si è dimostrato incapace di assicurare una tutela effettiva al cittadino contro la Pubblica Amministrazione; con l’aumento dei casi di Giurisdizione esclusiva, di cui si è trattato sopra, il sistema è divenuto, tendenzialmente, una giurisdizione di tipo “oggettivo” nell’interesse della sola amministrazione, e ciò in contrasto con la chiarissima configurazione che la Costituzione del 1948 dà alla giurisdizione amministrativa come giurisdizione a tutela di situazioni soggettive del cittadino.
Alcuni contrari a questa ipotesi affermano che il Consiglio di Stato, supremo organo di Giustizia amministrativa e anche organo di consulenza tecnico-legale[9], sarebbe l’unico ad avere la particolare capacità di cogliere l’interesse dell’amministrazione insito in leggi di diritto pubblico: ma il Giudice non deve essere terzo e imparziale rispetto alle parti in conflitto[10]? La specialità del diritto pubblico può spingere il legislatore a istituire “sezioni specializzate” nell’ambito dell’unica giurisdizione ordinaria, non a creare giudici speciali[11].
Alcuni addirittura affermano che andrebbero sprecate preziose professionalità acquisite nel corso dei decenni dall’élite giudiziaria amministrativa di vertice; tuttavia si fatica a comprendere come l’accorpamento dei due sistemi provocherebbe ciò, dal momento che il “sistema di privilegi” della categoria dei “Consiglieri di Stato” ha circoscritto le alte competenze sul diritto amministrativo ad un ristretto cerchio di addetti ai lavori, mentre accorpando i due ordini si potrebbero avere molte centinaia di magistrati (ordinari), cui “attingere” alle competenze amministrative[12]. Inoltre i (pochi) componenti del Consiglio di Stato svolgono funzioni giurisdizionali, ma anche, ponendosi in aspettativa, esecutive (come “capi di gabinetto” di ministeri, sottosegretari e persino Ministri) e legislative allo stesso tempo (capi degli uffici legislativi dei ministeri). Si può immaginare la creazione, dopo decenni di tale prassi, di un “corto circuito” istituzionale: il potere giudiziario sull’economia del Paese è di fatto esercitato dai Consiglieri di Stato (che giudicano su appalti, grandi opere, urbanistica, autorità indipendenti, carriere della classe dirigente del Paese), i quali però occupano, anche se in altra veste, i posti chiave del Governo a cui è demandato, di fatto, il potere legislativo (nell’emanazione dei decreti attuativi delle leggi delega di riforma). La separazione dei poteri, a volte, è più teorica che pratica…
Sarebbe molto più ragionevole, almeno per le controversie tra privati e Pubblica Amministrazione, introdurre anche in Italia un sistema di giurisdizione unica (con accesso dei Giudici tramite concorso unitario), articolato in sezioni civili, penali, amministrative, tributarie, del lavoro e previdenziale, con possibilità dei Giudici di essere trasferiti da una sezione all’altra previa verifica in seguito ad aggiornamenti professionali; giurisdizione articolata, inoltre, secondo il sistema del doppio grado (I grado e Appello), e con un’unica Corte Suprema divisa in sezioni civile, penale, amministrativa, tributaria, del lavoro e previdenziale; giurisdizione caratterizzata anche, in caso di errore dell’attore nella individuazione della sezione competente, dalla piena trasferibilità della causa da una sezione all’altra e, quindi, da un’agevole soluzione dei possibili conflitti di attribuzione.
Anche l’affermazione di alcuni giuristi, secondo cui la Costituzione riconosce al solo Giudice Amministrativo il potere di annullare gli atti amministrativi appare molto discutibile. Infatti, di “annullamento degli atti della pubblica amministrazione” la nostra Costituzione si occupa nell’art. 113 laddove, al terzo comma, dispone che «la legge determina quali organi di giurisdizione (quindi anche ordinari e non necessariamente speciali) possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa». E’ evidente concludere che la nostra Costituzione, ben lungi dall’attribuire soltanto ai Giudici speciali (amministrativi) il potere di annullamento degli atti della pubblica amministrazione, consente esplicitamente che tale potere possa essere attribuito anche al Giudice Ordinario.
Per quanto riguarda l’aspetto “comparativo” (cioè con riguardo alla situazione della normativa di altri Paesi), in certi ordinamenti, principalmente quelli di area anglosassone (o di common law[13]), la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione è demandata, in linea di principio, agli stessi giudici competenti per le controversie tra privati (cosiddetto sistema monistico), mentre in altri ordinamenti è demandata a Giudici speciali (Giudici Amministrativi, che caratterizzano il cosiddetto sistema dualistico[14]). Vi sono anche ordinamenti (ad esempio, quello della Spagna), che adottano una soluzione intermedia, demandando tale tutela a sezioni specializzate degli organi giurisdizionali ordinari. In alcuni degli ordinamenti dove è previsto il Giudice Amministrativo (Francia, Germania, Austria ecc.), lo stesso ha competenza generale per i rapporti di cui è parte la Pubblica Amministrazione, costituendo eccezioni i casi in cui è competente il Giudice Ordinario (ad esempio, per i rapporti interamente disciplinati dal diritto privato). In alcuni ordinamenti, come ad esempio in Belgio e nei Paesi Bassi, sono devolute al Giudice Amministrativo determinate materie, mentre la competenza generale rimane al Giudice Ordinario.
Da un punto di vista strettamente pratico, l’abolizione della Giustizia Amministrativa e il suo accorpamento al sistema giudiziario ordinario, richiederebbe certo una riforma “strutturale” di quest’ultimo, come noto affetto da inefficienze e limiti funzionali dovuti sia a normativa inadeguata, che a carenze ataviche di personale e risorse materiali.
Solo in questo modo il sistema giudiziario “unificato” potrebbe risultare efficace, e la riforma “istituzionale”, questa sì, opportuna.
 
La giustizia è la capacità di considerare
ogni caso come un problema interamente nuovo.
Evelyn Waugh
 
 

[1] La prima con lo scopo di dirimere le controversie tra soggetti privati, la seconda con il fine di permettere allo Stato di esercitare la propria pretesa punitiva e rieducativa nei confronti degli individui che commettono reati sul suo territorio, oltre che riconoscere un risarcimento alle parti offese costituite. Entrambe sono esercitate da Giudici di Pace, Tribunali e Corti d’Appello, con la Corte Suprema di Cassazione al vertice come Giudice di legittimità. 

[2] Risultano diverse anche le autorità amministrativo-burocratiche da cui dipende l’organizzazione dei due sistemi: il Ministero della Giustizia per la giustizia ordinaria, la Presidenza del Consiglio dei Ministri (dunque il Governo in senso proprio), per la Giustizia amministrativa. 

[3] Il principio della divisione dei poteri è quello per cui il potere dello Stato, al fine di assicurare libertà e tutela a tutti i cittadini, deve suddividersi in: potere legislativo (organo Parlamento elettivo), potere esecutivo (organo Governo/Pubblica Amministrazione) e potere giudiziario (ordine Giudiziario-Magistratura). Fu elaborato dal filosofo-giurista Montesquieu (1689-1755), e da lui espresso nello scritto “Lo spirito delle leggi” del 1748. 

[4] La legge n.5992 del 31 marzo 1889 istituì la IV sezione del Consiglio di Stato (che allora era composto da sole 3 sezioni) con competenza generale sulle controversie tra le autorità statali ed i privati, in materia di interessi legittimi

[5] Costituzione della Repubblica- Parte II – Ordinamento della repubblica – Titolo IV – La magistratura (artt. 101-113) – Sezione II – Norme sulla giurisdizione

[6] V. art. 4 comma 1 l. 20 marzo 1865, n. 2248, Legge sul contenzioso amministrativo (All. E). Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 aprile 1865. 

[7] Libro quinto NORME FINALIArt. 133 D.Lgs. 2-7-2010 n. 104 “Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo” Pubblicato nella Gazz. Uff. 7 luglio 2010, n. 156, S.O. La giurisdizione esclusiva consente al Giudice Amministrativo di conoscere interamente ed esclusivamente delle controversie, nelle materie espressamente indicate dalla legge, in cui siano coinvolti sia interessi legittimi che diritti soggettivi

[8] V. “L’importanza dell’articolo 113, 3° comma Costituzione, per una giustizia effettiva del cittadino contro atti della Pubblica amministrazione”, di Andrea Proto Pisani in QUESTIONE GIUSTIZIA – Rivista trimestrale Fascicolo 3/2015. V. anche “Giustizia amministrativa, perché è necessario abolirla” (I-II), di Alessio Liberati IlFattoQuotidiano.it/blog,  8 aprile 2014. 

[9] Il Consiglio di Stato della Repubblica Italiana è un organo di rilievo costituzionale (la sua esistenza e funzione è prevista dalla Costituzione ma il suo funzionamento è demandato alla Legge ordinaria).
Previsto dall’articolo 100 della Costituzione, che lo inserisce tra gli organi ausiliari del Governo, è Giudice speciale amministrativo di Appello rispetto alle sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali. V. anche art.6, Codice Processo Amministrativo, D.Lgs. 2-7-2010 n. 104.
 
[10] Art.111 II comma Cost.:“Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.”. 

[11] Si otterrebbe così, a seguito della devoluzione della giustizia amministrativa al giudice ordinario, un aumento di trasparenza delle motivazioni, una maggiore loro controllabilità, maggiori garanzie per il cittadino.

[12] Pur contando solo 6 sezioni (3 consultive, 3 giurisdizionali), quasi trenta sono i magistrati del Consiglio di Stato che hanno il “grado” di Presidente di Sezione, per circa cento magistrati componenti le sezioni. Privilegi riconosciuti agli alti dirigenti statali (es. Auto “blu”), udienze due volte al mese, produttività scarsissima se paragonata ai giudici ordinari, stipendi in media più alti di ogni altra magistratura (Cfr. Alessio Liberati blog citato).

[13] Per conoscere in sintesi lo sviluppo storico del sistema giuridico inglese vedi: “The Trust” di Alberto Monari, in Kultunderground n.233-DICEMBRE 2014, rubrica Diritto. 

[14] Va tenuto presente che alcuni autori considerano monistici i sistemi in cui la competenza per le liti con la pubblica amministrazione è tendenzialmente concentrata nel Giudice Ordinario oppure in quello Amministrativo, dualistici quelli in cui è ripartita tra i due. Così inteso, quello italiano rientra tra i sistemi dualistici. Fonte Wikipedia.

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