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2011
14
Apr
Intervista con Mezzafemmina


Controrecords e New
Model Label sono felici di annunciare che il 20 aprile 2011, allo Spazio 211 a Torino ci sarà il concerto / presentazione dell'album di esordio di Gianluca Conte, in arte
Mezzafemmina.
Mezzafemmina – "Storie A Bassa Audience".
Dal 1 Maggio 2011 in CD e digitale. Prodotto da Gigi Giancursi e Cristiano Lo
Mele (Perturbazione)
Le "Storie A
Bassa Audience" di Mezzafemmina, al secolo Gianluca Conte, sono storie che
non sentirete in televisione, ma allo stesso tempo sono storie necessarie,
contemporanee, a volte tragiche ma sempre affrontate con un punto di vista
poetico e al di fuori dei luoghi comuni.
"Articolo 1″
apre l'album, citando la Costituzione Italiana e unisce elementi della canzone
di protesta degli anni '70 con una diversa poetica, con un gusto per il
paradosso e un tocco di ironia che potremmo trovare in artisti come Morrissey.
"L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro ma se vado a lavorare muoio",
è soltanto un esempio della poetica del cantautore torinese, che affronta temi
trasversali, dal precariato e la spersonalizzazione dei centri commerciali in
"Le Prigioni Del 2000″ oppure ancora la storia di una società che ci
rende tutti ugualmente vulnerabili, una surreale e tragicomica democrazia
rappresentata in "Insanity Show".
Ci sono poi altre
"Storie A Bassa Audience", storie di violenza come in "Giochi Da Grandi" ed
"Iside", raccontate dal punto di vista del carnefice e da quello della vittima
e poi ancora storie con un esito positivo, come "I Pinguini Si Comprano Il
Cappotto", dichiarazione d'amore per Torino e per il Sud Italia, terra di
origine di molti torinesi oppure in "Brace", il racconto di un'illusione, di un
attimo inaspettato, di un'estate di irrazionalità.
L'intensità delle
liriche di Mezzafemmina non fa comunque passare in secondo piano la sua
musicalità, la cura negli arrangiamenti e la presenza di diversi musicisti
della scena torinese, la pianista Jolanda Moletta, Niccolò Bosio alla
fisarmonica, Andrea Ghiotti, altro ex Melanie Efrem, formazione in cui
militava Mezzafemmina e attuale batterista dei Toys in the Attic, Marco Fratta
al basso, Eros Giuggia al Sax e Giorgio Codias dei Verlaine alle
chitarre elettrica, oltre che della preziosa collaborazione degli stessi Gigi
Giancursi e Cristiano Lo Mele, della splendida voce di Robertina, Elena Diana
dei Perturbazione al violoncello e Ivan Larocca dei The Johnny Staccato Band
alla tammorra e alla tromba.
(ControRecords)
Tracklist:
1. Articolo 1 / 2. Le Prigioni Del 2000 / 3. Insanity Show / 4. i Pinguini Si Comprano Il Cappotto / 5. Giochi Da Grandi / 6. Iside / 7. Braci / 8. Sorrisi E Balle Varie
1. Articolo 1 / 2. Le Prigioni Del 2000 / 3. Insanity Show / 4. i Pinguini Si Comprano Il Cappotto / 5. Giochi Da Grandi / 6. Iside / 7. Braci / 8. Sorrisi E Balle Varie
Mezzafemmina:
www.mezzafemmina.com
Controrecords:
www.controrecords.com
New
Model Label: www.newmodellabel.com

I
miei nonni materni vivono in un paese ai confini tra Campania e Puglia,
Rocchetta Sant'Antonio, paese a cui sono molto legato, e che insieme a Torino
mi ha allattato e con i suoi personaggi mi ha spinto a fare musica. In questo
affascinante paese ancora oggi è abitudine chiamare le persone non tanto con il
nome o con il cognome ma con lo "scangianome", un soprannome di famiglia usato
per tutti i membri della famiglia.
Lo
scangianome della famiglia di mio nonno è Mezzafemmina. Quando da bambino mi
chiamavano così io ci rimanevo male, perché non capivo cosa volessero
intendere, se volesse essere una presa in giro, se volesse essere una battuta
per i miei lunghi capelli biondi, o cos'altro. Crescendo ho voluto sapere
sempre di più sulla storia della mia famiglia e mio nonno mi ha spiegato il
significato di questo soprannome, di cui vado fiero.
Il
mio bisnonno, ai tempi del fascismo, se ne fregava del modo di pensare vigente
e delle opinioni della gente ed aiutava molto nei lavori di casa. Tutto ciò non
era ovviamente ben visto all'epoca, per cui qualcuno cominciò a provocarlo,
affibiandogli questo soprannome di Mezzafemmina, che lui invece accettò, senza
vergogna.
Sono
rimasto colpito dal fatto che alcune persone in quel paese ancora oggi mi
chiamino Mezzafemmina, per la evidente somiglianza fisiognomica con mio nonno e
la sua famiglia. Ma forse non solo per quello. E riflettendo un po' sul
significato di questo "scangianome" ho scoperto che è un nome che racconta
tante cose di me, più di tutti gli altri soprannomi che mi sono stati dati in
vita. A partire dai lati femminili che non nego di avere e di cui, così come il
mio bisnonno, non mi vergogno affatto; la testardaggine di proseguire con le
proprie convinzioni, fregandosene del giudizio degli altri; l'autoironia, che a
quanto pare non è mai mancata alla mia famiglia, sintomo di una forte
conoscenza di sé; e quel sapore di Sud e di strada e di storie da raccontare.
A
posteriori mi son trovato a notare che anche il gruppo nel quale ho militato
per anni, e a cui devo la mia crescita musicale ed umana, i Melanie Efrem, era
caratterizzato in molti aspetti da questa coesistenza di elementi femminili e
maschili: nel nome stesso, costituito da un nome di donna e uno di uomo, nella
musica, che miscelava momenti di rudezza tutta maschile e momenti di intensa
dolcezza femminile, per finire nel logo, costituito da una figura umana
sostanzialmente ermafrodita.
E
allora nel momento in cui mi son trovato a dover scegliere un nome d'arte per
questo mio nuovo progetto solista mi è venuto a chiedermi. Quale miglior nome
se non quello che è già inscritto nelle mie radici?
(Gianluca Conte)
Intervista
Davide
Ciao
Gianluca. Raccontaci un po' di te… Nel booklet hai scritto : "Un giorno alle
scuole medie pensai che mi sarebbe piaciuto fare un mio disco da grande, ma
subito constatai che non sarebbe stato possibile: non sapevo cantare né tanto
meno suonare nulla. Oggi con questo lavoro posso dire di essere già andato
oltre le mie aspettative di bambino". Cos'hai fatto nel mezzo, da quei
giorni alle scuole medie a questo primo disco solista?
Gianluca
C'è
stato un lungo e tortuoso percorso. Appena ho preso la chitarra in mano ho
cominciato a scrivere canzoni, riempiendo una serie di quaderni. Tuttavia
all'inizio della mia esperienza con i Melanie Efrem (nel lontanissimo 1999) non
avevo il coraggio e forse nemmeno l'interesse di portare nel gruppo le mie
canzoni; forse ne ero geloso e le sentivo troppo personali per poterle esporre
al pubblico.
Un
giorno per rinfoltire una scaletta un po' scarsa, prima di un concerto, portai
una delle mie canzoni e da quel giorno, senza nemmeno dircelo, diventai
cantante e autore dei Melanie Efrem, con i quali soprattutto dal 2004 è
iniziata un'esperienza fantastica ed indimenticabile, fatta di molti ostacoli
ma anche di grandi soddisfazioni, dalla vittoria di alcuni concorsi
all'apertura di vari grandi nomi italiani, come Afterhours, Perturbazione, Meg.
Potrei
parlare per ore ed ore di questa esperienza che è stata fondamentale per me a
livello musicale ed anche umano.
Da
sempre ho avuto comunque anche l'idea di un progetto solista che, nel periodo
in cui abbiamo cominciato a discutere di una possibile fine del progetto
Melanie Efrem, è diventato sempre più forte e pressante e non ho avuto dubbi
nell'iniziare subito a buttarmi anima e corpo in questa nuova esperienza.
Davide
E i Melanie
Efrem… ? Continuano, si sono sciolti…?
Gianluca
I Melanie Efrem
purtroppo non esistono più. Dico purtroppo perché, ripeto, è stata
un'esperienza rivoluzionaria, in un certo senso, nella mia vita. Siamo arrivati
ad un punto in cui ci siam messi ad un tavolo per parlare, ammettere quali
fossero le aspettative e le perplessità di ciascuno e decidere "cosa fare da
grandi".
E
con grande sincerità qualcuno ha ammesso che non se la sentiva di andare
avanti, che non era una sua priorità. Sono stati gli stessi membri dei Melanie
Efrem a stimolarmi ad andare avanti e a puntare su uno stile più cantautorale.
Continuano
a seguirmi spesso e non escludo che in futuro possa riprendere qualche pezzo di
questo gruppo che mi ha regalato tante emozioni.
Davide
La nostra è una Repubblica fondata sul
lavoro
Ma se vado a lavorare muoio…
E
sì, "lavorare stanca"… Anzi di più, spesso uccide, in tutti i sensi. Per
altro sappiamo ora quel che pensa il ministro Brunetta: …La Costituzione va
riscritta anche nella sua prima parte, a partire dall'articolo 1 della
Costituzione, quello che recita "l'Italia è una Repubblica fondata sul
lavoro"… (SIC). Cosa ne pensi? Su cosa, su quali altri valori ti
piacerebbe che fosse rifondata la nostra Repubblica?
Gianluca
Sono
un cantautore e non un politico, e ci tengo al fatto che le due cose siano ben
distinte, perché non è questo l'obiettivo delle mie canzoni. Questa frase in
realtà vuole solamente sottolineare il fatto che ci sono dei valori
costituzionalmente riconosciuti, facili da sbandierare quando se ne ha bisogno,
ma che poi, nella realtà quotidiana del lavoro, vengono assolutamente
dimenticati, in termini di diritti e sicurezza sul lavoro.
Per riprendere il
titolo del cd, solitamente si parla di temi legati al lavoro quando succedono
tragedie che colpiscono l'immaginario collettivo, insomma quando fanno
audience. Questa canzone parla nello specifico del caso tragico della città di
Casale Monferrato, in cui davvero andare a lavorare all'Eternit, o anche solo
abitare nelle vicinanze della fabbrica, voleva dire andare a morire. Non è il
caso soltanto di Casale Monferrato, ma purtroppo son storie di cui si parla
troppo poco.
E
qui non c'entra la politica, la destra o la sinistra, ma è un problema di buon
senso.
Mi
verrebbe da dire, per rispondere alla tua seconda domanda, che tra i valori per
rifondare la nostra Repubblica bisognerebbe mettere al primo posto il buon
senso.
Davide
Hai
scritto dei bei testi. Prendiamone uno a esempio, quello di "Insanity Show"…
Ricorda un po' "Le pietre" di Gian Pieretti…
Se
sei ricco di famiglia, puoi finire in comunità,
se sei povero di famiglia, puoi finire in comunità.
Se mangi sempre troppo, puoi finire in comunità,
se ti pesi sempre dopo lo sbocco, puoi finire in comunità.
Se hai una madre troppo apprensiva, puoi finire in comunità,
se hai una madre che non si fa mai viva, puoi finire in comunità.
Se bevi troppo vino, puoi finire in comunità,
se bevi solo acqua, puoi finire in comunità.
Se sei sempre innamorato, puoi finire in comunità,
se vuoi stare solo e dimenticato, puoi finire in comunità…
se sei povero di famiglia, puoi finire in comunità.
Se mangi sempre troppo, puoi finire in comunità,
se ti pesi sempre dopo lo sbocco, puoi finire in comunità.
Se hai una madre troppo apprensiva, puoi finire in comunità,
se hai una madre che non si fa mai viva, puoi finire in comunità.
Se bevi troppo vino, puoi finire in comunità,
se bevi solo acqua, puoi finire in comunità.
Se sei sempre innamorato, puoi finire in comunità,
se vuoi stare solo e dimenticato, puoi finire in comunità…
Insanity
Show…
Tutto è il contrario di tutto, è spiegabile con tutto e può portare a tutto
… Qualsiasi cosa fai, qualsiasi ruolo hai, anche tu un giorno potresti aver
bisogno di aiuto…
e finire in una comunità… Ma almeno la patologia è democratica.
O
forse, "in questa nostra società che ha fallito", parli tra le righe
anche di una "patologia della democrazia"… Chi ti ha maggiormente influenzato
nella scrittura?
Gianluca
Ti
ringrazio per questa domanda e ti spiego il perché. "Insanity show" è una
canzone a cui tengo particolarmente, perché sono riuscito ad esprimere,
perlomeno nella mia testa, esattamente quello che volevo spiegare. È una
canzone che può essere facilmente fraintesa, a causa della sua atmosfera
apparentemente leggera e spensierata, ed invece credo che sia forse la canzone
più complessa ed in un certo senso cervellotica che ho scritto finora.
La
canzone può essere analizzata sotto due punti di vista. Da una parte è
centrata, come dici tu, su una certa patologia della democrazia, intendendo per
democrazia le nostre democrazie occidentali, che ci offrono un benessere
materiale e tecnologico formidabile, ma allo stesso tempo ci rende più deboli e
vulnerabili alle patologie, soprattutto di tipo mentale (moltissimi disturbi
dei nostri manuali psichiatrici non esistono in Africa, per esempio);
dall'altra parte prende in considerazione anche la faciloneria con cui un certo
tipo di psichiatria è solito incasellare qualsiasi comportamento in un nuovo
disturbo.
In
questo senso l'influenza maggiore per la stesura di questo pezzo mi è provenuta
da un libro di un famoso medico statunitense, Szasz, "Il mito della malattia
mentale", uno psichiatra fuori dal coro, profondamente avverso alla rigidità di
alcuni metodi, tanto da definire la psichiatria una pseudoscienza che vuole
operare un controllo sociale sulle persone e sul loro modo di essere. A
prescindere da quanto si possa essere d'accordo o meno una sua dichiarazione,
semplice ma incisiva, mi ha ispirato decisamente nella formulazione della
struttura del ritornello: "Se fumi troppo è una malattia; se sei infelice è una
malattia; se sei troppo magro o grasso, sono malattie".
Questa frase mi ha stimolato tutta una
serie di riflessioni. Riassumendo brevemente questa canzone è come se si
ponesse la domanda: è la nostra società che ci rende tutti più vulnerabili alla
patologia o è chi detiene la cura della patologia che riconduce qualsiasi
comportamento ad una possibile malattia? O come le due cose si influenzano a
vicenda?
Qualcuno
l'ha anche definita una sorta di nuova "livella": non è nemmeno più la morte a
renderci tutti uguali, come diceva Totò, ma la patologia.
Davide
Che
musica ascolti?
Gianluca
Sono
sempre stato profondamente infastidito dalle muraglie della categorizzazione
della musica in generi o in aggettivi, se non altro quando invece che
descrizioni diventano delle vere e proprie divisioni. Secondo me esiste
semplicemente una buona musica e una cattiva musica, una musica fatta con
motivazione artistica e un'altra fatta con motivazione industriale.
Io
ho sempre cercato in maniera istintiva e curiosa di prendere tutto il possibile
da qualsiasi musica del primo tipo. Posso dirti che fondamentali nella mia
formazione artistica sono stati in particolare nomi come Sonic Youth, Marlene
Kuntz, il cantautorato italiano, che ritengo il migliore del mondo (in
particolare De Andrè, Guccini e Gaber), Radiohead, Fluxus, Blonde Redhead e gli
A Perfect Circle.
Negli
ultimi anni la mia curiosità si è accresciuta ulteriormente, andando a toccare
anche realtà musicali che conoscevo un po' meno, come la musica popolare, la
storia dei cantori del Gargano per esempio, ma allo stesso tempo sto ascoltando
molta elettronica e industrial e il cantautorato sudamericano, che è davvero
affascinante e geniale.
E
come tutti vado a periodi: questo è il periodo della riscoperta di Bjork, Tom
Waits, Fossati e gli Shellac.
Ascolto
molta musica che apparentemente sembra centrare poco con quello che poi faccio,
ma come dicevo prima è il concetto e la motivazione che c'è dietro il modo di
fare musica che è uguale. E comunque sia dal momento che sono molto aperto a
qualsiasi sperimentazione non escludo che in futuro possano entrare nella mia
musica sonorità molto diverse da quelle presenti in questo primo disco.
Davide
A
me capita a volte di ascoltare o riascoltare qualcosa di così personalmente
evocativo da sentirmi togliere il respiro… Una sensazione tutto sommato
dolorosa e insopportabile. Mi è successo di recente riascoltando "How can I
go on" di Freddy Mercury e Montserrat Caballè. C'è una canzone che ti abbia
mai dato questa sensazione? Qual è la canzone, non necessariamente la più
bella, ma la più evocativa o importante per te?
Gianluca
Se
dovessi scegliere ne sceglierei due. La prima è "Paranoid Android" dei
Radiohead, perché con i suoi continui cambi di atmosfere è una canzone che mi
rappresenta parecchio. Quando la sentii la prima volta ricordo che mi dissi
"questa è la mia canzone".
La
seconda è "L'avvelenata" di Guccini. Anche in questo caso ricordo come fosse
ieri la prima volta che la sentii, nel periodo in cui cominciai ad
appassionarmi ai cantautori italiani e passavo giornate intere a curiosare tra
quelle cassettine di mio padre, che prima avevo sempre snobbato e visto come
cose noiose.
Misi
su quella cassetta e quando cominciò quella canzone me la inspirai tutta d'un
fiato e poi la riascoltai 6-7 volte, inghiottendo ogni singola parola, e pensai
che era una di quelle canzoni che avrei voluto scrivere io, una canzone che
descriveva perfettamente cosa era ed è tuttora la musica.
Davide
La
poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ne impiega troppo.
(Charles Bukowski)… È la canzone la giusta via di mezzo? Perché hai
scelto la canzone e non altre forme creative ed espressive?
Gianluca
Questa
è una domanda che sinceramente mi pongo spesso. Forse la risposta la sto
trovando proprio in questa citazione di Bukowski. Non ho mai pensato di
scrivere poesie, anche se qualcuno vede i miei testi come poesie; al contrario
ho spesso pensato di scrivere in altre forme più romanzate, racconti o qualcosa
del genere, e anzi ti dirò sinceramente che ho più volte cominciato a farlo,
fermandomi ogni volta puntualmente dopo poche pagine.
Credo
che la forma canzone sia la forma che più si addica al mio modo di scrivere,
che è un modo di scrivere e di riflettere molto istintivo ed intuitivo, carico
di immagini e stimoli molto concreti, come un quadro a schizzi.
In
realtà io ci metto pochissimo a scrivere; quando ho un'idea me la lascio a
bagnomaria nella testa per un po' di tempo, poi arriva un momento in cui sento
una sorta di segnale che mi dice che è arrivato il momento di scriverla e in
pochi minuti è fatta.
La
prosa richiede una maggiore costanza e progettualità che probabilmente in
questo momento non fanno parte del mio stile di scrittura e di approccio al
testo, ma non escludo che non possa farlo tra un po' di tempo, dato che è una
cosa che mi affascina molto.
Mi
piace molto spaziare nei testi di canzoni, ma forse non tutto è adatto ad
essere raccontato in una canzone.
Davide
"Sarà
che amo Torino ma mi sento più meridionale…" Rocchetta Sant'Antonio, paese a cui
sei molto legato, e Torino che ti hanno spinto a fare musica... Come?
Gianluca
C'è
un rapporto molto forte e continuativo tra me, Rocchetta e la musica. Quando
ero ragazzino e cominciavo a suonare timidamente la chitarra non mi osavo
cantare, nemmeno tra amici. Ma nelle tante estati passate in questo paese,
negli infiniti pomeriggi che io e un folto gruppo di amici passavamo a cantare,
pian piano ho preso coraggio, scoprendo di non avere una voce poi così male.
Non esagero se dico che forse, se non fosse stato per quei pomeriggi, non avrei
cominciato a pensarmi come cantante e cantautore.
Da
quando ho cominciato a pensare a questa nuova esperienza solista ho sentito di
nuovo riesplodere molto forte questo rapporto. Non è una caso forse che molte
delle canzoni che sono state poi inserite in "Storie a bassa audience" sono
state scritte proprio a Rocchetta. In un paese le "storie" sono più facili da
conoscere, a volte anche da modificare a proprio piacimento, ma vedi da più
vicino come i grandi problemi della società moderna si possono ripercuotere
nella vita quotidiana delle persone.
Con Torino ho un legame per ovvi motivi
ancora più forte e viscerale. Gli anni del liceo sono stati fondamentali per
tutto il prosieguo della mia "carriera" musicale ed erano anni di grande
fermento a livello musicale. In quel periodo ho cominciato a scrivere canzoni
un po' più mature, a confrontarmi con altri gruppi, a cercare di migliorare, a
frequentare concerti.
Anche
oggi l'inizio di un mio nuovo percorso cantautorale non pare casuale, dato che
in questo momento c'è una scena cantautorale molto interessante a Torino,
sfociata nella nascita di un collettivo di cantautori, dal nome "Minoranza
d'autore", di cui per l'appunto faccio parte.
Son
sicuro che tale rapporto con questi due luoghi continuerà ad essere molto forte
ed influente su ciò che continuerò a scrivere e registrare.
Davide
L'abitudine
dello scangianome è in realtà ancora viva al sud… Avendo io anche origini
irpine, conosco bene questa consuetudine che non risparmia nessuno. Sarebbe
bello farci un libro. Cosa significa per te riandare alle radici?
Gianluca
Mi
hai letto nel pensiero. È da un po' che penso di scrivere qualcosa su questa
tradizione che a me sinceramente piace moltissimo, perché permette di
ironizzare ed esorcizzare alcune caratteristiche negative o comunque
particolari della persona.
Per
me tornare alle radici significa passeggiare per le stradine, ascoltare i
racconti dei miei nonni, guardare i bambini giocare per strada e capire che
tutto ciò ha avuto un ruolo ben definito nella costruzione della mia
personalità, anche musicale.
Davide
Veniamo
alla copertina, ai disegni, agli schizzi sulla carta di quaderno a righe con
due spazi, quelle della terza e della quarta elementare, se mi ricordo bene…
Sono tuoi? Perché questa scelta che rimanda all'infanzia, ma anche all'Art
Brut?
Gianluca
La
copertina e tutte le grafiche sono opera del mio carissimo amico Andrea
Barnaba, dopo un lungo lavoro di scambio di idee e di provini.
La
scelta del form del quaderno delle scuole elementari riporta un po' a quei
primi quaderni di mie canzoni, che citavo all'inizio, e anche all'idea di
storie come fossero piccoli temi delle scuole.
Anche
per questo ho scelto di inserire all'interno del libretto citazioni con la mia
vera calligrafia, come fosse davvero un mio quaderno, il quaderno in cui imparo
a scrivere i miei primi temi.
Perché
è un po' così che mi sento e che ho vissuto l'uscita di questo primo lavoro.
Come i primi giorni di scuola, pieni di emozioni ma anche di dubbi, perplessità
ed enigmi sul futuro, ma vissuti comunque sia pienamente, a costo di essere
anche un po' ingenui.
Davide
La
Controrecords nasce nel 2009 e non è una etichetta come le altre ma un
collettivo di artisti. Ce ne parli?
Gianluca
Ne
parlo io anche se dovrebbe parlarne Davide Tosches che ne è stato il fondatore.
Come hai detto giustamente più che una vera e propria etichetta la
Controrecords è un collettivo che lascia all'artista il controllo esclusivo
della propria opera e la gestione completa della sua promozione, nei modi e nei
tempi che ognuno preferisce. L'obiettivo è quello di collaborare e di aiutarsi
per quanto possibile.
Come
ama dire Tosches, che è uno dei cantautori a mio parere più preparati ed
esperti del panorama cantautorale torinese, i contratti in Controrecords si
firmano con una stretta di mano.
Così
è nata per esempio la nostra collaborazione. Eravamo stati chiamati a suonare
insieme in una serata lo scorso luglio e ci siamo piaciuti subito.
Ci
siamo rincontrati, ne abbiamo parlato e ascoltato il mio cd ed eccomi a far parte
anche io di Controrecords.
Davide
Prossime
date dopo il debutto il 20 aprile allo Spazio 211 di Torino?
Gianluca
Prima
di tutto vorrei sottolineare che live suonerò con diverse soluzioni. Con la
band al completo, come allo Spazio211, e ci tengo a nominare i musicisti che
suonano con me perché hanno dato un'impronta importante sul sound del live,
entrando perfettamente nelle mie canzoni: Andrea Ghiotti (anche lui ex Melanie
Efrem) alla batteria, Emanuele Pavone al basso, Rocco Panetta alla chitarra, Silvia
Crovesio al piano e Eros Giuggia al sax.
Il
21 aprile suonerò poi da solo all'Arci Groove a Rozzano, in provincia di
Milano, insieme ad altri due cantautori della Controrecords, in una serata
organizzata da un cantautore milanese, Andrea Labanca.
Il
6 maggio sarò poi di nuovo a Torino, probabilmente in formazione da 2 chitarre
al Cafè Basaglia.
Ci
stiamo poi muovendo per l'estate, ma non abbiamo ancora date sicure.
Posso
invece già annunciare che abbiam gettato le basi per i prossimi due video che
saranno proprio delle due canzoni citate prima, "Articolo 1" e "Insanity show".
Davide
E
quali sono ora le tue aspettative di adulto?
Gianluca
Muoio
già dalla voglia di registrare un altro cd, per il quale, tra l'altro, ho già
molto materiale. Io, come inclinazione personale, ho la tendenza a non farmi
grossi progetti, e a vivere sul breve termine. Sto vivendo tutto quello che sta
arrivando in maniera entusiastica ma disincantata e credo continuerò così. Non
ho mai vissuto il mio rapporto con la musica in modo morboso. La mia è una
necessità più che un fine.
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:: Davide Riccio
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