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Intervista con Alessandro De Caro

16 min read
 
Il 29, il 30 e il31 marzo di quest’anno, al teatro Astra di Torino, andrà in scena “Le Baccanti”di Euripide, prima assoluta nella versione del Laboratorio I Benandanti. Inoccasione  della prima rappresentazione dello spettacolo, si svolgerà alleore 19 presso l’Astra-café un incontro con il prof. Guido Davico Bonino. Le musicheoriginali sono di AlessandroDe Caro, compositore e ricercatore torinese.
 

Euripide / I Benandanti

 
Note di regia di Alberto Oliva
 
Baccanti, rappresentatapostuma intorno al 406 a.C., è l’ultima tragedia di Euripide e una delle ultimedell’epoca d’oro del teatro ateniese.
Il cultodionisiaco, con il suo potenziale di follia distruttiva, fornisce lo spunto peruna riflessione sulla manipolazione nell’epoca dei mezzi di distrazione dimassa.
Dioniso promettevendetta a una città che non lo venera, ma lo fa con l’arma invisibile dellaseduzione e ottiene il consenso della gente, convincendola ad adottarecomportamenti e rituali inconsueti.
Le grandiistituzioni della società civile, la famiglia e lo Stato, si confrontano con unpotere sconosciuto e pervasivo, che ipnotizza il popolo mescolando in unasconcertante ambiguità il bello e il brutto, il fascino e il ribrezzo, ilpiacere e la paura, il bene e il male.
Una tragedia disconvolgente attualità: in scena l’apocalisse della società dello spettacolo,dove troppo spesso l’orgia mediatica si trasforma in un bagno di sangue davantiall’occhio vitreo e indifferente di milioni di spettatori assuefatti.
 

traduzionedi Maria Grazia Ciani

regiaAlberto Oliva

conIvana Cravero, AndreaFazzari, Fabio Marchisio, Marlen Pizzo e Rosanna Sparapano

progettoscenografico a cura del ProfMassimo Voghera e delle allievedel corso di scenografia teatrale della Prof.ssa Valeria Piasentà, pressol’Accademia delle Belle Arti di Torino, Elena Barberis, Giulia Bossone, BiancaCassinelli, Petra Filosa e Ariele Muzzarelli.

videoinstallazioniper la scenografia a cura di Fannidada

costumiMaison C&C

musicheoriginali AlessandroDe Caro

allestimentointerattivo foyer EnnioBertrand

organizzazioneAndrea Roccioletti,Marco Pozzi

fotodi scena Marco LaGattuta

locandinaClaudia Cravero

stafftecnico AndreaFigliolia, Carlo Roccioletti, Francesco Scarfì

 

Baccanti e ilteatro musicale del Novecento
di Alessandro DeCaro
 
Il rapporto tra ilteatro musicale e la tragedia classica non è mai stato facile, ma ha assuntovarie forme a seconda del periodo storico e della poetica adottata da specificiregisti e compositori. La natura della tragedia antica si presta, d’altraparte, ad una collaborazione stretta tra regia e composizione musicale, nonfosse altro che per l’eventuale presenza di elementi scenici corali o danzanti.
A fronte del fattoche le basi storiografiche riguardanti la tragedia greca sono sempre statemolto lacunose, le scelte stilistiche adottate riflettono inevitabilmente lavisione di un mondo “mitologico” rispetto al quale si adottanocomportamenti anche opposti, dalla messa in scena “filologica” a casidi totale reinvenzione persino del testo euripideo. Lo spazio temporale che cisepara dagli antichi è tale che, spesso, si ha l’impressione di conservarne undebole riflesso; la distanza dal “modello” è incentivata anche daprecisi aspetti formali, tra cui la preferenza per il racconto orale anzichéper l’azione scenica e la presenza, spesso elusa nelle interpretazioni moderne,del coro. Agli aspetti drammaturgici si aggiungono, naturalmente, leproblematiche musicali. Come si dovrebbe mettere in musica una tragedia come leBaccanti? Quanto si dovrebbe tenere conto della musica greca antica? È possibileuna visione d’insieme, che tenga conto sia della tradizione, magari rielaboratacon nuovi strumenti, sia del mondo moderno?
 
In ambito musicalenon sono mancati tentativi interessanti e originali di avvicinamento allatragedia greca. Per esempio è il caso di un compositore come Egon Wellesz(1885-1974), con il suo Die Bakchantinnen, un lavoro scritto incollaborazione con Hoffmansthal, uno scrittore molto attento al mondo antico.L’idea di Wellesz, come spiega il musicologo Roberto Russi nel suo saggio Levoci di Dioniso. Il dionisismo novecentesco e le trasposizioni musicali delleBaccanti (EDT), era di affrontare il problema di una classicità, nonsoltanto teatrale, che sembrava aver abbandonato il gusto del pubblico, in uncontesto sociale difficile come quello europeo tra anni Venti e Trenta. Essendoun profondo conoscitore di mitologia greca e dell’opera barocca, Wellesz erasensibile a ciò che, con Wagner, diventerà una commistione di voci, coro, danzae orchestra intimamente protesa a restituire un senso alla tragedia, giocandosulla componente “eroica” e anche religiosa dell’atto teatrale:”Il mito non è utilizzato come se fosse lontano, inattingibile”scrive Russi “Wellesz cerca di attualizzare, attraverso la musica, ilretaggio umano del passato riversandolo in quello dei nostri giorni. L’azionedell’opera e le sue figure devono essere disegnate in linee il più possibilesemplici. Il tempo dello svolgimento drammatico è un qui-e-ora, lo stesso dellatragedia antica (…) Wellesz risacralizza il mito, quello di Dioniso inparticolare, e persegue l’identificazione di mito ed etica; in DieBakchantinnen non c’è nessuno sconfinamento nell’erotico e neanchenell’ambiguo (come invece nell’atto unico di Schnitzler Das Bacchusfest,del 1914), ma la promessa di un nuovo mondo, di una nuova umanità”.L’aspetto curioso è che, nello stile di Wellesz, confluiscono sial’espressionismo dell’epoca (Berg, Schoenberg) che il classicismo inteso comefuga da ogni eccesso spettacolare, puntando sul carattere rituale dellatragedia e, quindi su costanti riferimenti alla musica greca; a ciò si aggiungeun uso accorto e suggestivo del coro, concepito come un gruppo di singole voci,ciascuna con la sua personalità, che possono interagire con la scena dandolerilevanza plastica e sonora.
 
Spostandoci intempi più recenti, la posizione di H.W.Henze, come compositore di TheBassarids (1966), è problematica per via della sua presa di distanza neiconfronti dell’influenza di Wagner sul mondo teatrale, nonché rispettoall’avanguardia musicale (dodecafonia) che, a suo avviso, rischiava di portareal dogmatismo. Perciò le idee di Henze a proposito della tragedia greca sono all’insegnadi un duplice anticonformismo: invece di esaltare una dimensione mitologica maavulsa dalla storia recente, Henze opta per l’attualità politica e la sobrietàdella messa in scena, e incarica i due librettisti, il poeta W.H.Auden eC.Kallman, di riscrivere le Baccanti secondo un forte orientamento sociale,allo stesso tempo critico e attento nei confronti degli aspetti etici e nonsoltanto musicali. D’altra parte, lo scopo di Henze non era quello di fareun’opera d’avanguardia, come si dice, quanto di riuscire a trasmettere unmessaggio che fosse conforme alle presunte idee di Euripide: in particolarmodo, il lavoro compositivo sottolinea gli elementi umanistici della solitudinedell’uomo e del suo dubbio sul potere dell’arte. Ne deriva un rinnovatoritratto dei rapporti tra i personaggi, specialmente nel confronto finale traDioniso, Cadmo e Agave, e un’interpretazione della figura di Dioniso che nonpossiede più il carattere idealistico che aveva nei lavori di Wellesz o dialtri compositori del primo Novecento. Russi sottolinea questo passaggio quandoscrive: “Il ritratto euripideo di una possibile arbitraria ingiustiziadegli dei e la sua presunta posizione critica e scettica nei confronti delculto dionisiaco diventano il fulcro attorno a cui ruota l’interpretazione dellibretto”. Anche grazie al lavoro letterario di Auden e Kallman, Henzecostruisce, in questo modo, “uno splendido dispositivo per musica che siillumina di nuovi significati e valenze”.
 
A differenza diHenze, l’attività del compositore Iannis Xenakis (1922-2001) è semprestata all’insegna della ricerca più radicale, avvalendosi di complesse teoriescientifiche e matematiche che fanno della sua opera una sorta di laboratoriopermanente sul suono e sulle tecniche compositive. Il teatro riveste, comunque,un ruolo importante nella discografia di questo compositore di origine greca.La sua opera Les Bacchantes d’Euripide (1993) non appartiene, com’èstato notato, al teatro musicale ma piuttosto alla musica da camera. Tuttavia,non si può eludere per via della ricerca sul canto antico, comune anche allapiù nota Oresteia (1966). Forse un esempio accostabile per valoreestetico e riuscita emotiva, nell’ambito della musica vocale, è Stimmung diK.Stockhausen (1928-2007). Sono dei chiari segni che la musica contemporanea,sotto diversi aspetti, non ha dimenticato l’antica Grecia e, anzi, non smette dielaborarne l’attualità. Un’opera più recente è Cassandre di MichaelJarrell (1958), dal testo di Christa Wolf, andata in scena come melologo(voce recitante e orchestra) nell’ottobre 2010 presso il Piccolo Teatro diMilano.
 
Se cerchiamo, però,degli esempi nella musica elettronica pura e semplice, tutto diventa piùdifficile. Oggi per “elettronica” si tende a pensare ai fasti spessoeffimeri del deejay, comprese certe campionature di brani di musica contemporaneache raramente sono interpretazioni musicalmente attente. Eppure tra il suonoelettronico e Dioniso ci sarebbe più di un’analogia, se è vero che “il concettodi dissonanza e quello di gioco, il montaggio e lo smontaggio del mondo possonoessere facilmente messi in rapporto, nell’ottica della modernità, con il ruolodell’ascoltatore, del lettore, dello spettatore di fronte all’opera d’arte”(Russi). Dioniso, in sostanza, si candida bene come il dio del modernismo edella sperimentazione. La musica elettronica di ricerca ha, comunque, una lungastoria alle spalle e non è priva di intenti “letterari”, comedimostrano i lavori per voce e orchestra di Luciano Berio e, più direcente, l’attività del Teatro del Suono di Andrea Liberovici o le operedi un compositore come George Aperghis.    
 

29 marzo 2011alle 21:00 presso Teatro Astra – Torino
30 marzo 2011 alle 19:00 presso Teatro Astra – Torino
31 marzo 2011 alle 21:00 presso Teatro Astra – Torino

 
Intervista
 
 
Davide
Ciao Alessandro. Anzituttograzie per avermi fatto ascoltare in anteprima alcune delle musiche di scenaper questa versione de “Le Baccanti” di Euripide. La definizione di musicaelettronica oggi è molto incerta, si applica a troppe musiche diverse: daStockhausen alla techno, per esempio, non credo esserci alcuna continuità, né contiguitào affinità. Perché una musica sia elettronica (almeno tornando al sensooriginario), non basta che la strumentazione sia elettronica (sennò finiremmoper classificare elettronica anche “Piemontesina bella” se suonata suuna tastiera elettronica). A quale elettronica e a quali principi dielettronica fai riferimento tu?
 
Alessandro
Penso siadifficile, oggi, sentirsi sostenuti da orientamenti musicali “forti”, da ideeportanti come ai tempi delle avanguardie, almeno fino agli anni Settanta. Ilproblema, a mio parere, sta in quel filo che collegava teoria e pratica e che,da qualche tempo, si è spezzato. Questo comporta, da parte dei musicisti, unimpegno notevole se non vogliamo, semplicemente, abbandonare la ricerca.
Io credo che faremusica sia anche un fatto di pensiero, non soltanto un oggetto di “consumo”culturale. Perciò mi sono orientato verso quella musica che ha ereditatoqualcosa da maestri come Xenakis o Ligeti, per i quali il suonoera un’entità in continua evoluzione. Non sono tanto i mezzi a fare la differenza,orchestra o sintetizzatori, credo, ma l’approccio al suono…Il fatto disottoporsi a lunghe ore di elaborazione pur di trovare il corpo sonoro giustoper una composizione. Oggi, comunque, la scena della musica elettronicainternazionale è davvero molto sviluppata ed è difficile tenerne conto.
 
Davide
Xenakis, Maderna,Bussotti, Nono, Ligeti, Boulez, Grossi… La loro musica elettronica era basatasulla composizione. Quei compositori cercavano anche di scriverla, inventandouna  apposita semiografia musicale. La musica elettronica degli ultimi tempi inveceè spesso basata sulla improvvisazione, sulla registrazione di suoni più o menoimprovvisati e ineffabili, o suonati, selezionati e programmati “a orecchio”,stratificati su nastri o su piste virtuali di vari sound editor, sui sequencerecc. …quindi difficilmente rieseguibili senza memorie elettroniche dagli autoristessi e ancor meno da altri esecutori.  Qual è il tuo approccio allacomposizione elettronica?
 
Alessandro
Quello che dici è vero,c’è un certo “feticismo” tecnologico in giro. È difficile evitarlo, come inaltri settori produttivi o creativi. Ma anche se esistono software di editing moltosofisticati, la memoria del suono per me deve passare anche per il tramitedella scrittura. Penso che i migliori software siano quelli che non dimenticanoquesto lato artigianale. È l’aspetto che mi interessa di più, attualmente. Iotendo a scrivere molto, perché la scrittura o il fissaggio tramite segni”astratti” – contrariamente a quanto sostiene Michel Chion, non credo che laregistrazione sia sufficiente – ti fornisce una visione dall’alto e uncontrollo sul tuo modo di comporre che non è paragonabile all’impaginazioneprovvisoria e limitata di un sequencer.
Molto dipende,però, dal genere di musica che si compone. Ci sono anche dei momenti perl’improvvisazione, per esempio in Kirielle esiste un margine dove uninterprete potrebbe metterci qualcosa, per esempio un assolo… Mi piace molto l’ideache qualcun altro completi per conto suo un’opera, ma per il momento non hoancora fatto quest’esperienza.
 
Davide
Mi ha colpito moltoil fatto che un teatro, in questo caso l’Astra di Torino, o una compagnia di teatro,quella dei Benandanti,abbiano commissionato una musica di scena. Oggi in teatro non si usa quasi piùcommissionare delle musiche…Un po’ quello che è successo anche nel cinema, dovespesso si fa prima a usare musica e canzoni pre-esistenti.
 
Alessandro
Si tende spesso aconfezionare un evento culturale con della musica già pronta, è tristemente vero.
Con i Benandanti,invece, è andata in senso opposto: mi hanno chiesto un lavoro musicale studiatoad hoc per Baccanti di Euripide. La scelta è, penso, feliceperché nel caso della tragedia greca lo spettatore può faticare a immergersi inun mondo che gli può apparire distante e, perciò, difficile da comprendere. Lamusica “costruisce”, si può dire, una scena mentale, come accade anche nelcinema. 
 
Davide
Come ti sei posto incontinuità o meno rispetto alle opere elettroniche già dedicate alle Baccantidi Euripide, quelle di cui hai parlato nell’articolo (di cui sopra)?
 
Alessandro
È una domandadifficile. Alle difficoltà culturali, in un lavoro su commissione si aggiungonole esigenze pratiche che, in qualche modo, possono contrastare con la ricercapura. Queste esigenze, però, si possono sovrapporre in alcuni punti specificidel lavoro e così la continuità con una certa tradizione musicale io la ritrovoa frammenti, caso per caso.
La parte piùinteressata dalla tua domanda, nella musica per Baccanti, credo sia ilbrano d’inizio che apre la tragedia di Euripide. Mi è stato chiesto uncrescendo per sottolineare il discorso di Dioniso ai cittadini di Tebe…Ma anzichéun crescendo di gusto sinfonico, “romantico” – sarebbe stato fuori luogo,considerata l’epoca degli eventi-, ho preferito giocare sul timbro e sullalinearità dei gruppi ritmici in modo da esaltare il suono e le dissonanze senza,però, dimenticare l’armonia. Dopo pochi minuti la musica si ramifica secondopercorsi sempre più atonali, come se si disfacesse lungo il cammino… L’esito,in fondo, non è diverso da molto musica atonale, persino con un pizzico diclassicità. Molte idee musicali le ho recepite ascoltando musica contemporanea,per esempio Xenakis o Boulez, grandi compositori ma anche notevolifilosofi del suono… Da loro s’impara sempre moltissimo, ogni volta in mododiverso. La complessità, va da sé, mi affascina. La differenza è che io”traduco” tutto con i sintetizzatori, non potendo permettermi, al momento, unensemble.
 
Davide
Le Baccanti eDioniso hanno molto ispirato compositori contemporanei ed elettronici… Levoci di Dioniso. Il dionisismo novecentesco e le trasposizioni musicali delleBaccanti di Roberto Russi è perfino un intero saggio al riguardo. Forse è proprioa motivo di Dioniso? Che parallelismo si potrebbe tracciare tra Dioniso emusica elettronica?
 
Alessandro
Dioniso è il diodell’ebbrezza, della liberazione dai vincoli e dalle leggi, il suo nome indicala possibilità di aprirsi a tutto ciò che è diverso da noi, dalla comunità dicui facciamo parte. Con Dioniso sei costretto a lasciare ogni sicurezza, quindi,a viaggiare. Ma l’aspetto interessante per un musicista, forse, è il fatto cheDioniso è una figura ambigua, sfuggente… Gli studiosi di mitologia spieganoche, di per sé, Dioniso era un dio privo di un’identità precisa, amava molto itravestimenti e spingeva gli altri a superare i limiti imposti dall’abitudine. Diversamentedalla tradizione cristiana, lo scopo della “purificazione” dionisiaca non eralegato, tra l’altro, all’idea di colpa o peccato…Però rimane l’idea di un Altrovea cui accedere, quindi l’idea del sacro. Credo si possa pensare un accostamentotra il suono elettronico e il dionisiaco perché il suono preso come elementobase della musica si presta a diventare una scultura sonora in perennemutazione, che non fornisce certezze e non si appoggia alla tradizione musicalecon le sue norme e i suoi rituali accademici. Ma proprio perché c’èdell’ambiguità in Dioniso, può accadere- raramente, a dire la verità- che ilsuono elettronico si presti a composizioni in cui dialoga con gli strumentitradizionali, come in certe composizioni elettroacustiche.
 
Davide
Nietzsche… Si puòdefinire Bach uno spirito apollineo, Beethoven uno spirito dionisiaco? Tu dache parte delle due ti poni? 
 
Alessandro
Se ti devorispondere a bruciapelo, io sto dalla parte di Bach sia per i suoi aspettiapollinei che per quelli dionisiaci. Infatti, come sai, apollineo e dionisiacosono due aspetti complementari che coesistono nell’immagine dell’uomo greco cheNietzsche ha contribuito a mantenere viva. D’altra parte, quando ascolti Bachad un certo punto esci dal tempo cronologico, ma senza mai andare “fuori tempo”!È una specie di estasi programmata, forse è già la cibernetica…
 
Davide
Ti occupi di musicaelettronica anche nel blog Eventi del suono. Qui è per altro possibileascoltare alcune tue composizioni. Molto belle le All variations of incompletemusic che traggono origine da un’opera visiva di Sol LeWitt,basata sulla scomposizione di un cubo: frasi musicali che restano “aperte”ad ogni combinazione possibile, creando all’ascolto un effetto circolare e permutativo.Parlando di termini ormai fraintesi, non solo l’elettronica, ma anche lamusica minimale oggi si confonde con il termine “minimal” delle discoteche… Cosati piace della musica minimale (quella vera)?
 
Alessandro
Trovo entusiasmantile prime opere minimaliste, come Einstein on the beach di Philip Glasso Music for 18 musicians di Steve Reich. L’idea di fondo è lastessa della scultura minimalista, per esempio Sol LeWitt: occorre fare ilmassimo con il minimo possibile per rendere percepibili le strutture sonoreanziché avvolgerle in un linguaggio esoterico. È una direzione opposta a certa musicaeuropea, in particolar modo la musica seriale (Boulez, Clementi) dove ildiscorso delle forme è così complesso che si presta più che altro ad un ascoltocon partitura alla mano, quello che Adorno chiamava “ascolto ridotto”.
Io apprezzol’immediatezza del minimalismo, la sua forza semplice e diretta. Sento unagrande energia nel lavoro dei minimalisti che hanno iniziato a comporre neglianni Sessanta e che deriva, credo, dal fatto di scarnificare la frase musicale “classica”,legata com’è ad un’espressività diventata retorica, e di puntare sullacostruzione del tempo dell’ascolto. Il pubblico, allora, partecipa in mododiverso rispetto a una musica che occorre “decifrare” sullo spartito perapprezzarla.
 
Davide
Cos’è Weare making digital art?
 
Alessandro
Weare making digital art è un collettivo artistico di cui faccio parteinsieme a Ennio Bertrand, il gruppo Micron, Pietro Mussini e Fannidada. Cioccupiamo di arte digitale, video e installazioni. La scenografia di Baccanti,ad esempio, deve molto al lavoro video di Fannidada.
 
Davide
Torniamo alle Baccanti di Euripide… Dellamusica dell’antica Grecia non è rimasto quasi nulla. La notazione vocale grecaimpiegava i segni dell’alfabeto greco maiuscolo. La notazione strumentaleimpiegava invece i segni dell’alfabeto fenicio diritti, inclinati o capovolti.Si calcola che siano pervenute così poche melodie greche (35 frammenti supapiro datati tra il 250 a.C. e il 300 d.C.) da non poter formare nemmeno unodei pezzi più brevi di Bach. Prima di queste date è certo ancora l’uso dellamemoria degli artisti. Qualcosa di più forse si sa dei suoni, grazie alla ricostruzionedi strumenti attraverso descrizioni scritte o dipinti. Soprattutto il suonoperduto, quindi ormai misterioso,  dell’antica Grecia, così come di tutte lepiù remote culture, non può essere interpretato da violini, violoncelli oclarinetti… Meglio il suono inaudito dell’elettronica, anche per l’uso dimicrotoni nelle diverse modalità di intonare gli strumenti? Come haiconsiderato l’antica musica greca in questo lavoro?
 
Alessandro
Meglio il suonoinaudito e misterioso, sono d’accordo con te. D’altra parte il nostro orecchioè abituato, ormai, a sonorità che sono impensabili per il mondo antico. Eviceversa, l’universo sonoro dei Greci ignorava buona parte di ciò che per noiè abituale. Per il musicista è, allora, una sfida notevole e quasi impossibile…Il mio approccio alla musica greca non è stato filologico perché non ne avreiavuto il tempo. Però documentandomi ho letto alcune pagine della partitura di Die Bakchantinnen di Wellesz,uno dei compositori che si sono cimentati con Euripide. Qualche idea musicalemi è arrivata da lì, come le ottave ribattute o le terzine ritmiche, più ingenerale una certa ieraticità che volevo mantenere anche nel mio lavoro. Per lepercussioni, invece, ho scelto di campionare strumenti antichi originali maanche di servirmi, talvolta, di percussioni acustiche più moderne.

Davide
Grazie alla cantataKyrielle sei stato di recente invitato a Monaco (di Baviera). LaGermania ha tutta un’altra storia con l’elettronica, che mantiene e avanzaanche al presente… E così in altri paesi del Nord Europa. Tu, che sei attrattodalla cultura Pop (nel senso più “warholiano”)… come ti poni di fronte al fattoche invece fai musica che finisce solo in certe “nicchie”? 
 
Alessandro
In Germania e inEuropa non soltanto la musica ma la cultura che orbita intorno ai new media(video, installazioni, web art, soundscape, etc.) è consolidata ed è sostenutadai circuiti sociali dove puoi farti conoscere, come il New Media Art Projectdi Colonia che ha organizzato l’ultima edizione del SoundLab, al quale ho partecipato con Kirielle.
In realtà, io non sonosicuro di appartenere ad una “nicchia”… Penso che le nicchie si formano spessoin base alle competenze musicali: se puoi muoverti dalla musica classica aquella elettronica, e viceversa, il contesto ti vincola molto meno che se tidedicassi esclusivamente ad una delle due. Tuttavia, mi piace anche l’aspettodel laboratorio per iniziati, ogni tanto. 
Quanto alla popculture la ritrovo in tante cose, è vero, a cominciare dal fatto che faremusica con il laptop è terribilmente “pop”! Scherzi a parte, credo che sia ilminimalismo di cui parlavamo prima a rispecchiare bene l’approccio pop nelcontesto della musica contemporanea. È la sua apertura verso il pubblico, e ilgrado di empatica che riesce a produrre… Penso a certe musiche di Glass, Nymano Terry Riley. Giusto per citare i più famosi, naturalmente, visto che inAmerica esistono compositori che da noi non arrivano nelle sale da concerto. 
 
Davide
Altri progetti nelcassetto? 
 
Alessandro
Dopo l’orgiamusicale di Baccanti, inebriante ma impegnativa, vorrei tornare allasobrietà…Ho un progetto nel cassetto, un brano basato su alcune poesie di PaulCelan, dove userò molto la voce sintetica e suoni più rarefatti, sarà come unaspecie di viaggio nella memoria. 
 
Davide
Grazie … à suivre.

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