KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Nella casa

3 min read
 

"Nella casa", titolo originale “Dans la maison” (2012) è un film che, a suo modo, compie una vera e propria rivoluzione di genere, lasciandosi definire, forse felicemente, un "thriller dell'ordinarietà". In questa casa francese infatti, dove vive una normale famiglia francese, accade di tutto, da un'iniziazione erotica alla nascita di un' amicizia, puntellata su opportunismi ma anche su vivaci curiosità adolescenziali eppure, in realtà, non succede mai nulla di eclatante se non quello che il protagonista-ospite vorrebbe che accadesse per trasformarsi in un competente narratore. All'interno di questa villetta di una middle class europea un po' parvenue infatti, non esistono particolari mostruosità, non si tratta di una casa-bunker né tantomeno della casa degli orrori se non, appunto, di piccoli orrori ordinari e quotidiani che, come sempre nel cinema di François Ozon, si rivelano tra le maglie di una confusa sessualità e quelle di un crudele sarcasmo, oltremodo resi attraenti dal personaggio borghese e apparentemente sfocato della sensuale Emmanuelle Seigner.

L'intrusione nelle vite altrui, dall'omonimo film francese “Le vite degli altri” fino al malinconico “Ferro3” di Kim Ki Duke, senza tralasciare “La finestra sul cortile”, non sono materia nuova sia in campo cinematografico che letterario ma il voyerismo con la complicità morbosa di un simpatico professore, il divertente Fabrice Luchini, svampito e un po' ingenuo, quanto disperatamente bisognoso di scovare alunni talentuosi, è più insolito. Nel caso del giovane discente smaliziato, assistiamo ad un'ulteriore iniziazione, quella alla vera arte o meglio, a quel tipo di letteratura che, andandosi a collocare tra l'osservazione della vita e la sua ricomposizione in chiave mimetica, incide nella realtà fino a modificarne i connotati, fino a renderla appunto, profondamente artistica, interscambiabile. Questa dinamica si sviluppa sicuramente per amore di verità ma ancor più per rendere il cosiddetto "orizzonte d'attesa" dello scrittore, il vero nodo dell'immaginario letterario e della creatività, necessario per evitare che la lettura, anziché restituzione di vitalità, diventi sprofondamento nella noia e nella banalità. Il racconto che salva dalla morte, come quello delle citate “Mille e una notte”, non è il racconto tout court, ed è proprio questa la sottile finezza del plot, quanto piuttosto la storia avvincente, la narrazione seduttiva, quella che, appunto, cambia la vita rinnovandola.  Anche in questo film Ozon ripropone le sue tematiche usuali con usuale sferzante ironia da comédie humaine e va oltre rimodulandole con sottili stilettate sociali, pedagogico-educative e comunicative che, dietro il velo dell'apparenza, rivelano mondi ulteriori e complessi. Come in “Sotto la sabbia” (2000), primo film del cosiddetto ciclo del lutto, l'etica borghese è sempre un'etica umana vincolata alle sue convenienze sociali ma l'interazione di classe smussa e sfalza  quella che appare come verità assoluta. Ogni punto di vista è sempre un falsopiano, caleidoscopico come è giusto che sia la realtà laddove se ne vogliano indagare in profondità i risvolti. La vita, così come l'apparenza dell'esistere, ha confini sottili. In quest'ultima opera, il ruolo di protagonista spetta comunque al desiderio, quello che avvince e viene avvinto dal potere seduttivo dell'immaginazione. L'arte e il suo apparato fatto di conoscenza e fantasia allora, potrebbe moltiplicare il numero effettivo delle vite vissute, renderle più appaganti, complete. “Se sai sei”… suonava più o meno così il monito di Don Milani quando diede alle stampe nel 1967, ormai in fin di vita e aiutato dai ragazzi della scuola di Barbiana, la famosissima “Lettera a una professoressa”.

Commenta