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Riscrivere la storia

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Riscrivere la Storia

Recenti statistiche affermano che con il crescente sviluppo demografico è calato in proporzione il numero delle nuove scoperte, brevetti ed invenzioni. Sembrerebbe esserci una stasi del progresso, tutto quello che poteva essere inventato è stato inventato, quello che doveva essere scoperto è stato scoperto, tutte le rivoluzioni culturali, scientifiche, e tecnologiche alla nostra portata sembrerebbero essere state già attuate. Ma è veramente così?

Certo, guardando indietro e ripensando alle starordinarie scoperte di vaccini e cure mediche, al totale ribaltamento delle cognizioni geografiche, alle strabilianti rivelazioni astronomiche, alle grandi esplorazioni e conquiste del passato, alle rivoluzionarie teorie evoluzionistiche, al periodo ricco di scoperte e invenzioni che portò all’affermazione dei nuovi mezzi di trasporto come aerei, treni a vapore, automobili e translatici, non sembra davvero possibile fare di più.

Se si pensa alla Torre Eiffel, all’Esposizione Internazionale, al Ponte di Brooklin, alla diga di Assuan, alle meraviglie tecnologiche di viadotti, ferrovie ed aereoporti, all’accresciuta facilità degli spostamenti, dove ora bastano poche ore per effettuare un viaggio che solo cento anni fa richiedeva sei mesi, sembrerebbe davvero che nulla di altrettanto rivoluzionario potrebbe, oggi, essere ancora scoperto.

Siamo andati sulla Luna e forse esploreremo presto Marte, siamo vicini a svelare i segreti della clonazione e dell’ibernazione, la durata della vita umana, grazie alle scoperte scientifiche, si è triplicata, esistono medicinali di ogni tipo, le grandi malattie che hanno funestato il mondo come la lebbra, il vaiolo, e la peste, sembrano oggi definitivamente sconfitte, la robotica ha fatto passi da gigante, la microchirurgia ha raggiunto una perfezione tale da riuscire a salvare vite che solo dieci anni fa sarebbero andate perdute, la diagnosi precoce e neonatale ha raggiunto livelli appena ieri assolutamente impensabili.

Sembrerebbe davvero che l’uomo, a questo punto, sia in possesso di tutti i segreti dell’Universo, in grado forse soltanto di perfezionare e migliorare scoperte già effettuate.

Eppure, a guardarsi indietro con attenzione, si scopre che nel periodo di grande entusiasmo che seguì la rivoluzione industriale, nell’epoca in cui l’uomo passò come un fulmine, dai carri dei pionieri ai cavalli a vapore, dalla mongolfiera al jet supersonico, dal telefono di Meucci al cellulare e dall’automobile a manovella all’astronave, qualcosa, nella sicumera del progresso, è andato perso.

Ecco che allora oggi, in carenza di nuove frontiere da valicare, la sete di conoscenza dell’uomo si volge al passato, alla ricerca di segreti forse troppo a lungo ignorati, di spiegazioni offerte troppo frettolosamente, di teorie adattate forzatamente ai fatti, di ipotesi che non sempre coincidono perfettamente con i dati disponibili.

E, come per confermare che in tutti i campi l’eccesso di sicurezza è sempre deleterio, ci si imbatte ancora in sorprendenti rivelazioni, si sollevano interrogativi stimolanti, si rivisita la storia ridisegnando temporaneamente nuove mappe che, in mezzo allo scettiscismo generale, potrebbero forse essere più aderenti al vero delle interpretazioni classiche.

Sotto questa nuova luce, spinti dalla dal desiderio di inquadrare perfettamente fatti finora poco considerati, si analizzano i misteri insoluti del passato, e soluzioni inconcludenti e poco convincenti che andrebbero meglio riesaminate.

Gli interrogativi sono praticamente infiniti, se si decide di abbandonare i preconcetti e si rammenta che anche Cristoforo Colombo non fu creduto quando narrò di aver toccato terra a quella latitudine, che una volta si riteneva che la terra fosse una gigantesca lastra piatta appoggiata sull’infinito, che Leonardo Da Vinci fu preso per visionario quando disegnò gli schizzi dei primi elicotteri, che anticamente gli studi di anatomia erano considerati sacrileghi tanto che i medici erano costretti a trafugare i cadaveri dai cimiteri, che i dottori in corsia effettuavano le visite ginecologiche subito dopo aver eseguto un’autopsia senza nemmeno lavarsi le mani e che parlare di virus e batteri era come mettersi a discutere sui fantasmi.

La parola d’ordine allora è “soluzioni non convenzionali”, a ben guardare infatti le domande sono sempre le stesse, ma si cercano nuove risposte, più convincenti e maggiormente aderenti alla realtà, rammentando che, nell’interesse della Scienza, è inutile distorcere le teorie e forzarle ad adattarsi ai fatti, ma occorre individuare ipotesi che siano perfettamente compatibili e coerenti con tutti i dati disponibili.

Così si guarda con mutata attenzione e maggiore rispetto alle antiche leggende del passato che troppo frettolosamente erano state archiviate come “stupide superstiziosi”, si osserva con rinnovata meraviglia le tracce delle civiltà preistoriche forse liquidate con eccessiva superficialità, ci si rassegna ad accertare come reali anche testimonianze che ancora non sappiamo comprendere, piuttosto che ficcare, come gli struzzi, la testa nella sabbia e negarne pervicacemente perfino l’esistenza.

Sono questi gli anni dei grandi Misteri, gli anni in cui si è registrato il maggior numero di avvistamenti ufologici, in cui gli studi sui fenomeni paranormali sono intrapresi seriamente, in cui si riesaminano i fatti del passato sotto nuova luce, in cui si riconsiderano eventi bellici, rivoluzioni sociali, personaggi storici, evidenziando aspetti che finora la propaganda e le tendenze culturali avevano occultato con ostinazione, fino quasi a cancellarne ogni traccia.

Quello che non si comprende viene comunque esaminato obiettivamente, nel tentativo di giungere a una soluzione che forse di fatto apparterà solo alle generazioni future, ma la cui ricerca rimane comunque da sola uno stimolo sufficiente per proseguire il cammino della conoscenza, a ripartire proprio dal passato.

Ecco che allora Atlantide non è più un mito banale riportato da Platone ed amplificato dagli storici, ma si cercano le tracce di un’antica civiltà straordinariamente evoluta e progredita che veramente potrebbe essere esistita in un lontano passato per poi estinguersi improvvisamente fino a scomparire perfino dalla memoria dell’uomo.

Il Triangolo delle Bermuda e i numerosi disastri navali ed aerei avvenuti in quell’area di 2.500 Km non sono più fantomatiche leggende inventate per motivi di propaganda editoriale da qualche scrittore troppo ricco di fantasia, ma ci si pone con rinnovata attenzione a ricercare le cause di un qualche tipo di anomalia in quella zona, forse di origine magnetica.

E infiniti ancora sarebbero gli esempi di interrogativi irrisolti, sollevati e liquidati con superficialità, o addirittura completamente ignorati, e riseppelliti nel passato.

Come fu in grado nel 1500 l’ammiraglio Piri Reis di disegnare con ammirevole precisione una dettagliata mappa delle coste emerse del Nord America in un’epoca in cui queste erano letteralmente coperte dai ghiacci e non visibili nella loro reale morfologia? Ereditò forse una mappa precedente, terribilmente antica, di popolazioni che vivevano più di 3.000 anni prima di Cristo e che conoscevano quelle terre quando ancora non erano ricoperte dalla crosta artica? Oppure la mappa fu disegnata davvero nel 1500 da qualcuno che era in possesso delle raffinate strumentazioni che solo oggi consentono di vedere la terra così com’è tratteggiata sotto le lastre ghiacciate del pack?

Chi ha costruito, e poi sepolto, le gigantesce e leggendarie teste degli Olmechi, che erano probabilmente già lì quando le popolazioni preincaiche si insediarono nel SudAmerica? E soprattutto come ha fatto una civiltà preistorica a erigere monumenti in pietra di quelle straordinarie dimensioni e del peso di svariate tonnellate?

A chi appartengono le Piramidi erroneamente attribuite agli Egizi e che invece sembrerebbero appartenere a una datazione estremamente più antica, costruite anch’esse con massi di gigantesche proporzioni, erette per durare nei secoli, e progettate secondo criteri astronomici e calcoli di sofisticata precisione? E soprattutto per quale motivo furono costruite con tanta cura e con un simile sforzo ingegneristico, se non per lasciare un qualche tipo di mappa, messaggio o codice cifrato alle generazioni successive? E se davvero è così, quale potrebbe essere questo messaggio e come mai una cultura tecnologicamente avanzata come la nostra non è ancora riuscita a decifrarlo?

Chi furono i misteriosi abitanti dell’Isola di Pasqua, 2.500 chilometri al largo delle coste del Chile, che eressero i giganteschi guardiani di Pietra denominati Moai, staordinariamente simili alle teste degli Olmechi, ricavati da blocchi di pietra di centinaia di tonnellate, alti come palazzi, e trasportati per decine di chilometri dalle cave situate all’interno fino alla costa? E chi distrusse queste imponenti sculture se nel 1700, quando l’Isola fu scoperta dal primo esploratore olandese, esse giacevano al suolo, in massima parte devastate e divelte? E soprattutto chi o che cosa condusse alla quasi completa estinzione di quel popolo, e da dove questo proveniva? Una stirpe così avanzata da ideare una delle scritture geroglifiche più complesse al mondo, che ancora gli esperti non sono riusciti a decriptare, e che risulta assolutamente unica nel suo genere ( salvo le inquietanti similitudini con le incisioni rinvenute nella Valle dell’Indo, nell’attuale Pakistan) come potrebbe essere scomparso dalla faccia della Terra così rapidamente senza lasciare altre tracce che le teste dei Moai devastate e poche tavolette di geroglifici? Chi o che cosa è intervenuto ad interrompere la loro brillante evoluzione? E perché quando gli esploratori giunsero sull’isola trovarono pochi indigeni semianalfabeti, incapaci di costruire piroghe, inabili alla coltivazione e alla pesca, dediti al cannibalismo e all’allevamento dei polli? Poteva mai un popolo come questo aver ideato il linguaggio sofisticato che fu rinvenuto sulle tavolette e aver raggiunto un livello di perfezione tale da incidere, levigare e trasportare la pietra utilizzata per la costruzione dei giganteschi Moai?

Per quale motivo la lingua Maya mostra inquietanti similitudini con la lingua Etrusca nonostante la distanza storica e geografica dei due insediamenti? E il linguaggio geroglifico dell’Isola di Pasqua ha spiccate aderenze con quello originario della Valle dell’Indo in Pakistan? Chi mise in grado le popolazioni sudamericane preincaiche di mettere a punto uno dei più complessi calendari noti che si conoscano, basato su profonde cognizioni astronomiche, anticipando calcoli che furono poi realmente dimostrati solo nel primo Novecento? E soprattutto perché questi popoli erano talmente ossessionati dallo scorrere del tempo da sforzarsi in ogni modo di tramandare un messaggio sulla successione delle ere cicliche?

Perché il mito del diluvio universale, pur con infinite sfumature, è contemporaneamente presente praticamente in tutte le religioni universalmente note? Forse davvero la civiltà precedente alla nostra è stata spazzata via dalla faccia della terra a causa di un cataclisma naturale di proporzioni tali da tramutarsi in leggenda, simile in fondo al meteorite che condusse all’improvvisa estinzione dei dinosauri e costrinse il pianeta a un improvviso riadattamento alle nuove condizioni meteorologiche e climatiche causate dall’impatto?

Chi erano le semidivinità dalle pelle bianca, gli occhi chiari, la barba bionda, di chiara matrice europea, che insegnarono agli Incas e agli Atzechi tutti i segreti della loro straordinaria cultura, che apparirono un giorno, camminando sulle acque, provenienti da Oriente, e altrettanto improvvisamente scomparvero, una volta portato a termine il loro compito? E perché questi esseri ritenuti sovrannaturali, denominati rispettivamente Kukulcan e Quetzacoal, assomigliano così tanto come descrizione fisica al Gesù delle antiche scritture bibliche?

Perché antichi papiri, incisioni rupestri, e sculture delle popolazioni preistoriche riportano schematizzati disegni che ricordano molto da vicino razzi, sommergibili, astronavi, e uomini con lo scafandro o con la tuta spaziale? Forse veramente la Terra nel passato è stata visitata da popolazioni aliene, provenienti da altri mondi, oppure esisteva, proprio sulla Terra, una civiltà tecnologicamente avanzata, giunta praticamente fino ai livelli odierni, poi scomparsa, estinguendosi improvvisamente, senza poter tramandare in alcun modo i progressi ottenuti, costringendo l’umanità a un enorme balzo all’indietro, annullando di fatto milioni di anni di scoperte e invenzioni, che dovettero poi essere singolarmente reiscoperte e reinventate?

Cosa spinse le popolazioni sudamericane ad erigere città fortificate, imponenti edifici, mura e monumenti di gigantesche proporzioni in zone impervie e isolate, disabitate, praticamente impossibili da raggiungere, in condizioni climatiche proibitive, a prezzo di uno sforzo ingegnerisco e progettuale talmente immane da risultare totalmente inspiegabile e apparentemente senza alcuno scopo?

Perché si trovano inquietanti similitudini tra culture antichissime situate a decine di migliaia di chilometri di distanza e che non avrebbero mai potuto essere venute, in qualsiasi modo, in contatto tra loro?

Cosa spinse gli sconosciuti abitanti della Piana di Nazca a tracciare migliaia di chilometri di piste, che sembrano tanto simili a campi di atteraggio per velivoli aerei, e che viste dall’alto si intrecciano in complicatissimi disegni riproducenti specie animali talmente peculiari e rare, da risultare esistenti solo in zone geografiche situate in altri continenti?


E perché questi segnali fittamente intricati che ricoprono una superficie vastissima sono stati incisi proprio nell’unica località al mondo le cui singolari condizioni morfologiche e climatiche avrebbero consentito la loro conservazione nei secoli? E come fecero ad individuare l’esistenza di questa determinata zona se non potevano volare? E se non potevano volare a che pro costruire delle piste d’atterraggio o dei disegni che potevano essere ammirati solo dall’alto?

Non esistono forse paralleli con le inquietanti raffigurazioni dei Circle Crops, i Cerchi del Grano che da alcuni anni continuano a manifestarsi incessantemente senza che gli studiosi abbiano ancora trovato una spiegazione convincente?

E infine come mai, analizzando tutti gli avvistamenti ufologici esaminati dal CUN, il Centro Ufologico Nazionale, degli ultimi trentanni si notano periodi particolarmente caldi, in cui i fenomeni risultano essere concentrati in un determinato arco di tempo, ad andamento ciclico?

L’impressione generale che si trae da questi interrogativi è che qualcuno, lontano nel tempo, se non anche nello spazio, stia cercando insistentemente di comunicarci qualcosa. E fino a quando non saremo in grado di comprendere questo messaggio queste non resteranno altro che domande, quello che sappiamo per certo è che la maggior parte delle risposte fornite finora sono sbagliate, e che bisogna continuare a cercare.

Ancora una volta le suggestioni del passato sono più forti delle influenze del presente, perché, come sempre, è nella storia che sono le nostre radici, ed è proprio lì che troveremo, infine, la spiegazione a questi enigmi.

Sabina Marchesi

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