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The Head Stops: atmosfere gotiche a Torino

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THE HEAD STOPS: ATMOSFERE GOTICHE A TORINO

Intervista ad Alessio Casalini e Andrea Pontillo

The Head Stops

“The Head Stops” (già Ephel Duath) è un valido gruppo torinese formatosi nel 1997, il cui genere spazia dalla new wave al dark – gothic di qualità. I componenti attuali sono Alessio Casalini (chitarra e voce), Damiano Casalini (basso), Giuseppe Felicetti (violino) e Andrea Pontillo (flauti e synth). Dopo la defezione del batterista Fabrizio Saraco (uno dei più bravi in circolazione, ora nei Florilegia), gli Ephel Dùath utilizzano una drum machine e tecnologia digitale preregistrata. Hanno inciso un CD autoprodotto nel 1998 con la partecipazione, oltre che di Saraco, del Quartetto d’archi dell’Orchestra Suzuki e del noto compositore, sperimentatore e polistrumentista Marco Giaccaria. Il gruppo sta realizzando un nuovo CD, mentre continua ad accumulare preziose esperienze dal vivo. Nella mente dei torinesi è rimasto impresso il bellissimo concerto tenuto al C.S.A. Murazzi il 31 ottobre scorso, per la notte di Halloween, illuminato solo da centinaia di ceri e dalle zucche di rito. Dopo i concerti Alessio e Andrea continuano le serate come dj (la “New Power Elite”, per far ballare con ottimi dischi new wave anni ’80).

Come definireste la vostra musica? Chi vi ha influenzato maggiormente?

Alessio: L’approccio è new wave, e il risultato in definitiva è dark. Ascoltiamo di tutto, non solo new wave o dark, ma anche molto rock’n’roll, blues, musica classica e jazz… Il percorso che ci porta ai nostri brani è molto eterogeneo. Noi facciamo anche ricerca; la nostra, oltre che di generi, è una fusione di strumenti classici ed elettronici, cerchiamo suoni particolari, inediti anche grazie al computer.

Andrea: Ci si ispira a Siouxsie and the Banshees, Bauhaus, Joy Division, Death in June, Depeche Mode… Italiani, ai CCCP/CSI o ai primissimi Litfiba.

Come va la scena dark a Torino?

Andrea : Il pubblico che segue il dark e la new wave è molto esiguo a Torino, ma così è anche nel resto d’Italia. Ci sono pochi gruppi che ancora propongono questo genere. A Torino ci sono i Lacuna Coil, che hanno un certo successo, o i Catarsi.

Alessio : Il dark è musica che va molto in Germania o in Inghilterra; l’ideale sarebbe andare fuori. Ci sono etichette estere come la Project o la Nightbreed che stanno andando molto bene, e che sono interessate anche ai gruppi stranieri. Stiamo prendendo contatti con loro. In Italia non c’è praticamente nulla del genere. Per questo cantiamo in inglese, oltre al fatto che cantare in inglese sta tornando di moda insieme al revival Anni Ottanta

Suonate molto dal vivo, ma solo pezzi vostri, niente cover. Come reagisce il pubblico?

Andrea: Sì, abbiamo suonato molto, mai nelle birrerie però: lì non riusciamo proprio a suonare, perché sono richiesti solo gruppi che eseguano cover, pezzi noti che possano divertire i clienti.

Alessio: Non è questione che la musica dark non piaccia o meno; paradossalmente, facessimo canzoni dei Cure o dei Joy Division, non avremmo problemi a suonare anche lì. Noi facciamo soltanto pezzi nostri, e questo impegna comunque, qualunque sia il genere musicale proposto.

Improvvisate molto. Il vostro brano “The cave” è puro “aleatory rock”. Che significato date all’improvvisazione?

Alessio: Sì, c’è molto John Cage… All’improvvisazione diamo un significato di composizione. Dipende dall’estro creativo del momento, dall’atmosfera che si crea tra noi e dal contatto con il pubblico.

Alessio: Noi costruiamo improvvisando finché non si trova il pezzo che va bene e diventa standard nel miglior modo. Lo scriviamo definitivamente quando non troviamo altri modi che siano pari o migliori.

Altri gruppi sulla vostra lunghezza d’onda, ne conoscete vi date una mano?

Andrea : Non so se sia sopravvivenza, ma a Torino c’è molta diffidenza, ognuno si tiene il proprio progettino coperto e non vuole che altri s’immischino. Non so perché.

Alessio: Noi abbiamo sempre cercato altri gruppi affini per suonare insieme, per creare qualche manifestazione significativa ma, a parte un paio di occasioni, non se n’è mai fatto niente.

Davide Riccio

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