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La Carta Europea delle Piccole Imprese: pensare in piccolo per u

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La Carta Europea delle piccole imprese:
pensare in piccolo per una grande Europa

«La Comunità e gli Stati membri provvedono affinché
siano assicurate le condizioni necessarie alla competitività dell’industria della Comunità.
A tal fine, nell’ambito di un sistema di mercati aperti e concorrenziali, la loro azione è intesa:
[…]
– a promuovere un ambiente favorevole all’iniziativa ed allo sviluppo delle imprese di tutta la Comunità,
segnatamente delle piccole e medie imprese
[…]»
(Art. 157 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, Roma 1957)

Se come ben sappiamo la piccola e media impresa (PMI1) è il cuore pulsante dell’economia italiana ed europea, forse non ci rendiamo ancora ben conto di quale fenomeno essa rappresenti nel quadro panorama complessivo dell’economia. Dati aggiornati al febbraio di quest’anno2 indicano in circa 25 milioni le piccole imprese in Europa3: queste rappresentano il 99% di tutte le imprese e danno lavoro a circa 95 milioni di persone assicurando il 55% del totale dei posti di lavoro nel settore privato4. Ciò vuol dire circa 3,8 dipendenti per azienda: altro che “piccole e medie” imprese, siamo di fronte a delle “nano”-imprese!
Proprio per questo, durante il Consiglio Europeo svoltosi in Portogallo a Santa Maria da Feira nel giugno 2000, i Capi di Stato e di Governo presenti hanno varato la Carta europea delle piccole imprese al fine di perseguire in maniera ancor più efficiente gli obiettivi postisi durante il Consiglio di Lisbona di “fare dell’Europa l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica al mondo5“.
In base a questa Carta, ogni anno gli Stati aderenti presentano alla Commissione Europea una relazione sul livello di attuazione delle buone prassi ivi promosse e la Commissione ne effettua una sintesi completandola con il resoconto di quelle misure adottate a livello comunitario per promuovere e sostenere questa risorsa e pubblicando poi il tutto. Lo scorso 8 febbraio è stato presentato il quinto rapporto e ci sembra interessante prendere le mosse da questo per illustrare i contenuti programmatici della Carta.
Abbiamo già detto che la Carta incarna il principio “pensa anzitutto in piccolo” e costituisce il riconoscimento del fatto che le piccole imprese rappresentano la spina dorsale dell’economia europea e svolgono un ruolo chiave per la nostra competitività, quello che bisogna invece sottolineare è che il fenomeno coinvolge ormai un’area ben più ampia dell’UE impegnando pure i 3 candidati (Romania, Bulgaria e Turchia), l’Islanda, la Norvegia, il Liechtestein, la Svizzera e alcuni Paesi dei Balcani occidentali (Kosovo, Bosnia-Erzegovina, Serbia) e la Moldavia.
Per lo sviluppo e il successo di questi processi, inoltre, risulta fondamentale la collaborazione tra autorità nazionali e organizzazioni imprenditoriali e l’avvio di scambi di buone prassi tra simili soggetti e con le Istituzioni europee: il vero valore aggiunto del processo di attuazione della Carta è rappresentato proprio dall’individuazione, dalla diffusione e dall’uso attivo di tali buone pratiche che rappresentano un’importante fonte di informazioni e un ricco patrimonio comune.
Anche l’intervento del rappresentante per le PMI (SME Envoy6) sta contribuendo all’elaborazione di un approccio meglio coordinato e più favorevole alle PMI all’interno della Commissione.
La Carta prevede 10 linee d’azione su cui operare al fine di rafforzare lo spirito innovativo e imprenditoriale che consenta alle imprese europee di far fronte alle sfide che le attendono, creare un quadro normativo, fiscale e amministrativo favorevole all’attività imprenditoriale e migliorare lo status degli imprenditori, assicurare l’accesso ai mercati sulla base di condizioni meno onerose, facilitare l’accesso alla ricerca e alla tecnologia di qualità, migliorare l’accesso ai finanziamenti, migliorare costantemente i risultati, affinché le piccole imprese trovino nell’UE il contesto più idoneo a livello mondiale, essere attenti alle esigenze delle piccole imprese e promuovere il sostegno alle piccole imprese più brillanti.
Queste linee d’azione sono:
1. Educazione e formazione all’imprenditorialità;
2. Avviamento meno costoso e più veloce;
3. Migliore legislazione e regolamentazione;
4. Fornire competenze;
5. Migliorare l’accesso in linea;
6. Maggiori benefici dal mercato interno;
7. Tassazione e questioni finanziarie;
8. Potenziare la capacità tecnologica delle piccole imprese;
9. Modelli d’imprenditoria elettronica di successo e sostegno alle piccole imprese più brillanti;
10. Rappresentanza più forte e più efficace degli interessi delle piccole imprese, a livello dell’Unione e a livello nazionale.
Il resoconto di quest’anno esamina in maniera dettagliata i progressi compiuti in tre settori prioritari, individuati tra i dieci settori della Carta:
educazione all’imprenditorialità;
migliore legislazione a favore delle piccole imprese;
deficit di competenze professionali.
Per quanto riguarda l’educazione all’imprenditorialità, risulta fondamentale attuare processi orizzontali, e a tal fine il primo passo necessario è che quello di instaurare dei collegamenti formali tra diversi settori delle pubbliche amministrazioni, segnatamente tra i ministeri dell’economia e dell’istruzione, con l’obiettivo di dare vita a una strategia globale. Una simile cooperazione esiste già in vari Paesi, tra i quali Francia, Paesi Bassi, Finlandia e Norvegia.
Il passo successivo dovrebbe essere lo sviluppo di competenze ed attitudini imprenditoriali esplicitamente riconosciute nei programmi nazionali delle scuole secondarie superiori. In questo contesto l’imprenditorialità dovrebbe venire considerata nel senso più ampio del termine: non solo un mezzo per creare nuove imprese, ma una mentalità globale.
Fino ad oggi i paesi in cui l’imprenditorialità è già esplicitamente riconosciuta nei programmi dell’istruzione superiore unificata sono una minoranza. Un numero maggiore di esempi positivi si riscontrano nel campo delle scuole professionali e tecniche.
Uno dei problemi rimane la carenza di formazione specifica per gli insegnanti. Sviluppi interessanti si sono registrati nei Paesi Bassi, dove il Governo sostiene progetti pilota nelle scuole e diffonde le buone pratiche, nonché nel Regno Unito, con il progetto “Enterprise Education Pathfinders“.
I programmi che prevedono la gestione di mini-imprese o società virtuali da parte degli studenti dovrebbero essere riconosciuti e sostenuti dalle autorità responsabili dell’istruzione e meglio collocati nei programmi scolastici, perché mettono a disposizione metodologie ben sperimentate e applicabili al contesto locale.
Ogni anno circa 600.000 studenti europei partecipano alla gestione di imprese studentesche. A tutti i livelli dell’istruzione, organizzazioni non governative promuovono programmi basati su tali metodologie, in molti casi sotto l’egida di reti come Junior Achievement-Young Enterprise, EUROPEN (Practice Firms) e JADE. Un esempio interessante è quello dell’Austria, dove nel campo dell’istruzione superiore è prassi comune la fondazione di imprese destinate al tirocinio degli studenti.
A proposito di legislazione d’impresa, invece, bisogna riconoscere che durante l’anno passato numerosi Paesi hanno lanciato ampi programmi volti a migliorare il quadro normativo per le piccole imprese, ma solo in sette Stati si svolgono test relativi all’impatto di simili riforme sulle piccole imprese; inoltre, nella prassi raramente i risultati delle valutazioni vengono usati per migliorare le proposte, e spesso tale esercizio rimane una formalità.
I Paesi Bassi ed il Regno Unito sono tra quelli che fanno più uso delle valutazioni di impatto della propria legislazione.
Viene poi raccomandata una cooperazione rafforzata tra i vari comparti governativi creando magari, come già avviene in numerosi Stati, un’unità orizzontale all’interno del Governo per coordinare il lavoro di valutazione d’impatto e il relativo monitoraggio.
L’introduzione di procedure di e-government, ad esempio in Estonia e Lettonia, ha contribuito al processo di consultazione dei principali soggetti nelle prime fasi di concepimento delle proposte legislative e di svolgimento delle valutazioni.
A proposito dell’impegno per una migliore legislazione a favore delle piccole imprese bisogna rilevare che l’eccessiva severità delle conseguenze giuridiche di un fallimento e la complessità delle procedure fallimentari rappresentano spesso un ostacolo all’imprenditorialità. Risulta dunque necessario rivedere le procedure fallimentari troppo onerose in termini di tempo e denaro, o adottare riforme miranti a velocizzare le procedure rendendole al contempo più economiche, accessibili, snelle e affidabili.
Durante il 2004, la metà degli Stati membri hanno riformato il proprio diritto fallimentare o hanno iniziato tale processo. Un interessante esempio è quello della Spagna, mentre la nuova legge francese per il salvataggio delle imprese, mirante all’individuazione precoce delle difficoltà finanziarie e alla promozione della “seconda opportunità”, e il progetto dei Paesi Bassi (denominato Ristrutturazione del debito per imprenditori), mirante a snellire la procedura di ristrutturazione extragiudiziaria del debito, rappresentano dei promettenti sviluppi recenti per la prevenzione di situazioni di crisi dal momento che prendere provvedimenti tempestivi può aumentare notevolmente le possibilità di salvare un’impresa in difficoltà. Servizi di consulenza convenzionati per i piccoli imprenditori in difficoltà – come quelli forniti dal Centro per i liberi imprenditori e le piccole imprese in difficoltà in Belgio e dal Servizio di consulenza per imprenditori nei Paesi Bassi – dovrebbero essere estesi.
Se vera è la rilevazione da parte delle imprese del persistente deficit di competenze professionali, necessari risultano gli sforzi per stringere forti vincoli tra università e mondo delle imprese, come in Svezia, dove si è dato vita a un vero e proprio accordo istituzionale per tale cooperazione e in Italia, dove si sta cercando di agevolare tali collegamenti attraverso finanziamenti, iniziative settoriali o schemi volti a combinare gli studi scolastici superiori con tirocini in azienda.
Notevoli sforzi si stanno attuando per promuovere la necessità di considerare il processo di apprendimento tecnico-professionale come “mai finito” e in continuo divenire. In alcune realtà (Irlanda, Slovenia e Regno Unito), si esplorano nuove possibilità di apprendimento come l’e-learning ed il clustering (raggruppamento) delle offerte di formazione. In Italia, invece, si dovrebbero moltiplicare gli sforzi per sostenere la formazione specializzata nelle imprese.
Per i Paesi candidati, la principale sfida che si profila è migliorare la competitività delle proprie imprese per poter affrontare al meglio l’inevitabile choc socio-economico che seguirà all’ingresso nell’UE.
La Commissione Europea, dal canto suo, rileva che la dimensione PMI è sempre più integrata nelle attività dell’UE: numerosi programmi e iniziative sono stati concepiti esclusivamente o principalmente in favore delle PMI, dimostrando la priorità che l’attenzione alle imprese riveste nelle politiche europee.
Il Programma pluriennale a favore dell’impresa e dell’imprenditorialità, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI7), con il suo rafforzato contributo agli strumenti finanziari e i risultati dei progetti di procedure Best recentemente completati8, continua a contribuire con successo al miglioramento delle condizioni per le PMI. La Commissione sta altresì compiendo buoni progressi verso l’attuazione delle azioni-chiave previste nell’ambito del Piano d’azione per lo spirito d’impresa.
Inoltre la Commissione ha lanciato numerosi programmi di sostegno che favoriscono direttamente o indirettamente le PMI. I fondi strutturali rappresentano il principale programma a favore delle PMI, che possono accedervi a livello regionale e locale. Anche sul piano della ricerca l’accento è stato posto sulle PMI, con la definizione di un obiettivo chiaro in termini di partecipazione delle PMI. Numerosi altri programmi sono stati orientati verso le necessità delle PMI, in particolare nei settori dell’ambiente, dell’energia, della formazione o dell’internazionalizzazione. Anche nella formulazione di politiche quali la politica sulla concorrenza o la politica commerciale si è tenuto conto della situazione specifica delle PMI.
Alcuni miglioramenti, comunque, rimangono necessari per facilitare la partecipazione delle PMI ai programmi comunitari. Spesso, le procedure non sono adatte alle PMI in termini di formalità amministrative o di tempo accordato alla valutazione dei progetti.
Per quanto riguarda la legislazione comunitaria e le sue ripercussioni sulle PMI, i progressi nel settore delle procedure di valutazione d’impatto sono incoraggianti. La legislazione adottata o proposta dalla Commissione ha tenuto conto della situazione particolari delle PMI, portando in alcuni casi a deroghe o disposizioni ad hoc per le piccole imprese (spese ridotte, assistenza amministrativa su misura nel settore farmaceutico).
L’Europa deve ancora fare numerosi sforzi per raggiungere l’obiettivo di Lisbona entro il 2010. I progressi dipendono soprattutto dai nostri sforzi per incoraggiare l’imprenditorialità e le piccole imprese. Abbiamo bisogno di un quadro d’insieme in cui le piccole imprese non siano soffocate dalle formalità amministrative e dove gli imprenditori possano trasformare le loro idee in imprese.
Ma per fare questo vi è la necessità di creare insieme, ognuno secondo il suo ruolo all’interno delle nostre società, quell’insieme di condizioni che mettano gli imprenditori nella possibilità di rendere l’Europa più competitiva attraverso la ricchezza delle piccole imprese.
Noi, con queste pagine, abbiamo cercato di dare il nostro piccolo contributo!

Davide Caocci

1
Per una definizione di PMI aggiornata ai nuovi criteri entrati in vigore lo scorso 1° gennaio 2005 si veda il n.115 di Kultunderground– Gennaio 2005, dello stesso Autore, La nuova PMI europea.
2
Cfr. Rapporto sull’attuazione della Carta europea per le piccole imprese, COM(2005) 30 def., 8 febbraio 2005.
3
Con il termine “Europa” si intendono i 25 Stati membri dell’UE, i 3 paesi candidati, l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera.
4
Fonte: Observatory of European SMEs (Osservatorio PMI europee).
5
Cfr. Conclusioni della Presidenza – Consiglio Europeo di Lisbona, 23-24 marzo 2000 sul sito internet: http://ue.eu.int/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00100-r1.i0.htm.
6
Il rappresentante della Commissione europea per le piccole e medie imprese (PMI) è stato nominato nel dicembre 2001 per migliorare le relazioni con le PMI e i loro rappresentanti e per assicurare che le politiche, i programmi e la legislazione dell’UE tengano in debito conto le esigenze delle PMI stesse.
7
Decisione 2000/819/CE del Consiglio del 20 dicembre 2000, GU L 333 del 29.12.2000.
8
Nel quadro del Programma pluriennale, la procedura Best, mediante l’applicazione del metodo aperto di coordinamento, inquadra e sostiene gli sforzi degli Stati membri che mirano ad identificare e scambiare le migliori pratiche in un numero limitato di settori specifici particolarmente importanti per le imprese.

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