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La nuova PMI europea

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La nuova PMI europea
«L’Europa è il mito positivo in atto nel mondo in cui viviamo»
(A. Monari)

Il 1° di gennaio di quest’anno, nella quasi totale indifferenza di un’Europa ancora presa dai festeggiamenti dei veglioni di San Silvestro, è entrato in vigore il Regolamento (CE) n.363/20041 del 25 febbraio 2004, recante modifiche al Regolamento (CE) n. 68/2001 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 882 del Trattato CE3 agli aiuti destinati alla formazione4.
L’importanza di questo atto non risiede tanto nella materia che va a normare quanto nelle implicazioni che ne derivano in tema di definizioni di PMI (piccole e medie imprese) e, dunque, nel far rientrare o meno alcune realtà produttive nel novero dei soggetti giuridici destinatari di misure di sostegno da parte delle istituzioni comunitarie e delle autorità nazionali.
Ma vediamone insieme i contenuti e cerchiamo di capirne la portata.
Si considera "impresa" "ogni entità, a prescindere dalla sua forma giuridica, che eserciti un’attività economica", cioè che abbia un fine di lucro. Ciò elimina tutti i dubbi relativi alle attività artigianali, individuali o familiari od alle cooperative sociali, mentre continuano a restare fuori le associazioni, riconosciute o non, e le fondazioni senza scopo di lucro.
La prima novità è rappresentata dal cambiamento del significato dell’acronimo "PMI" che da "piccola e media impresa", diventa "microimpresa, piccola e media impresa", identificate dai seguenti parametri (si veda anche la tabelle di sintesi):
· Media impresa: numero di occupati (od "effettivi") annui inferiore a 250; fatturato inferiore a 50 milioni di Euro o totale dello Stato Patrimoniale inferiore a 43 milioni di Euro (dal 1996 ad oggi 40 e 27 milioni: questi due parametri sono alternativi, cioè basta rispettarne uno);
· Piccola impresa: numero di occupati annui inferiore a 50; fatturato inferiore a 10 milioni di Euro o totale dello Stato Patrimoniale inferiore a 10 milioni di Euro (dal 1996 ad oggi 7 e 5 milioni);
· Microimpresa: numero di occupati annui inferiore a 10; fatturato inferiore a 2 milioni di Euro o totale dello Stato Patrimoniale inferiore a 2 milioni di Euro. La microimpresa nella Raccomandazione n.280 del 1996 era definita soltanto come l’impresa con meno di 10 dipendenti, ma questa categoria non è stata quasi per nulla utilizzata dalla Commissione o dagli Stati Membri (la "microimpresa" di cui al D. Lgs. n.185 del 2000 sulle agevolazioni all’imprenditoria giovanile non deriva assolutamente da essa).
Nel calcolo degli occupati "effettivi" nell’anno (in termini di ULA – Unità lavorative nell’anno a tempo pieno: i lavoratori part time o temporanei o quelli in congedo parentale o di maternità od in aspettativa sono calcolati come frazione di ULA) rientrano non solo i dipendenti, come nella norma del 1996, ma anche i collaboratori equivalenti ai dipendenti, i proprietari gestori ed i soci che svolgono un’attività regolare nell’impresa. Sono esclusi dal computo gli apprendisti e "gli studenti con contratto di formazione", vale a dire, sicuramente, gli stagisti ed i tirocinanti, mentre è dubbio che lo siano i titolari di contratto di formazione – lavoro (CFL), che è un contratto di lavoro subordinato a tutti gli effetti, di cui la formazione è solo un aspetto.
I dati sul fatturato e sul totale dello Stato Patrimoniale sono quelli del bilancio, anche se non ancora depositato, dell’ultimo esercizio contabile chiuso.
La perdita o l’acquisto dello status di media, piccola o microimpresa avviene solo col superamento dei parametri, in un senso o nell’altro, per due esercizi consecutivi.
Altra importante novità si trova nel perfezionamento del parametro, di natura giuridica, di "indipendenza" della PMI, ora chiamato "autonomia".
La precedente normativa5 definiva indipendenti le PMI il cui capitale o diritti di voto non fossero detenuti per più del 25% da una o, in modo congiunto (cioè con patti che le impegnino a votare allo stesso modo), da più grandi imprese, cioè che superino i parametri dimensionali delle PMI che abbiamo esposto. Una eccezione vi è solo per le partecipazioni di società di investimenti pubblici (finanziarie pubbliche, per es. Sviluppo Italia S.p.A., ma non per quelle dirette degli Enti Pubblici, territoriali o non), di società di capitali di rischio (per es., fondi chiusi) e di investitori istituzionali (per es., BIC, società di venture capital, ecc.) che non esercitino alcun controllo sull’impresa partecipata.
Ora, dunque, si definisce "impresa (PMI) autonoma" qualsiasi impresa non qualificabile come "associata", cioè controllata per più del 25% del capitale sociale o dei diritti di voto da un’altra impresa, anche se è una PMI, salve le eccezioni esposte, e non qualificabile come "collegata", vale a dire controllata per più del 50% dei diritti di voto da un’altra impresa (anche PMI), pure mediante un patto con gli azionisti od i soci della prima, od in cui un’altra impresa possa nominare o revocare la maggioranza degli amministratori o, comunque, esercitare un’influenza dominante (per es., perché cliente prevalente od unico).
Queste relazioni di associazione o di collegamento possono essere mantenute tramite altre imprese (impresa A controllante B che partecipa per più del 25% in C) o mediante una o più persone fisiche che agiscono di concerto, se le imprese operano sullo stesso mercato o su mercati "contigui", vale a dire a monte o a valle del mercato dell’impresa (per es., marito titolare di impresa edile che costruisce appartamenti venduti dall’agenzia immobiliare della moglie, oppure: fratelli proprietari di un’impresa edile, di una cava di inerti e di una ditta di impiantistica in prevalenza fornitori della prima).
Per verificare se l’impresa rientra davvero nelle soglie previste per le PMI, occorre sommare il 100% dei dati delle eventuali imprese collegate (effettivi, fatturato, totale dello stato patrimoniale: per es., se una ha 30 occupati e l’altra 25, il totale di 55 non le permette di essere "piccola impresa") e la percentuale di partecipazione più alta (fra capitale e diritti di voto) dei dati delle imprese associate (per es., se la partecipazione è del 30% del capitale, si sommerà quella percentuale dei dati dell’associata).
Le imprese potranno autocertificare il loro status di impresa autonoma, associata o collegata.
Queste norme, serviranno chiaramente anche ad identificare i gruppi di imprese, a volte realizzati anche solo grazie ai rapporti di parentela (fenomeno tipico dell’economia italiana) e ad evitare che aggregazioni di questo tipo, che superano la soglia dimensionale delle PMI possano ricevere i contributi pubblici previsti per esse, anzi moltiplicarli per il numero di imprese associate o collegate nel gruppo, sottraendo risorse alle vere PMI.
Secondo il legislatore comunitario, tra i benefici derivanti dal nuovo regolamento si può riconoscere la riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle PMI, dal momento che viene proposto un modello di autocertificazione volontaria per le imprese. Questo formulario unico dovrebbe ridurre gli oneri amministrativi ed accelerare le procedure sostituendo i vari formulari attualmente in uso per le diverse finalità amministrative.
Inoltre, per la prima volta la definizione rivista contempla soglie finanziarie precise per le microimprese, il che dovrebbe contribuire ad agevolare i programmi di sostegno delle autorità regionali e nazionali per questa categoria d’imprese. Viene così riconosciuto il ruolo fondamentale che le microimprese svolgono nello sviluppare l’imprenditoria. Vengono altresì riconosciute come imprese anche le attività connesse all’economia sociale e le imprese artigianali: aspetti questi fondamentali per la realtà italiana.
La revisione agevola, peraltro, il finanziamento sotto forma di partecipazione al capitale per le PMI accordando un trattamento favorevole ai fondi regionali, alle società che si occupano di capitali di ventura ed ai business angels. Analoghe esenzioni sono introdotte anche per gli investimenti nelle attività imprenditoriali derivate compiuti da università ed istituti di ricerca, allo scopo di promuovere gli investimenti nelle attività di ricerca e nell’innovazione.
I raggruppamenti di PMI indipendenti vengono poi favoriti introducendo una chiara tipologia delle imprese (autonome, associate e collegate) ed un metodo trasparente per calcolare il personale e le soglie finanziarie. Tale metodo fornisce un quadro più realistico della forza economica delle imprese, limitando al tempo stesso il numero di livelli di collegamento tra imprese di cui occorre tener conto e contribuendo così notevolmente a consolidare la certezza del diritto.
Dal computo del personale in funzione dei massimali sono esclusi apprendisti e studenti che ricevono una formazione professionale, così da favorire le imprese che provvedono tale formazione. Analogamente sono esclusi dal computo i periodi di congedo parentale o di maternità, così da non penalizzare le imprese che promuovono l’equilibrio tra vita privata e attività lavorativa.
La speranza per gli operatori è che, con questo quadro normativo rinnovato, gli spazi di manovra per le realtà imprenditoriali del nostro Paese (per la maggior parte di dimensioni micro e piccole) non vengano ulteriormente ridotti a vantaggio di aziende che, con i parametri modificati, potranno beneficiare dell’inclusione nella categoria delle PMI pur contando su proprie ulteriori risorse.
Davide Caocci

Appendice

Valori di soglia per le PMI
Categoria d’impresa: Imprese di media dimensione
Numero di dipendenti
(immutato):< 250
Fatturato: < € 50 Ml
(nel 1996: 40 Ml)
Volume totale di bilancio: < € 43 Ml (nel 1996: 27 Ml)

Categoria d’impresa: Imprese di piccole dimensioni
Numero di dipendenti
(immutato): < 50
Fatturato: < € 10 Ml
(nel 1996: 7 Ml)
Volume totale di bilancio:
< € 10 Ml
(nel 1996: 5 Ml)

Categoria d’impresa:
Imprese di ridottissime dimensioni (microimprese)
Numero di dipendenti
(immutato): < 10
Fatturato: < € 2 Ml
(non definito in passato)
Volume totale di bilancio:
< € 2 Ml
(non definito in passato)

Indipendenza da imprese
Il capitale sociale o i diritti di voto non devono essere detenuti per il 25% o più da una impresa, o congiuntamente da più imprese, non conformi alle definizioni di piccola e di media impresa, secondo il caso.

1
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, serie L n.063 del 28.02.2004.

2
Articolo 87
1. Salvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.
2. Sono compatibili con il mercato comune:
a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti;
b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;
c) gli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione.
3. Possono considerarsi compatibili con il mercato comune:
a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione;
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all’interesse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.

Articolo 88
1. La Commissione procede con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune.
2. Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato.
Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia, in deroga agli articoli 226 e 227.
A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato comune, in deroga alle disposizioni dell’articolo 87 o ai regolamenti di cui all’articolo 89, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo.
Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.
3. Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

3
Trattato istitutivo della Comunità Europea (TCE), firmato a Roma il 25.03.1957 ed entrato in vigore il 1°.01.1958.

4
Cfr. il testo completo del Regolamento sul sito istituzionale http://www.europa.eu.int/eur-lex/lex/it/index.htm.

5
Raccomandazione n.280 del 1996.

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