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Il Fondo Europeo Per L’Adeguamento Alla Globalizzazione

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Una Risposta Ai Cambiamenti Epocali
 

«La maggiore apertura del mercato e la concorrenza internazionale

creano nuove opportunità in termini di dinamismo economico, concorrenza

e creazione di posti di lavoro di alta qualità.

Un’inevitabile conseguenza

 dell’apertura commerciale e della globalizzazione

è però la perdita di posti di lavoro nei settori meno competitivi»

(Commissione Europea, Relazione alla Proposta di Regolamento)

 

Nei mesi scorsi, abbiamo avuto modo di affrontare il tema della riforma dei Fondi strutturali dell’Unione Europea[1] che sta tenendo impegnate le Istituzioni comunitarie in vista del prossimo periodo di programmazione economico-finanziaria 2007-2013.

Accanto a questi tradizionali strumenti, però, nel marzo di quest’anno la Commissione Europea ha proposto l’adozione di un regolamento per la creazione di un nuovo fondo, denominato FEG, Fondo Europeo di adeguamento alla Globalizzazione[2], che si trova ora all’esame del Consiglio.

Interessante risulta essere, prima ancora di vederne l’approvazione, l’analisi della relazione di accompagnamento nella quale gli uffici della Commissione effettuano una presentazione del contesto in cui si sono venuti a trovare gli operatori economici europei negli ultimi anni.

Si riconosce infatti che la maggiore apertura del mercato e la concorrenza internazionale hanno creato nuove opportunità in termini di dinamismo economico, concorrenza e creazione di posti di lavoro di alta qualità, ma una delle inevitabili conseguenze dell’apertura commerciale e della globalizzazione è stata la perdita di posti di lavoro nei settori meno competitivi: proprio questi costi di adeguamento dell’apertura del mercato devono essere riconosciuti e affrontati con politiche e strumenti finanziari adeguati, anche da parte delle Istituzioni comunitarie.

Allora, se innegabile è l’effetto positivo generale della globalizzazione sulla crescita e l’occupazione nella Comunità, altrettanto palese è l’asimmetria tra i benefici generali dell’apertura, che sono diffusi e spesso hanno bisogno di qualche tempo per concretizzarsi, ed i suoi effetti negativi, più visibili, immediati e concentrati su particolari persone e zone: tale asimmetria, se non viene riconosciuta e affrontata adeguatamente, può condurre a una percezione erronea dello stesso fenomeno e, di conseguenza, indebolire il sostegno pubblico alla liberalizzazione degli scambi e all’apertura del mercato, finalità precipue del sistema comunitario.

Nell’U.E. esiste un ampio consenso sulla necessità di affrontare gli effetti negativi delle modifiche strutturali importanti nel commercio mondiale, in particolare per quanto concerne i cittadini i cui posti di lavoro e mezzi di sussistenza sono fortemente minacciati dalla maggiore concorrenza e dall’apertura dei mercati.

Si tratta di un obbligo di giustizia e solidarietà, valori intrinsechi delle società dei Paesi membri dell’Unione e dell’impianto costituzionale che si è venuto a creare dal Trattato di Roma in poi, che ha un’evidente dimensione europea, essendo la Comunità competente per la politica del commercio estero e quindi per decisioni che comportano l’aumento e la liberalizzazione degli scambi.

Si comprende, pertanto, che l’Unione debba individuare come sostenere i costi delle politiche che essa attua, soprattutto nel caso di una politica commerciale che, seppur globalmente vantaggiosa per l’economia europea e l’occupazione, è la causa immediata della perdita di numerosi posti di lavoro. Si tratta anche di un obbligo di efficienza, nella misura in cui le azioni miranti a una rapida reintegrazione nel mercato del lavoro possono facilitare ed accelerare le transizioni, ad esempio limitando i periodi di disoccupazione e di sottoutilizzazione del capitale umano.

La Commissione Europea, già nella sua relazione dal titolo “Valori europei nel mondo globalizzato[3] ha recentemente sottolineato i vantaggi dell’apertura dei mercati e dell’aumento della concorrenza internazionale, ma anche la necessità di “sostenere le persone attraverso adeguate misure, in modo da aiutare quelle i cui posti di lavoro sono soppressi a trovare rapidamente un altro impiego” e proprio in questo contesto il presidente della Commissione Barroso ha proposto[4] l’istituzione di uno strumento finanziario ad hoc: il FEG. Esso costituirà una delle risposte europee per venire incontro a quanti devono adattarsi alle conseguenze della globalizzazione: un segno di solidarietà delle numerose persone che beneficiano dell’apertura nei confronti di quelle che devono affrontare lo shock improvviso della perdita del proprio lavoro.

Al Consiglio Europeo del dicembre 2005[5], i Paesi membri hanno convenuto di “fornire un sostegno supplementare ai lavoratori privati del loro impiego in seguito a modifiche strutturali importanti nel commercio mondiale, nonché un’assistenza nella loro riconversione professionale e nella ricerca di un impiego. L’attivazione del fondo sarà soggetta a criteri rigorosi per quanto concerne la scala della delocalizzazione economica e il suo impatto sulle economie locali, regionali o nazionali“, difatti se i singoli Stati sono responsabili della gestione delle conseguenze negative di eventuali adeguamenti commerciali, occorre che l’U.E. disponga di uno strumento destinato specificamente ad assistere i lavoratori che hanno perso il lavoro a causa di adeguamenti conseguenti all’evoluzione del commercio e caratterizzati da una dimensione europea (per ampiezza e incidenze).

L’obiettivo del FEG è dimostrare la solidarietà dell’Unione ai lavoratori che hanno perso il proprio impiego a causa della liberalizzazione degli scambi commerciali: i suoi interventi saranno concentrati territorialmente. L’aiuto sarà destinato soprattutto ai lavoratori privati del loro impiego nelle zone maggiormente colpite dalla delocalizzazione economica conseguente all’evoluzione del commercio mondiale e le risorse del fondo saranno messe a disposizione dei lavoratori di tutti gli Stati membri: in particolare, il FEG interverrà nei casi in cui modifiche strutturali importanti nel commercio mondiale hanno determinato gravi perturbazioni economiche, come una delocalizzazione economica in paesi terzi, o un aumento massiccio delle importazioni o un calo progressivo della quota di mercato dell’Unione in un determinato settore. L’assistenza sarà volta a reinserire nel mercato del lavoro le persone interessate, approfittando delle possibilità di occupazione esistenti e nuove e limitando i costi di adeguamento per i lavoratori, le regioni e le località interessate.

I criteri di intervento del FEG dovranno essere rigorosi, trasparenti e misurabili per permettere una selezione obiettiva delle domande. L’aiuto del fondo sarà messo a disposizione dei lavoratori di ogni tipo di impresa, allo stesso modo e alle stesse condizioni, in quanto le mutazioni strutturali del commercio mondiale interessano sia le imprese multinazionali e nazionali che le piccole e medie imprese (PMI)[6].

Dato il carattere mutevole e imprevedibile dei fattori che determineranno l’intervento di questo nuovo strumento, il regolamento dovrà comunque consentire di adattarne i criteri al mutare delle necessità. La revisione del regolamento offrirà l’occasione per tale adeguamento.

Esso finanzierà una serie di servizi di sostegno personalizzati per rispondere ai bisogni specifici dei lavoratori licenziati. Combinerà, quindi, misure attive come l’assistenza per la ricerca di un impiego con sussidi temporanei di integrazione dei salari: l’esperienza dimostra che queste prestazioni integrative, destinate a rendere conveniente il lavoro, sono molto efficaci per migliorare la partecipazione all’occupazione se combinate con politiche attive del mercato del lavoro.

In questo modo il FEG intende contribuire alla creazione di condizioni di flessicurezza nell’U.E.: un concetto nuovo questo, che indica l’equilibrio tra flessibilità e sicurezza dell’occupazione, destinato a migliorare le possibilità dei cittadini di trovare un lavoro e di utilizzare nuove qualifiche, favorendo contemporaneamente la flessibilità indispensabile per rispondere alle nuove sfide della globalizzazione.

L’assistenza del FEG completerà le iniziative degli Stati membri a livello nazionale, regionale e locale senza, comunque, voler falsare il gioco del libero mercato.

Infatti, interverrà unicamente su richiesta di uno Stato membro. La chiusura simultanea di più filiali europee di un’impresa multinazionale potrebbe indurre gli Stati membri interessati a presentare una domanda di contributo; la Commissione analizzerà ogni domanda individualmente per determinare se sono soddisfatti i criteri e le condizioni di intervento richieste.

Dopo la notifica dei licenziamenti previsti, a norma degli articoli 1 e 3 della direttiva 75/129/CEE[7], i lavoratori interessati potranno ottenere un aiuto al più presto. Mentre ciascun intervento del FEG dovrà essere autorizzato da una decisione specifica del Consiglio e del Parlamento Europeo, che agiscono in veste di autorità di bilancio della Comunità, lo Stato membro richiedente potrà adottare misure immediate, senza aspettare la decisione di finanziamento o l’effettivo versamento del contributo finanziario. In questo modo il periodo di preavviso che precede i licenziamenti effettivi (spesso previsto e determinato dal diritto europeo e nazionale) potrà essere utilizzato pienamente per fornire servizi personalizzati ai lavoratori interessati.

Tale tipologia di intervento si deve inserire, comunque, in un contesto di equilibrata coerenza con le altre politiche dell’U.E. e, con esse, deve consistere nella gestione positiva del mutamento: la Strategia di Lisbona[8] definisce il quadro di una modernizzazione e di una riforma che si tradurranno in crescita e occupazione. Gli strumenti finanziari dell’Unione, in particolare i fondi strutturali, si concentrano sempre più sul raggiungimento di questi obiettivi, mentre la partecipazione delle parti sociali mediante un dialogo sociale autonomo rafforza il partenariato.

Il FEG combinerà una dimensione territoriale con un aiuto specifico e mirato, che consiste esclusivamente in un aiuto personalizzato per il reinserimento professionale dei lavoratori vittime dell’evoluzione delle strutture del commercio internazionale. La sovrapposizione di azioni svolte nell’ambito di altre politiche comunitarie, in particolare la politica di coesione[9], sarà evitata tramite una serie di disposizioni che definiscono chiaramente il campo d’applicazione dello strumento, escludendo il doppio finanziamento e prevedendo esplicitamente il coordinamento dell’assistenza fornita dalle diverse fonti di finanziamento comunitario. Inoltre, il FEG non sostituirà i regimi di indennità di disoccupazione o di prepensionamento attuati dagli Stati membri.

La base giuridica del nuovo strumento che si intende varare è da ritrovarsi nell’art. 159, terzo comma, del trattato CE[10]. Esso permette al Consiglio di adottare azioni specifiche, in conformità alla procedura di cui all’art. 251 del trattato CE[11] e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, se tali azioni si rivelassero necessarie al di fuori dei Fondi strutturali e fatte salve le misure decise nell’ambito delle altre politiche della Comunità.

Tali interventi sono ritenuti necessari per fornire un sostegno mirato ai lavoratori licenziati in seguito a modifiche importanti del commercio mondiale nei casi in cui questi licenziamenti hanno un grave impatto negativo sull’economia regionale o locale. Aiutando i lavoratori licenziati a reinserirsi nel mercato del lavoro, il Fondo contribuirà a rafforzare la coesione economica e sociale nell’Unione.

Altri fondamentali principi chiamati in causa sono quelli di sussidiarietà e proporzionalità, cosi come descritti all’art. 5 del Trattato CE[12], per il quale la Comunità può adottare misure, per promuovere gli obiettivi di solidarietà sociale che le sono propri dal momento che gli Stati membri non possono raggiungere individualmente gli obiettivi del FEG, poiché esso costituisce un’espressione della loro solidarietà.

Per fare intervenire il FEG occorrerà l’accordo di entrambi i settori dell’autorità di bilancio, Parlamento e Consiglio; questi interventi saranno quindi l’espressione della solidarietà della Comunità e degli Stati membri nel loro insieme. In tal modo la proposta contribuirà a rendere l’obiettivo di solidarietà più tangibile per i lavoratori colpiti e per i cittadini dell’Unione in generale.

In conformità al principio di proporzionalità, inoltre, le disposizioni del regolamento non avranno una portata ulteriore di quanto strettamente necessario per raggiungere i suoi obiettivi. L’onere amministrativo per la Comunità e le autorità nazionali sarà limitato a quanto necessario perché la Commissione eserciti la sua responsabilità per l’esecuzione del bilancio comunitario. Le attività di valutazione saranno condotte su iniziativa e sotto la responsabilità della Commissione.

Poiché il contributo finanziario sarà versato alle autorità dello Stato membro, questo sarà tenuto a presentare una relazione periodica che ne giustifichi l’utilizzo. Si cercherà in particolare di garantire che le procedure da seguire permettano di prendere decisioni il più rapidamente possibile.

La scelta dell’atto giuridico da adottare è caduta sul regolamento a motivo del fatto che gli altri strumenti non sarebbero adeguati, poiché l’obiettivo può essere realizzato soltanto attraverso uno strumento giuridico il cui contenuto sia direttamente applicabile in tutti i suoi contenuti da tutti gli Stati membri[13].

Altro aspetto importante è dato dall’incidenza che questo Fondo avrà sul bilancio comunitario.

Si prevede che l’importo massimo delle spese finanziate sarà di 500 milioni di euro all’anno. In conformità alle conclusioni del Consiglio del dicembre 2005, il Fondo non sarà oggetto di alcuna disposizione finanziaria specifica nel quadro finanziario pluriennale; la Commissione, dunque, propone di determinare il livello di “sottoutilizzazioni” degli stanziamenti che serviranno ogni anno al finanziamento del FEG nel modo seguente:

1. in primo luogo, il margine che resta disponibile sotto il massimale globale degli stanziamenti d’impegno dell’anno precedente, cioè la differenza tra il totale degli stanziamenti d’impegno previsti nel quadro finanziario pluriennale e il totale degli stanziamenti d’impegno inseriti nel bilancio dell’anno precedente;

2. in secondo luogo, se l’importo precedente non è sufficiente, gli stanziamenti d’impegno annullati nei due anni precedenti.

Gli stanziamenti saranno mobilizzati tramite un bilancio rettificativo, se e quando necessario, con riferimento all’importo fissato come indicato.

Nella proposta di regolamento, si prevede la possibilità di una revisione, dopo che la Commissione avrà presentato la prima relazione annuale, per rispettare al meglio gli obiettivi e il campo d’applicazione del nuovo strumento.

In attesa di vedere la definitiva approvazione di questo fondo e, in seguito, di valutarne la reale efficacia nel sistema delle imprese europee, attendiamo pure le certe contromisure che le grandi corporations statunitensi, giapponesi e, magari, anche cinesi adotteranno con ricorsi al WTO e quant’altro a loro disposizione.

         Good luck!

 



[1] Cfr. dello stesso Autore, Diamo fondo ai Fondi! Passato prossimo, presente incerto e futuro complesso dei finanziamenti europei per le regioni, in KU n.123 – 2005.

[2] Cfr. Comunicazione della Commissione, Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, COM(2006) 91 definitivo, del 01.03.2006.

[3] Cfr. Comunicazione della Commissione “I valori europei nel mondo globalizzato” – COM(2005) 525 del 20.10.2005.

[4] Cfr. Lettera del 20 ottobre 2005 ai presidenti del Consiglio dell’UE e del Parlamento Europeo.

[5] Cfr. Conclusioni del Consiglio Europeo di Bruxelles, 15-16 dicembre 2005.

[6] Cfr. dello stesso Autore, La nuova PMI europea, in KU n.115 – 2005.

[7] Cfr. GU L 48 del 22.2.1975, pag. 29.

[8] Cfr. dello stesso Autore, La Carta Europea delle piccole imprese: pensare in piccolo per una grande Europa, in KU n.117 – 2005.

[9] Cfr. Titolo XVII del Trattato CE, artt. 158 e segg.

[10] Art. 159, 3, del Trattato CE: Le azioni specifiche che si rivelassero necessarie al di fuori dei Fondi, fatte salve le misure decise nell’ambito delle altre politiche della Comunità, possono essere adottate dal Consiglio, che delibera secondo la procedura di cui all’articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni.

[11] Adozione di atti con la procedura di codecisione.

[12] Art. 5 del Trattato CE: La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. L’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato.

[13] Art. 249, 2, del Trattato CE: Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

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