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Faro di Vincenzo Totaro (2009)

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Regia: Vincenzo Totaro. Soggetto eSceneggiatura: Vincenzo Totaro, Antonio Universi e Teresa La Scala. Colonnasonora: Donato Raele. Canzoni: Celestino Telera. Fotografia: Antonio Universi.Truco e costumi: Maria Pia Castigliego. Suono in presa diretta: Giannino DeFilippo. Montaggio: Vincenzo Totaro e Luisa Totaro. Produzione: Epok StudiosSartorius Film. Durata: 60′. www.epokstudios.it. Interpreti: Maria PiaCastigliego, Sabrina Caterino, Giannino De Filippo, Antonio Del Nobile, TeresaLa Scala e Giuseppe Milonia.
 
Il nuovo cinema italiano con ambizioni autoralispesso si scontra con la mancanza di soggetti e sceneggiature che reggano ladurata di un lungometraggio. È questo il caso di Faro, pellicola giratanella suggestiva cornice delle Isole Tremiti con buona perizia tecnica e grandecura scenografica, ma povera di idee.
Il film racchiude il suo senso più profondonelle prime parole della protagonista che seduta su uno scoglio di un’isolafrastagliata dalle onde sussurra: “Voglio portarvi in un posto che vicostringerà a camminare scalzi e ad ascoltare le parole che non vi dico”.
Il regista dichiara i suoi intenti nellaquarta di copertina del dvd: “Tre isole interrompono la vastità del mare. Tresorelle spezzano la quotidianità delle proprie vite. Un faro manda i baglioridi esistenze intermittenti. Si possono ascoltare le parole non dette? Si puòparlare fino a perdere l’amore? Si può amare fino a smarrire la vita?”. Lavisione del film non risponde agli interrogativi, ma lascia lo spettatore inbilico tra realtà e fantasia, tra problemi insoluti e rapporti difficili tra iprotagonisti. “Qui è casa”, dice Lia, intenzionata a restare sull’isola perscavare a fondo nei suoi sentimenti, aiutata da un alter ego che la tormenta ealle apparizioni fantastiche di un monaco di mare. Le sorelle e il marito nonsono della stessa opinione, ma la assecondano, tra sospetti di tradimenti e difollia che fanno capolino nei lunghi piani sequenza.
La fotografia è stupenda. Antonio Universiha fatto un gran lavoro immortalando boschi, gatti, mare, scogliere, tramonti,albe e tutto quanto si poteva fissare su pellicola in un’isola meravigliosa.Buona anche la regia di Vincenzo Totaro, che poteva procedere a un montaggiopiù serrato e a una più attenta direzione degli attori, ma non si puòpretendere troppo. Sono interessanti alcune parti fantastiche, come i sogni delmarito, le tre donne in altalena, il monaco di mare, l’alter ego di Lia chemassacra l’intera famiglia e alcune sequenze oniriche che sfociano indissolvenze. I dialoghi e la recitazione a volte lasciano a desiderare, lacomprensione del testo pure e la sceneggiatura non è esente da pecche. Lacolonna sonora è ottima, così come sono ben fatte le scenografie e i costumi,ma la parte migliore della pellicola resta il racconto per immagini evocative. Ilregista indaga sul rapporto uomo – donna, analizza la relazione di coppia, ipensieri intimi e i contrasti caratteriali. “Ti amo perché siamo diversi”,”Vorrei una donna per avere una donna”, “Non voglio cadere nell’ideadell’amore”. Vediamo la donna che cerca se stessa a contatto con la natura,nella solitudine dell’isola. I temi fondamentali della pellicola sono la crisidella coppia, l’incomunicabilità e la provvisorietà dei sentimenti, la ricercainteriore e in certa misura anche l’analisi della follia e delle pulsioni piùintime. La pellicola è molto teatrale, spesso ricorda – facendo le debiteproporzioni – L’avventura (1960) di Michelangelo Antonioni,sicuro punto di riferimento per gli autori, ma anche il teatro di Becket e diJonesco. Il difetto maggiore è che il film procede in maniera lenta emacchinosa, perché non accade niente per intere sequenze. Il regista comunqueci sa fare, ha un taglio documentaristico e merita un incoraggiamento, perchétecnicamente il film è ben girato. 

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