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a bug’s life – tecnologia

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a bug’s life
megaminimondo
I nuovi traguardi dell’animazione computerizzata
L’arte sfida la tecnologia


Da un punto di vista puramente tecnico "A Bug’s Life – megaminimondo" è molto più evoluto del suo predecessore, "Toy Story". Nuovi strumenti e nuove tecniche sono stati appositamente creati per soddisfare le esigenze di questa produzione, mentre l’esperienza guadagnata con il primo film ha permesso al team della Pixar di portare l’arte dell’animazione computerizzata a nuovi traguardi. La produzione aveva un apparato telematico dieci volte più potente di quello di "Toy Story", con mille processori che lavoravano a una velocità quattro volte superiore rispetto a quelli usati per il film precedente. Ma questi fattori erano controbilanciati dall’enorme complessità del film. Le scene più complicate di "A Bug’s Life – megaminimondo" hanno richiesto più di cento ore di lavoro per ogni inquadratura.
"L’esperienza di ‘Toy Story’ ci ha dimostrato che, impegnandoci, avremmo potuto fare qualunque cosa – dice Lasseter -. Questo ha rafforzato la mia opinione che la tecnologia non sia così importante quanto lo sono la storia e i personaggi. La tecnologia nasce dalle esigenze della storia. Il principio che sta alla base del nostro modo di lavorare è che l’arte sfida la tecnologia, e la tecnologia ispira l’arte. E’ questa per me l’essenza della Pixar, questo yin e yang. Io lancio una sfida ai nostri direttori tecnici, Bill Reeves ed Eben Ostby, e loro fanno qualcosa che non avevano mai fatto prima. E’ quando lavori in squadra che cominci a realizzare cose che non si erano mai viste."
"Quando ho cominciato a lavorare alla Pixar – racconta il regista – uno dei miei compiti era quello di aiutare a sviluppare i sistemi offrendo il punto di vista dell’animatore. Per anni io sono stato l’unico animatore della Pixar e sapevo che quando avremmo cominciato a chiamarne altri, avremmo voluto persone con background classici, perché è questo l’unico modo per far vivere i personaggi, per farli pensare e farli piangere. Il pubblico deve credere che ogni movimento dei personaggi sia frutto di un loro pensiero."
Il direttore tecnico Bill Reeves, uno dei pionieri dell’animazione computerizzata, le cui innovazioni nel settore sono state premiate da un Oscar, ha avuto il ruolo di supervisore delle 430 sequenze di massa del film e ha curato gli avanguardistici effetti speciali del film, che includono nebbia, pioggia battente, lampi, fuoco e un programma che fa ondeggiare in modo naturale l’erba e gli elementi sullo sfondo. L’altro direttore tecnico del film, Eben Ostby, ha diretto tutte le fasi del modeling dei personaggi e degli elementi scenografici.
"Per questo film, insieme ad altri tecnici della Pixar, ho progettato nuovi software per animare le folle – spiega Reeves -. I registi volevano creare l’effetto di una colonia di formiche, ma sapevamo che gli animatori non sarebbero stati in grado di disegnarle una ad una. D’altro canto, non potevamo avere una massa di formiche sparse qua e là in varie pose, doveva essere qualcosa di vivo. John le trattava come se fossero tutte comparse, e voleva che agissero come individui. La nostra sfida era quella di trovare un modo per farle sembrare vive pur controllandole. Doveva essere una folla di individui pensanti che reagivano a quello che succedeva. Non potevano esultare tutte nello stesso momento, non sarebbe stato credibile. In una folla c’è sempre qualcuno che non sta attento o guarda da un’altra parte."
Reeves è riuscito a risolvere il problema chiedendo a un gruppo di animatori di creare una serie di movimenti di base che poi, tramite nuovi software, avrebbe diversificato per non farli sembrare tutti uguali. Dale McBeath era la capo animatrice delle folle, Michael Fong il supervisore tecnico. I movimenti individuali venivano chiamati ‘alibs’ (animation libraries) e ne sono stati creati in totale 4.466, tutte varianti di 228 diversi comportamenti. Questo ricco catalogo includeva esemplari di formiche nervose, curiose, allegre, esultanti, spaventate, che applaudivano, che correvano o che camminavano. Reeves e la sua squadra hanno creato un nuovo sistema che permetteva di montare in modo fluido ed elastico i diversi alibs in base alle esigenze della scena. Le formiche potevano quindi essere distribuite in modo strategico nei vari ambienti a seconda della sceneggiatura.
Un ottimo esempio di animazione di una folla è quello che si vede nel bunker sotterraneo di "L’Isola delle Formiche", dove ha luogo l’improvvisa irruzione delle cavallette. Le formiche, spaventate, indietreggiano di fronte all’avanzare di Hopper e lo seguono con gli occhi muovendo nervosamente le mani e le antenne. Ogni tanto i personaggi nella folla battono le palbebre, ma mai tutti nello stesso momento. L’animazione di questa scena ha richiesto più o meno due settimane di lavoro.
Un’altra sfida per il team tecnico della Pixar è stata quella di rendere vivi i fondali. In natura la vegetazione è costantemente in movimento, anche con la brezza più lieve, e pure gli autori volevano un ambiente vivo e sempre in movimento. Reeves e la squadra tecnica hanno dunque creato nuovi programmi che hanno contribuito all’iperrealismo che il film richiedeva. L’obiettivo era quello di percepire in ogni scena il lieve tremolio dell’erba e delle foglie degli alberi.
Il confronto finale tra le formiche e gli alleati circensi e le cavallette ha comportato altre difficoltà tecniche per Reeves e la sua squadra. L’azione ha luogo durante un violento temporale che colma il cielo di grosse gocce di pioggia e di fulmini.
"Il programma che abbiamo creato per animare la pioggia funziona in modo molto simile a quello per animare le folle – spiega Reeves -. Abbiamo studiato le leggi fisiche dell’acqua e le dinamiche dei fluidi, come le gocce si uniscono tra loro e come reagisce l’acqua quando viene a contatto con una superficie. Partendo da questi dati abbiamo creato un programma di simulazione. Anche in questo caso i registi volevano dirigere la pioggia, decidendo i punti in cui si sarebbero infrante le gocce. Siamo riusciti persino a fare apparire il terreno bagnato nei punti in cui viene colpito dall’acqua."

Giovanni Strammiello

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