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Ma ”l’Italia ripudia la Guerra”?

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Ma “L’Italia ripudia la Guerra”?
Guerra e Costituzione.

Sono passati molti mesi e molti numeri di Kult dall’ultima presenza della rubrica “Diritto” nella rivista che vi tiene compagnia ogni mese, ma impegni di studio e di natura personale, mi hanno impedito di sfruttare questa libera tribuna per coltivare una delle mie piu grandi (!) passioni: il diritto.
Negli ultimi due mesi, in particolare da quando è iniziato l’attacco militare della NATO1 verso la Repubblica federale di Yugoslavia, ho assistito a quella che ho sentito come una gratuita strumentalizzazione della nostra Costituzione, dettata esclusivamente da finalità di polemica politica (in senso antiamericano) e fondata su una lettura sbrigativa e parziale dell’articolo 11 della stessa. In altre parole alcuni esponenti politici e i movimenti pacifisti che hanno manifestato e ancora manifestano pubblicamente, citano incessantemente le prime parole dell’articolo 11 (appunto “L’Italia ripudia la guerra…“) per affermare la illegittimità della partecipazione del nostro Paese alle operazioni militari e la conseguente violazione della Costituzione da parte del Governo. Questa posizione appare subito facilmente contestabile proprio per la sua ingenuità, dato che è rispondente a logica e buon senso leggere le norme giuridiche nella loro interezza per poi interpretarle, per usare le parole della legge stessa2, non potendo “…ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.”
Dunque leggiamo brano per brano l’intero comma unico3 che costituisce l’art.11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…“. A questo punto possiamo fermarci per considerare questo incipit come quello più “problematico” in relazione all’attuale conflitto. Infatti l’attacco NATO offende palesemente la libertà del popolo Serbo, anche se in questa situazione, come spesso accade quando il diritto viene a contatto con la realtà quotidiana, ci troviamo di fronte ad una serie di principi , di valori che vanno ordinati secondo una gerarchia. In altri termini: risulta più meritevole di tutela la libertà di vivere normalmente del popolo Serbo (“responsabile” di tollerare un capo del governo nazionale che, da almeno 10 anni, conduce un’azione di sistematica pulizia etnica e deportazione di un consistente gruppo di cittadini della federazione), o la libertà della componente etnica albanese del popolo yugoslavo di non essere massacrata, deportata, violentata, spogliata dei propri beni? Ben si comprende che questo ragionamento costituisce una estremizzazione, ma in questa vicenda ben poco non è portato all’estremo!
Ma continuiamo con l’art. 11: “…e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;“, anche questo inciso ci dimostra come l’attacco NATO non rientri nelle previsioni di ripudio della guerra previste dalla Costituzione. La crisi del Kosovo non costituisce esattamente una controversia4 internazionale4 nel senso giuridico del termine, ma essa si è prodotta in conseguenza dell’azione violenta (di cui in occidente abbiamo ampia documentazione) e della sistematica violazione dei più elementari diritti umani attuata da parte di un governo regolare (e internazionalmente riconosciuto) all’interno del proprio territorio, tanto da spingere il Tribunale internazionale per i crimini nella ex Yugoslavia ad accusare Slobodan Milosevic di crimini contro l’umanità. A tale riguardo occorre rendersi conto dello sviluppo del diritto internazionale nel senso di una limitazione del principio di non intervento, quello per cui ogni Stato deve astenersi dall’intervenire negli “affari interni” di un altro Stato. In altre parole, la tutela di determinati valori assoluti (come appunto i “diritti umani”) o la necessità di assicurare alla Giustizia internazionale i criminali di guerra, deve prescindere dalla sovranità (tradizionalmente intangibile) degli Stati, e la Comunità internazionale ha l’obbligo morale di intervenire laddove si verificano violazioni di particolare gravità ed estensione5.
L’ultima parte dell’articolo recita:”(l’Italia) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Questa disposizione ha un ruolo fondamentale nel nostro sistema dato che ad essa la Dottrina e la Giurisprudenza Costituzionale si affida per giustificare la partecipazione dell’Italia alle organizzazioni internazionali, le quali appunto impongono obblighi allo Stato6 che, naturalmente, ne limitano la sovranità.
Per concludere, a mio parere la nostra Costituzione distingue fra una “guerra7 da7 ripudiare7” e una “guerra come estremo rimedio per la tutela di valori8 assoluti8 e8 superiori8“. Se i nostri Padri Costituenti fossero stati così ingenui da concepire un rifiuto totale dello strumento militare non avrebbe senso, parlando per assurdo, un’altra norma della Costituzione e cioè l’art9.529. Di più, nel concetto di difesa la più moderna dottrina costituzionale include anche la tutela dei diritti10 umani10. Altro argomento, nel quale non voglio addentrarmi proprio perchè il discorso assumerebbe connotati più prettamente politici, è quello riguardante le modalità concrete di conduzione dell’attacco, degli errori che hanno provocato tanti “danni collaterali“, degli ordigni abbandonati nel Mare Adriatico per i quali il Governo italiano non è stato subito avvertito, del tipo di armi impiegate nei bombardamenti (probabilmente arricchite da materiale “ a bassa radioattività“)…

Alberto Monari

Nessuna persona di buon senso
comincia una guerra
senza sapere cosa volere,
nè come ottenerlo.
Karl von Clausewitz




(L’immagine di sfondo rappresenta la Sala D’Armi della Rocca di Soragna (Parma))

1
sigla di NORTH ATLANTIC TREATY ORGANIZATION, è un’organizzazione politico-militare di difesa istituita in base al Trattato di Washington del 4 aprile 1949 che comporta la mutua difesa obbligatoria dalle aggressioni esterne e la composizione diplomatica delle controversie interne agli stati membri.
Di essa fanno parte: Belgio, Canada, Danimarca, Germania, Grecia, Gran Bretagna, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Portogallo, Spagna, Turchia e Stati Uniti.
La Francia e la Spagna hanno abbandonato il sistema militare integrato pur continuando a far parte dell’alleanza. Organo supremo è il Consiglio Atlantico che riunisce i rappresentanti degli Stati membri ed ha sede a Bruxelles.
A questo si affiancano altri organismi militari. Istituita per contrastare il pericolo sovietico (secondo l’art.5 del trattato istitutivo “un attacco armato contro una o più delle parti contraenti che si verifichi in Europa o in America del Nord sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti e in conseguenza…saranno prese tutte le misure militari, individuali o collettive, di legittima difesa), l’organizzazione ha radicalmente mutato il proprio ruolo in seguito alla dissoluzione del blocco comunista.
Con il vertice di Bruxelles del gennaio 1994 si è deciso di avviare il c.d. “Partenariato per la pace” invitando i paesi dell’Est europeo ad instaurare una più stretta collaborazione con la NATO, collaborazione che ha portato, recentemente, all’ingresso ufficiale nell’Alleanza di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.

2
Articolo 12, I°comma, delle Disposizioni sulla legge in generale, approvate preliminarmente al codice civile con Regio decreto 16/3/1942, n.262, intitolato (rubricato) “INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE”.

3
Particolare redazione degli articoli di legge per cui il testo non è suddiviso in capoversi, caratterizzati graficamente da un “a capo”.

4
La controversia internazionale è il disaccordo su un punto di diritto (es.l’interpretazione di un trattato internazionale) o di fatto (es.un confine territotiale conteso), una contraddizione, un’opposizione di tesi giuridiche o di interesse. In relazione a qualsiasi controversia internazionale, il divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali, divenuto nell’epoca attuale una norma consuetudinaria vincolante (o cogente), ha fatto sorgere l’obbligo per gli Stati di risolvere le controversie tra loro insorte “con mezzi pacifici, in maniera che la pace e la sicurezza internazionale, e la giustizia, non siano messe in pericolo“.
Cfr. Conforti B. “DIRITTO INTERNAZIONALE”, Editoriale Scientifica, Napoli 1992, pag.395.

5
In questo senso è orientata la prassi della Comunità internazionale, quando viene stabilito di costituire un Tribunale ad hoc incaricato di giudicare i responsabili di crimini di guerra, o contro l’umanità, avvenuti in determinate aree del mondo durante i più recenti conflitti armati. Il principio per cui la Giurisdizione penale internazionale è universale, nel senso che ogni Stato ha la facoltà di giudicare i criminali, si è ormai affermato come norma accettata generalmente, unitamente al concetto per il quale lo Stato che non potesse o volesse giudicare un criminale dovrebbe comunque consegnarlo alle autorità internazionali disposte a farlo (aut dedere, aut iudicare). In tal senso l’intervento del Prof. A. Gioia (Università di Modena) durante il seminario “Verso una Corte penale internazionale” tenutosi a Modena il 26/3/1999.

6
Liberamente accettati dall’Italia attraverso la firma dei Trattati istitutivi delle stesse.

7
Quella iniziata al solo scopo di aggredire un altro Stato, per occupare ed espandersi nel suo territorio. Ciò è comprensibile considerata l’esperienza della guerra fascista e nazista da cui l’Italia era appena uscita nel periodo in cui la Costituzione repubblicana è stata elaborata (1946-47).

8
Ad esempio la tradizionale concezione della guerra di difesa del territorio nazionale.

9
Art.52: “La difesa della patria è un sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino nè l’esercizio dei diritti politici.
L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.

10
In tal senso l’intervento di Antonio Baldassarre (ex Presidente della Corte Costituzionale), che, il 18/5/1999 durante una trasmissione televisiva, ha affermato “La guerra per la tutela dei Diritti Umani è conforme alla Costituzione“.

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