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Scala condominiale – Vito Riviello

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LietoColle – 2008 – 10,00Euro

Attraverso una Scala condominiale,la poetica di Vito Riviello s’inoltra tra le intercapedini di un palazzo chescandisce una comune esistenza lasciando filtrare luce per mettere a nudo un sensorelegato, murato nel non senso omologante. Lo fa in modo surreale, con unostravagante senso di moderazione, nel retaggio cubista dello scomporre traimmaginazione e presenza (in Paesaggi utilizza il “catasto” perricostituire un reale oltre “la bruma”), ma anche con forme più colloquiali edirette, come nel caso di Intervista, dove “l’evoluzione è come / uncolpo di sole, di più, / una colpa”, in un’ironia che rasenta la venamalinconica. Una struttura linguistica elaborata per mezzo di costruzioni fonetichein cui spesso si fa ricorso all’allitterazione con rotture semantiche che fuorvianoper ricondurre altrove, in un tangibile poetico che è anche tracciaescatologica dispersa nel contesto, ovvero quel microcosmo a lui più prossimoed infarcito di luoghi comuni dei media da dove il poeta continua a percepirela presenza del “sole” e delle “stelle” ritrovando spazi per riflessioni su undivenire sempre più incerto, ma mai avaro di spiragli di “luce”. “Micro emacro”, due dimensioni tra uno scrivere che “supera la velocità / della luce”,dove la difficoltà a conoscerci, accettarci, è persino più difficoltosa del viaggiare”alla ricerca / dell’austero infinito”. Luce che, da Lontana stella,”arriva sempre dopo” e che solo “l’innocenza / pensa di poter vedere” in”lontani fuochi / fiochi lumi di stelle”, ma luce e amore sono anche humus “perterre produttive di puro creato” relazionabile ad un creazionismo evolutivo. Unostabile, quello di Riviello, che dalle Feritoie lasciaintravedere anche ferite, “escoriazioni lessicali” che oppongono giochi diparole a un’inquietudine impertinente, che vorrebbe prendere il sopravvento. Qui la “Capsula dell’io” intende “cose avverse, / non nemiche”, che “deviano ipercorsi” lasciando l’inquietudine sottesa nello scandire dei giorni, similil’un l’altro, al di là degli eventi atmosferici, per quella “stessa luce” cheli caratterizza per poi, puntualmente, tornare a rinchiudersi in “una capsulacrepuscolare”. Il Destino compare nell’opposizione tra condizione edesiderio, allegoria tra corvi, monti e mari per associate perdute “Marie”ripercorse in altrettante perdute donne “fra le reti dei miti / di caritàcristiana”. Un rammarico, in tutto questo, resta per il Punto e virgola,occultato dai più nel timore di riaprire un discorso. Il Bacio èl’istanza all’ “eterna madre”, istinto ancestrale che si concretizza comediritto sindacale in una fisicità dell’emozione identificata con la “La secrezione urbana”, ne “l’amore visibile”, in una “traspirazione sebacea globale”. “L’amore invisibile” necessità invece d’introspezione e spessore. Ma l’amore vero,infine, esula entrambe queste visioni e si lascia cogliere soltanto “stradafacendo”.

La silloge, per la cronaca, si apre nelbinomio “dettaglio” “sbadiglio” che, amplificato, conduce a “molteplicipresenze”. Dettaglio ribadito, con tanto di replica del testoall’interno del libro, e che lascia comunque subito trapelare “luce” tra leombre permeando “realtà plurime e multimediali”, “nuovi segnali” che l’autore,da sempre attento a giovani e contemporaneità, coglie puntualmente. Ma insiemea questi segnali, emerge anche una sospensione del tempo in un presente vacuo eprivo di simboli propri, di quelle che rischiano di lasciare senza memoria eidentità le nuove generazioni. Con Simmetrie, c’è un piano specularefotografico e modernista che affiora, un desiderio di conoscenza che passa perla rivelazione delle forme e, nell’analisi descrittiva del fenomeno, sonda ilmistero in esse contenuto, un gioco dell’occhio che, in Vestire gli ignudi,denota volute in rimandi sulle nudità dell’io con ulteriori connessioninovecentesche. Muretti ciclopici, a partire dal titolo, manifesta ilparadosso volto a ricomporre dimensioni ed emozioni nell’ossimoro generato, insiemea Luglio palesa un luogo d’azione del poeta, nell’ordine lapoltrona e la finestra. Da qui il poeta si rivolge direttamente ai condomini,alla loro conclamata disattenzione per un idillio celeste che il poetapercepisce come “calore” e “sole”. Un sole dettagliato in un “bacio intercomunicante”,nel riflesso di un iperrealismo cromatico della luminescenza, “quello / cheappare ai coltivatori / e ai bagnati” nell’amplesso con la madre-terra. In Uno alla volta, tra “scarti cimiteriali”, “fanghiglie” ed altreimmagini di più forte impatto, compare un terzo luogo d’azione: i balconi, dadove si percepiscono artefatti papaveri “colorati all’ingrosso”, ma anche “ascensoridella luna”. Noè, in questa planimetria condominiale, è la constatazionedi un provincialismo reso mondano con un lessico che torna ad essere più discorsivo,mentre con Escamotage il colloquiale si fluidifica in una struttura di sovrappostipensieri estetizzanti il comico che, con la poesia dedicata Ad AlbertoSavino, divengono memoria dialogica. La tematica famigliare si avverte inpiù punti e con diverse sfumature, c’è una cugina che insegue un “amoreimpossibile / scappato da un museo” mentre Daniela, definita “nomenclatura dibase” con Lidia, “nel precariato in corso” è colei che “dentro e fuori”preserva un “posto fisso d’onore” al poeta. Juli, “bisnonna, / bellafragile e danzante”, porta in dote un “nitore”, che è limpidezza lucente, escavalca il tempo in correlazioni storiche che finiscono per frantumarlo e renderlo”unico” nel suo susseguirsi, quindi “Cartagine brucia ancora” e, altrove, “ilre Borbone” “visita Potenza” tra nebbie mentali” e “metamorfosi nel passo”. Maanche in Sequenze, con “sessi” “mai fissi” e “scissi”, tutto,infine, vira all’unitario riconducibile a più forme. Un senso nel non senso opiuttosto un “senso / che si dà al non senso”, come precisa l’autore nei suoiversi, dove ogni possibile destrutturazione e riconfigurazione sembrerebbeanche ricondurre ad un’unica matrice, forzare le odierne “feritoie” del vivere pertentare ancora varchi arditi ma possibili che, attraverso lo sguardo del poeta,permettano tuttora di sondare quell’oltre che ci vincola all’esistenza.

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