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Voci che sussurrano

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Voci che sussurrano

Bentornati a tutti gli amici di Kult, forse di ritorno da qualche giorno di vacanza o dalla classica gita di Pasquetta, nonostante la temperatura non proprio primaverile.
Se trovate il tempo, tra un uovo di cioccolata e una colomba, vi invito anch’io a firmare la petizione di
http://punto-informatico.it/petizione.asp contro la nuova legge sull’editoria web, che a nostro parere lede fortemente il diritto all’espressione, ponendo vincoli e limitazioni a chiunque possieda un sito internet, come ha già illustrato Marco Giorgini nell’ultimo editoriale. Per ulteriori chiarimenti rimando sia al sito di Interlex, sia agli articoli dell’acuto e chiarissimo Alberto Monari, nostra "punta di diamante" della sezione DIRITTO.
Ma lasciamo da parte le tristezze politiche di casa nostra, per immergerci nel mondo parallelo delle poesie e dei racconti di SUSSURRI: questo numero è particolarmente ricco di voci e di temi nuovi, quasi un’implicita protesta contro chiunque cerchi di incanalare e ingabbiare il fiume creativo della rete (un mio amico, a questo proposito, ha paragonato Internet a una sorta di "inconscio del mondo", in cui trovano spazio i lati più oscuri e i più nobili dell’uomo ).

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Con il suggestivo e originale Pixel Vittorio Baccelli, autore nuovo che speriamo continui a collaborare con Kult, ci descrive un incontro di sesso a pagamento, immerso in un divertente scenario fantascientifico. Un racconto vivace e brioso, scritto in uno stile agile e venato di un sottile umorismo, soprattutto nella presentazione del protagonista "umano, troppo umano", anche se alla guida di un modulo; intrigante poi l’atmosfera allucinatoria che pervade ogni azione, ogni pensiero dell’uomo, lasciandoci il dubbio se si tratti davvero di realtà.

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Da una new entry, a una storica colonna di Sussurri. Dopo qualche mese di assenza torna alla grande Matteo Ranzi, con una lirica intensa e bellissima dedicata ai prigionieri di guerra a Trieste, paragonati con una struggente analogia ai Fiori appesi sulle pareti annerite. Sono versi difficili da dimenticare, con quell’immagine lancinante della giornata fredda, della solitudine intorno al luogo di morte, reso ancora più tetro dai pallidi mazzetti rinsecchiti sui muri.

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Al termine non è, forse, la prosa migliore di Christian Del Monte, anche se è pervasa dall’aura inconfondibile e affascinante che caratterizza questo autore, dall’atmosfera opprimente e malata dei mondi senza via d’uscita da lui descritti.
Ma c’è un’insistenza quasi morbosa alle situazioni scabrose, e tutto appare eccessivamente criptico: la freddezza, che di solito è positivo rifiuto di ogni caduta sentimentale, viene spinta all’estremo e rasenta l’intellettualismo.

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Splendida la nuova prova di David Risa, che con Concerto per me si cimenta in una poesia dai toni folli e onirici, mostrando una predilezione per situazioni fuori dall’ordinario, per colpi di scena improvvisi e folgoranti (come in Oceano nero, pubblicato lo scorso numero).
Infatti dapprima i versi sembrano descrivere un vecchio pianista in una stanza; la musica viene accolta da un applauso finale, ma…si tratta davvero di un uomo? Bellissima l’immagine delle note di "miele e di cartone nero", che si spandono nell’aria come pipistrelli.

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Una voce nuova per Kult è anche Nunzio Cocivera, autore promettente, che ci presenta il commovente personaggio de La signora Vanna, un’anziana donna forte e coraggiosa, reduce da una difficile vita di emigrata all’estero, e del giovane disoccupato che l’accompagna a prendere l’aereo per l’Argentina. Una storia simpatica, dolce, forse un po’ ingenua nella sua semplicità, così come presenta qualche ingenuità lo stile.

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Conosciamo ormai la "cifra" poetica di Mario Pischedda, il suo periodare classico, la sua ispirazione latineggiante – ad esempio nel posporre sempre i verbi, ottenendo un particolarissimo effetto di straniamento, come si nota in Vivere sempiterni .
L’abilità, la tecnica nella costruzione del verso denotano una cultura letteraria profonda e sedimentata, un forte senso della parola e della poesia.

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Una profonda sensibilità connota anche le liriche di Myskin, pur nello stile completamente diverso, nella sua armonia essenziale e impalpabile. Per comodità mi sono permessa di aggiungere il titolo alla nuova poesia di uno degli autori più amati di Sussurri; Incontro dipinge con pochi tratti, privi di qualsiasi sentimentalismo, la visione fugace di un barbone perso nella notte.

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Si aggiunge un altro capitolo nella saga autobiografica di Spalla, che con il breve, disincantato Anulare racconta della sua "apatia". Un difetto, un pregio? Massima razionalità, ideale supremo del saggio stoico, calcolata comprensione di ogni pensiero altrui, di ogni tesi e del suo contrario; ma anche assoluta mancanza di entusiasmo, freddezza, poca fiducia nel prossimo.
Come sempre questo misterioso autore ci offre uno spunto di riflessione, spingendo fino al paradosso i suoi ragionamenti.

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Joe Ferrara sembra affascinato dai meandri più oscuri dell’animo umano, dal peccato, dalla degrado, dal delitto: stavolta inserisce i temi a lui cari in una poesia, invece che in un racconto. L’incipit de L’uomo con la pistola è quello tipico di tante opere di questo autore, con l’incontro tra cliente e prostituta, i particolari crudi e scabrosi, il desiderio visto nella sua brutale essenzialità, fino al colpo di scena finale.

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Tiriamo un po’ il fiato con l’ottocentesca Luce, in cui Mariacarla Tarantola narra in pochi versi la bellezza e le piccole gioie dell’esistenza: anche qui si sente l’eco di tante letture, di strofe pascoliane interiorizzate.

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Arriva al capolinea la settimana di Gabriele Prati: le note malinconiche appena accennate, soffuse nell’atmosfera ridanciana e giovanilistica degli altri episodi, esplodono in Domenica sera, il capitolo più amaro. La stanchezza del fine settimana coincide con la disincantata riflessione sulla banalità dei rapporti e dei tradimenti, con la lucida visione dello squallore delle storie d’amore che si sfaldano nella noia. La poesia finale ha il sapore di un commiato, un saluto a un mondo che sembra disintegrarsi.

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Chiude il sipario anche il simpatico, brioso "divertissement" di Gabriele Roccheggiani, che con Turisti no alpitur ci presenta un’altra faccia del viaggio, come torrente in piena di emozioni, richiami letterari, ricordi e impressioni che si accavallano, davanti a una città variegata come Londra; per poi passare a Quasimodo e alla sua Notre Dame, e attraversare velocemente la storia, Weimar, Sartre e l’esistenzialismo….

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Ideale conclusione di questo numero è la lirica di Biagio Salmeri, una delle più belle della raccolta L’esatta cubatura del cerchio. Lo stile è quello solito a cui ci ha abituati Salmeri, razionale e armonico: folgorante, splendida l’immagine della mente affollata di pensieri solitari come "lunghi treni merci" oppure come "quelle metropoli affollatissime/ ai margini del deserto".

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Siamo arrivati finalmente al termine, e spero che questo numero di Sussurri ci dia l’occasione di utilizzare di più il nostro cervello, pochissimo sfruttato, secondo Biagio Salmeri. Mi raccomando, continuate a seguirci! Arrivederci al prossimo numero (spero…)

Lorenza Ceriati

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