KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

David Gray

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David Gray

Siamo a Manchester negli anni ’70 …..
In una notte umida e nebbiosa il vasto silenzio ovattato viene rotto dal pianto di un bambino appena nato……
Quella "nota" acuta che si infrange nell’ aria è la prima emessa da David Gray.
Esordi neonatali a parte del viaggio musicale di questo artista non si conosce granchè; inizia a suonare in una punk band di Liverpool, città in cui frequenta l’ Università, ma si stanca presto delle limitazioni liriche poste dal punk e il suo stile comincia ad evolvere in una forma più poetica.
Il suo primo singolo esce nel 1992. Nel 1993 il primo album A Century Ends.
Ma il suo talento non riesce a raggiungere la notorietà a causa della sfortunata esperienza con le case discografiche (ne ha cambiate ben quattro: prima ha provato con la Hut poi Virgin, EMI che è capitolata l’anno di produzione di Flesh e Chrysalys).
A dispetto di queste fabbriche musicali David riesce comunque a produrre capolavori quali:
Lost Songs, Flesh, Sell Sell Sell, e l’ultimo, sicuramente il più noto perché il più pubblicizzato: White Ladder .
Flesh è forse il più riuscito, se si dovesse stilare una classifica, in cui il lirismo e la sensibilità di David si fondono con l’entusiasmo e la grinta di Clune (bassista e batterista) una collaborazione perfetta e proficua che ha permesso di dar vita a piccoli gioielli come Coming Down e la stessa Flesh che dà il titolo all’ album.

La mia sensibilità è però rimasta colpita da Lost Songs.
Scritto da David in Irlanda, un regalo ai suoi fans irlandesi che l’hanno sostenuto per molto tempo, è un album unico.
Molto distante da White Ladder, più elettronico, in Lost Songs David rinuncia ad ogni artificio moderno; il genere è quello Folk – Rock con chiare influenze dylaniane e morrisoniane.
Chitarra acustica e pianoforte trionfano intessendo melodie semplici addirittura scarne ma armoniose che accompagnano le canzoni di David: un morbido tappeto su cui i testi si adagiano e si svelano grazie alla voce del loro autore.
E’ il più intimista dei suoi Lp. Le undici ballate sono vere poesie, brevi ma intense accomunate da un tema conduttore: la perdita delle illusioni e la necessità di affrontare a viso aperto con realismo i sentimenti e le relazioni.
Parlano dell’ amore perduto e dell’ incapacità di comunicare, delle contraddizioni che spesso ci dividono tra i valori in cui crediamo e lo stile di vita che conduciamo Flame turns blue, della volontà di vivere fino in fondo e non lasciarsi scoraggiare Twilight, della necessità di chiarezza e veridicità nei sentimenti nella bellissima If Your Love is real.
Mai eccessivo o sdolcinato semmai un po’ nostalgico David riesce a raccontare temi profondi con una buona dose di cinismo e l’esempio topico è la mia preferita: A Clean Pair of Eyes in cui neanche in sogno David vuole rinunciare ad un paio di occhi "nitidi".
Ad enfatizzare il tutto c’e’ l’interpretazione di questo artista: ogni parola sembra spinta fuori dal profondo con voce a tratti roca e graffiante e sempre ricca di pathos.
E’ un album intimo e semplice che arriva direttamente al cuore in cui l’ anima di David è quasi palpabile.

Silvia Melzi

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