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Il deserto dei beduini

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Il deserto dei beduini

Il titolo è una chiara parafrasi del libro di Dino Buzzati, dove invece dei beduini c’erano i Tartari, ma l’attesa di un nemico che non arrivava mai era simile a quella descritta da
Monteleone nel suo "El Alamein", in programmazione proprio in queste settimane.
Anche se nel libro l’attenzione era spostata sulle riflessioni e sull’assurdità della guerra, oltre al fatto che nella battaglia di El Alamein del 1942 i nemici, allora gli inglesi, arrivarono sul serio, ci sono molte analogie tra la letteratura ed il film, ispirato ad un fatto assolutamente reale. Nell’Ottobre del 1942 l’Italia è ancora alleata con i tedeschi. Sebbene questi ultimi siano già in fase calante, e l’Africa non era certo una priorità da difendere a quelle condizioni, rimangono interi battaglioni dislocati tra la Libia e l’Egitto, oramai dimenticati dai rifornimenti e dagli strateghi, ma ancora buoni per una falsa propaganda e per motivi di prestigio personale dei dittatori Mussoli e Hitler. In "El Alamein" si narra attraverso gli occhi e le lettere di un giovane e disincantato Volontario Universitario, di nome Serra, la tragedia della divisione Pavia e quelle delle altre truppe italiane che saranno sbaragliate dall’8° armata inglese in quella che verrà ricordata come una delle sconfitte chiave subite dai tedeschi durante la 2° guerra mondiale.
La linea del fronte è più indietro, davanti rimangono in stato di totale abbandono poche migliaia di uomini male armati e raramente riforniti, ormai arresi alla sorte, ormai incapaci di credere a dei rinforzi che non arriveranno mai. Il giovane Serra (Paolo Briguglia) si rende ben conto che la guerra è attesa e miseria, non è quel mlorire da eroe che ha studiato a scuola. I suoi compagni glielo fanno capire subito, senza sconti. E così, giocatosi ben presto i suoi "miracoli" scampando a due possibili episodi fatali, Serra diventa uno di loro, condividendo con il resto della compagnia l’amarezza per una realtà squallida e eterna, arrivando a sperare di fare una vera battaglia e morire. Sotto i bombardamenti degli "88" inglesi, mentre l’aviazione tedesca non arriverà mai, la "Pavia" arranca e si ritira per poi venire travolta in una sola notte dagli inglesi, in maggior numero, meglio armati e rifocillati, cadendo comunque in modo eroico. Dopo di che, passati gli inglesi che semplicemente si dirigevano verso il vero fronte africano, comincia un cammino penoso verso chissà cosa, un campo, un camion, l’Italia. Il finale racconta della fatica e delle umiliazioni che dovranno subire i soldati in fuga, costretti a guardare i camion tedeschi sfrecciargli davanti o i generali discutere di guerra con gli abiti puliti.
Incuriosito dal film per la regia più che per il tema, ho invece avuto il piacere di guardare il racconto di un episodio storico senza cadute banali o tentativi inverosimili di catturare l’attenzione del pubblico, dove ad esempio fallì "Porzus" bruciando di fatto un’altro episodio importante della nostra storia sulla 2° guerra mondiale. La regia è leggera ma vigile, le riflessioni di Serra si intercalano bene con le scene di "cronaca", anche se non tutti gli attori sono all’altezza. Enzo Monteleone, dopo avere sceneggiato il famosissimo "Mediterraneo", dimostra di avere sensibilità nel trattare un argomento che spesso è stato travistao, ricavandone l’immagine dell’italiano o codardo oppure spensierato sotto le bombe, da questo punto di vista i film che meritano attenzione sono veramente pochi. Ciò che funziona nel film è l’atmosfera della guerra, resa così verosimilmente, lo posso dedurre dai racconti di mio nonno, che induce a 60 anni di distanza a riflettere ancora su quegli anni e su ciò che ne sappiamo veramente. Durante il film, comunque, c’è la bella scena della battaglia con gli inglesi, tra le luci dei carrarmati e la sabbia delle esplosioni. Peccano forse i tre cameo di Orlando, Cederna e Citran, interessanti negli intenti ma troppo ravvicinati e estemporanei.
Ho incrociato per caso, navigando nella Rete a caccia di informazioni su "El Alamein", un commento al film tratto dal sito ufficiale della brigata paracadutista Folgore, che citando testualmente, riporta quanto segue: "Chi sperava che fosse finalmente giunta l’ora per l’Italia di rendere i dovuti onori a dei soldati che morirono nel deserto per riaffermare il proprio amore per la Patria resterà ancora una volta deluso. Chissà magari Monteleone per la sua fatica artistica otterrà anche qualche sovvenzione dallo Stato." Credo invece che l’approccio dello sceneggiatore e regista sia stato molto onesto nei confronti dei soldati italiani inviati in Africa, ai quali mette in bocca parole di risentimento per lo stato di abbandono nei quali "la Patria" li ha lasciati, mentre affermano comunque l’amore per la loro terra natale e anche per la loro missione, o perlomeno per gli intenti iniziali di quella campagna d’Africa. L’articolo, lo trovate all’indirizzo
http://www.folgore.com/TradizioneParacadutista/elalameinmediterraneo.html, sembra scritto da una persona che non ha visto il film e che, probabilmente, lui sì che gode delle sovvenzioni dello Stato.
Comunque, un buon film.

Benatti Michele

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