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Queens Of The Stone Age – Songs for the deaf

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Queens Of The Stone Age
Songs For The Deaf
(Interscope, 2001)

C’erano una volta i Kyuss. Questo nome ai più non dirà granché, ma dietro ad esso si cela una band alla quale va ascritto un merito non tanto comune: quello di aver fondato un genere, o quantomeno un sottogenere, il quale oggi va usualmente sotto il nome di stoner. Trattasi di un rock massiccio ma solitamente in tempo medio, dall’incedere poderoso; debitore quale fonte d’ispirazione principe all’hard rock più schietto e pesante degli anni Settanta, Black Sabbath in primis, ma spesso ibridato oggigiorno con il blues o colorato di tinte psichedeliche. Un genere tuttora quasi esclusivamente confinato nell’underground, senza grosso potenziale da classifica. Eppure un eccezione che mette a dura prova questa regola esiste e si chiama, guarda un po’!, Queens Of The Stone Age.
Nati dalle ceneri dei Kyuss per volontà del chitarrista Josh Homme, i QOTSA ne hanno raccolto idealmente l’eredità e continuato il lavoro sfornando fin qui tre dischi, dei quali questo Songs For The Deaf è il più recente. A cosa si debba quel certo appeal commerciale che questa band possiede è francamente difficile dirlo: melodie accattivanti occhieggiavano senza alcun dubbio tanto dal lavoro d’esordio quanto dal successivo Restricted, però non in dosi così massicce da garantire di per sé l’accesso ad un pubblico più ampio. Forse una buona strategia di marketing, che ha portato i QOTSA a circolare anche su MTV, ha permesso loro di fare qualche passo avanti nelle preferenze del pubblico; il richiamo al mito dei Kyuss ha peraltro assicurato loro la fedeltà dei fans duri e puri. L’ingresso nell’attuale line-up di nomi quali Dave Grohl e Mark Lanegan potrebbe in quest’ottica contribuire ulteriormente alla loro scalata al successo, ammesso e non concesso che ad una band stoner sia davvero dato di percorrere strade così insolite come quelle che conducono ai vertici delle charts.
All’appuntamento i QOTSA si presentano con un disco che non può non suscitare grosse aspettative. Rileggetevi i due nomi citati qualche riga più sopra: il batterista dei Nirvana, nonché leader dei Foo Fighters, più la voce degli Screaming Trees. In due parole, gente che di rock duro se ne intende come pochi altri; artisti che hanno vissuto in primissima linea l’epoca aurea del grunge, sapendone uscire indenni e persino rinnovati, pronti a brillare nuovamente di luce propria. Avvalendosi di simili elementi, il gruppo si sarebbe detto in un certo senso obbligato a produrre un capolavoro assoluto: andiamo allora vedere se ne è stato, all’atto pratico, veramente capace.
Songs For The Deaf parte alla grande. Dopo qualche secondo di zapping radiofonico dai solchi dell’album si sprigionano le note di un assalto frontale che porta il titolo di You Think I Ain’t Worth A Dollar, But I Feel Like A Millionaire. Da qui si passa al singolo No One Knows, condotto impeccabilmente dal drumming potentemente ritmato di Grohl e fondato su un filo conduttore opportunamente spezzettato e traballante. Gli fa seguito l’ottima First It Giveth, ancora più claustrofobica e fornita di un ritornello che non si dimentica facilmente. A Song For The Dead regala quaranta secondi di iniziali imprevedibili stop and go prima di evolversi in un’oscura cavalcata che ricorda i Melvins. La seguente The Sky Is Fallin’ è un’ottima ballata in cui ascoltando attentamente pare di cogliere una certa memoria tardo-soundgardeniana. Fin qui c’è di che leccarsi i baffi, ma…
Ebbene sì, c’è un "ma". Da qui in poi non è che il disco peggiori drasticamente, scada di qualità, passi dalle stelle alle stalle: subentra però una certa assuefazione. Le canzoni prendono a suonare tutte troppo simili e difettano in personalità; la voce di Homme non sembra più così ambigua ed insidiosa ma si riduce a stereotipo; il forsennato lavoro di Grohl alle pelli finisce per diventare fine a se stesso, virtuoso accompagnamento a pezzi che non strappano più applausi a scena aperta. Non voglio sostenere che a chiunque ascolti questo CD il destino riserverà la mia stessa impressione, però indubbiamente tre album dei QOTSA hanno fatto capire che questo tipo di musica a lungo andare mostra un po’ il fiato corto.
Come detto più sopra, No One Knows oggi come oggi è in rotazione su MTV e ciò è un bene, perché di musica non "addomesticata" in televisione non ne passa mai abbastanza; ma questa prestigiosa associazione di reduci stoner e grunge non mi pare francamente destinata a ripercorrere le orme degli illustri gruppi di provenienza, ne’ a lasciare un’impronta altrettanto indelebile nella storia della musica. I QOTSA, insomma, non valgono gli Screaming Trees, ne’ tantomeno i Kyuss o i Nirvana: gli elementi ci sono, la musica è tutt’altro che malvagia, la congiuntura parrebbe essere tutto sommato positiva; ma la scintilla sfolgorante, quella che ti fa gridare al capolavoro, ancora latita. Per quanto mi riguarda, temo che la mia copia di Songs For The Deaf si avvii a trascorrere un lungo soggiorno sullo scaffale…

Fabrizio Claudio Marcon

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