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Le avventure di Banedon – VII

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Le avventure di Banedon – VII
Nelle caverne

La grotta in questione era sulla parete di una ripida vallata, a poca distanza dalla località di Santes dove si erano fermati a trascorrere la notte precedente, e ora l’aria si era fatta più fresca, mentre s’apprestavano a entrare. Banedon era già stanco per la camminata e la discesa lungo il fianco della vallata, che con le sue vesti si era rivelata poco agevole.
– Bene, Banedon, ci siamo – disse Ratz mentre accendeva le torce e le distribuiva ai compagni. – Tu stai dietro di me. Wolf andrà avanti, così, per precauzione. E’ più abile di noi a colpire i topi.
Ma il suo sorriso era forzato. Banedon sospettò che ci fosse qualcosa di non detto, ma non avanzò obiezioni: si fece più attento e seguì i compagni. L’ingresso della grotta diventava subito una discesa abbastanza ripida, e dovette stare molto attento a non scivolare sulle rocce umide. Più in basso il fondo della caverna si appianava e si inoltrava nel buio. Wolf procedette lentamente con la torcia ben alta in una mano e la spada nell’altra; Ratz avanzava pronunciando a bassa voce preghiere di incoraggiamento mentre Banedon si guardava intorno sospettoso. Camminarono molto cautamente e leggermente curvi per diversi minuti, poi gradualmente le dimensioni della grotta aumentarono: un fugace terribile ricordo dell’antro del drago balenò per la testa di Banedon prima che questi scacciasse con rabbia quel pensiero, non esattamente qualcosa che potesse incoraggiarlo. Dopo altri venti minuti, l’umidità aumentava e la temperatura si era fatta decisamente fresca. Il giovane mago si rivolse a Ratz.
– Quanto è lunga questa caverna, santo cielo?
– Sshht! – lo zittì Ratz – non fare casino. Dobbiamo essere pronti a cogliere qualsiasi rumore. Cerca di tranquillizzarti.
– Ehi! – intervenne il barbaro – Guardate!
I due sbirciarono la penombra oltre le spalle di Wolf e si accorsero che proprio di fronte a loro c’era un angolo di roccia: la grotta si divideva in due direzioni.
– Ecco, e ora che mi dici? Dove andiamo, Ratz?
– Io… be’, proviamo a destra.
Banedon si irritò. – Come sarebbe a dire "proviamo"? Tu non hai idea di dove stiamo andando, giusto?
– Senti, ragazzo – cercò di scusarsi il chierico – lo sapevi benissimo che non ero mai stato qui sotto. A quanto ne so, non dobbiamo far altro che cercare una sacca abbandonata per terra in qualche anfratto, tirare fuori quello che stiamo cercando e poi filarcela. Hai così paura?
– Ma che paura! Non ho voglia di perdermi qua sotto, ecco cosa! Di che cosa dovrei aver paura…
– Sshht! – lo interruppe ancora Ratz, e si immobilizzò ascoltando dei rumori. Anche Banedon li sentì, poco dopo. Erano passi. Passi leggeri. Lenti. In lontananza. Si udirono affievolirsi piano, fino a che non poterono più udirli.
– C’è qualcuno qui sotto! – mormorò agitato.
– A quanto pare, sì. Ma non possiamo permettere che ci precedano. Avanti, andiamo – concluse, e indico con un gesto ai compagni la grotta di destra.
Camminarono per ancora qualche decina di metri, quando Banedon notò un cambiamento nella caverna. Nella fioca luce delle torce si accorse che i pavimenti e le pareti erano più regolari, meglio lavorati. Il pavimento in particolare sembrava piuttosto liscio, come se la zona fosse (o fossse stata) frequentata. Stava per esternare i suoi pensieri quando Wolf si bloccò improvvisamente e disse qualcosa a Ratz. Pur non avendo capito il borbottio del barbaro, Banedon vide che indicava davanti a sé e guardò a sua volta. Davanti a loro, a meno di una decina di metri, la caverna si apriva in uno spazio più vasto. Avanzando accostati alle pareti, si trovarono in un atrio circolare largo meno di una decina di metri. A destra e a sinistra si aprivano altre due gallerie; sulla parete di fronte a loro, infisso nella parete c’era un’anello metallico destinato probabilmente a portare torce.
– Questo luogo è abitato! – Banedon, irritato, faceva fatica a contenere il volume della voce. Una volta ancora, sentiva che si stava facendo trascinare in qualcosa più pericoloso del previsto.
– Be’… sì e no. Magari è una segreta che si va a collegare a qualche castello vicino. – Ratz continuava a ostentare sicurezza.
– Non dire cazzate. Non ci sono castelli per miglia nei dintorni. Questo posto è frequentato e non abbiamo idea di chi sia.
– Potrebbe essere un laboratorio di mago, o qualcosa del genere, no?
Banedon considerò la possibilità. Lui stesso aveva un suo laboratorio. Un mago più potente se ne sarebbe potuto costruire uno più nascosto e spazioso.
– In ogni caso – cercò di far notare – se questo mago o chiunque sia sa che siamo qui potrebbe anche averne a male, non trovi?
– Se fosse frequentato – intervenne Wolf – ci sarebbero torce appese alle pareti. Se qualcuno era qui, ora non c’è più. Comunque non perdiamo tempo. Troviamo il gioiello e andiamo via subito.
– Wolf ha ragione. Guardati bene in giro: qui non ci passa nessuno da molto tempo. Questo posto non è abitato, attualmente.
– E quei passi che abbiamo sentito prima?
– Temo proprio che sia qualcuno che voglia rubarci la pietra. Ecco perché dovremmo…
Ci fu un rapido movimento, e Ratz intravide solo un riflesso rapido di luce prima di sentire una voce femminile che diceva: – Zitto e fermo, o hai finito di vivere. – Il chierico lasciò cadere a terra la torcia.
Wolf e Banedon si voltarono sorpresi e videro una donna, apparentemente uscita dal nulla, alle spalle di Ratz. La donna teneva il coltello appoggiato al collo del sacerdote, e gli stringeva un braccio dietro la schiena. Wolf fece per muovere la mano verso la spada, ma la donna lo bloccò intimandogli: – Fermo! Guarda là.
Il barbaro guardò nella direzione indicata con un cenno del capo dalla donna, e vide un uomo apparentemente comparso dal nulla, che lo teneva sotto tiro con una balestra.
– Se chiunque di voi si muove – proseguì la donna – due di voi muoiono subito, e il terzo avrà poco scampo. Volete starmi a sentire, cari amici?
Banedon e Wolf esitarono solo un attimo prima di annuire.
– Bene, così andiamo. D’accordo. Tu, appoggia la spada a terra. Molto piano. Bene così. E ora, uno alla volta, toglietevi lo zaino e appoggiatelo alla parete. Sempre molto piano. Okay. Bene. Chi posso considerare il vostro capo?
Wolf e Bane guardarono Ratz, che non fece alcun cenno né disse parola, ma il loro sguardo fu sufficiente perché la donna capisse che il loro "capo" era esattamente il sacerdote tenuto a bada dal suo coltello.
– Bene, ragazzo mio, mi è capitato di sentirti parlare di una pietra preziosa, o sbaglio?.
Il tempo per inventarsi balle era davvero poco, con quella lama sul collo che riduceva drasticamente la durata dei secondi. Ratz ci riuscì lo stesso.
– Non è preziosa – biascicò – E’ un oggetto sacro, e vale solo per chi crede in qualche cosa.
– Io credo in qualcosa – replicò la ladra – credo che mi stai prendendo per il culo.
– Dico sul serio. Sono un sacerdote, non hai visto il mio simbolo? E’ per questo che sono qui.
La ladra esitò. Banedon intervenne per aiutare a risolvere la situazione, indorando la pillola.
– E’ così – disse il giovane mago – Il suo ordine ha tutti i soldi che vuole e nessun desiderio di ricchezza potrebbe condurlo in avventure pericolose. Il valore dell’oggetto è spirituale.
– E voi, dunque, che non siete suoi compari, che ci fate qui?
– A lui la pietra, a noi tutto il resto. In ogni grotta ci sono dei tesori, se si sanno cercare. Potrebbero davvero esserci altre pietre interessanti in giro, o armi, o monete rubate da animali.
– …
– E siccome credo che voi siate qua per lo stesso motivo, tanto vale collaborare, non credete?
– Collaborare?
La ladra lanciò uno sguardo al complice con l’arco che si teneva ancora a qualche passo di distanza, ma questi si limitò ad alzare le spalle. La donna esità qualche secondo soppesando le alternative.
– Okay, uccidervi per rubarvi pochi stracci non mi servirebbe a nulla. Non mi piace dover dividere i tesori, ma… se conoscete questa grotta o avete qualche altro modo aiutarci ci sto. Vorrà dire che il lavoro sarà più facile e veloce.
La donna staccò il pugnale dalla gola di Ratz, spingendolo in avanti.
– Ora, ditemi i vostri nomi.
– Io sono Banedon, di Arendal. Questo sacerdote…
– … sono Alfio Rattizen, donna. Grazie per l’aiuto che vorrete darci. Non posso certo promettervi che il mio ordine vi ricompenserà, considerato il vostro mestiere… ma come diceva Banedon, i tesori recuperati saranno da dividere tra voi. Questo è William – concluse Ratz indicando Wolf – ed è un bravo guerriero nordico. Non è molto espansivo, tuttavia.
In effetti, Wolf non aveva ancora detto una parola dall’incontro.
– Bene, signori, io sono Lorelin e quello è Mozart. Ora, senza perdere altro tempo: noi cammineremo dietro di voi, in maniera da tenere d’occhio le vostre mosse. Voglio essere fuori di qui prima che faccia notte. Vuoi fare strada, William?
Il barbaro la guardò senza cambiare la propria espressione, poi raccolse la spada e si rivolse a Ratz.
– Da che parte andiamo?
– Direi di proseguire a destra.
Wolf s’incammino attento ma deciso verso il corridoio di destra. Non sembrava minimamente turbato dall’incontro, come se qualche compagno di viaggio in più o in meno per lui non facesse differenza. Ratz raccolse la torcia e insieme a Banedon seguì il compagno. I due ultimi arrivati si accodarono al gruppo.

Alessandro Zanardi

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