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Apologia del Rifiuto

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Apologia del Rifiuto
Secondo Stephen King

" Se Dio ti ha messo a disposizione qualcosa che sai fare, perché in nome di Dio, non lo fai?"
Stephen King

Torniamo ancora una volta a Stephen King.
Non è uno dei miei autori preferiti, anche se i suoi libri avvincono e catturano il lettore in una spirale ipnotica dalla prima all’ultima pagina, ma è uno che sicuramente sa come parlare chiaro e che ama visceralmente il mestiere che fa.
I suoi consigli di scrittura sono semplici e chiare come le ricette di cucina di Zia Adele.
Sapete, mezzo chilo di zucchero, sei uova, un pizzico di cannella, un chilo di farina, sbattere e amalgamare, poi mettere in forno.
E non vengono da sopra una cattedra, ma da uno che lui per primo ci ha dovuto sbattere il naso, più volte, prima di capire.
Eh già. Perché Stephen King, oggi il Re, quando Re ancora non era, collezionava lettere di rifiuto di riviste e case editrici, e le teneva appese a un chiodo, sul muro della soffitta dove si rintanava a scrivere.
E quando le lettere di "grazie, ma non ci interessa" divennero talmente tante che il chiodo ormai non le reggeva più, lui sostituì il chiodo con un rampone, e andò avanti lo stesso.
Continuò imperterrito a scrivere e a spedire manoscritti.
Ma ogni volta migliorava un poco, e presto le lettere cominciarono a contenere oltre al rifiuto anche qualche parola di incoraggiamento o qualche consiglio. Finchè qualcuno alla fine gli disse "il fatidico sì".
E la sua carriera incominciò, allora, proprio come potrebbe cominciare la mia o la vostra.


I rifiuti non servono dunque per scoraggiarsi, ma per imparare a migliorarsi.
C’è addirittura chi sostiene di essere entrato nel Guinnes dei primati per quanto riguarda il numero di rifiuti ricevuti, e addirittura, lungi dallo scoramento, ha saputo trasformare secondo le massime orientali, una catastrofe in un successo, pubblicando un libro sulle sue disavventure editoriali. Libro che sta avendo un discreto riscontro e di pubblico e di critica.

Per cui all’insegna del grido "Niente è perduto" ascoltiamo dunque i consigli di Stephen King.

Innanzitutto il Re del Brivido specifica che in realtà gli scrittori si formano da soli perché secondo lui "l’attrezzatura è compresa nella confezione originale".
Come nelle migliori teorie evoluzionistiche il talento dello scrittore e narratore è presente in forma germinale, e deve essere solo rafforzato e affinato.

Ma come? E’ molto semplice:

"Quando scrivi una storia, la stai raccontando a te stesso. Quando la riscrivi, il tuo compito principale è togliere tutto quello che NON è la storia. Scrivi con la porta chiusa, riscrivi con la porta aperta. In altre parole ciò che scrivi comincia come una cosa tutta tua, ma poi deve uscire. Dopo che hai ben capito che storia è e la scrivi nella maniera giusta, o comunque al meglio di cui sei capace, appartiene a chiunque abbia voglia di leggerla. O criticarla. E se sei molto fortunato saranno in maggior numero quelli che desidereranno leggere di quelli che vorranno criticare".

Nel 1968, quando Stephen King era ancora agli esordi e cercava di far accettare i suoi lavori era diffusa l’opinione secondo cui "gli aspiranti poeti o scrittori vivevano nella bolla di rugiada di un mondo alla Tolkien, ad acchiappare versi o paragrafi dall’aria pura. Il concetto era assolutamente unanime. L’arte vera arrivava da … là fuori. Gli scrittori erano stenografi baciati dalla sorte che ascoltavano dettati divini. La buona scrittura veniva spontaneamente, in uno sgorgare emotivo che andava colto al volo: quando stai costruendo quella fondamentale scala che porta al cielo, non puoi perdere tempo a gingillarti con un martello in mano."

Stephen King invece arrancava con la sua famiglia in mezzo a serie ristrettezze economiche, viveva in una roulotte in affitto, lavorava in una lavanderia come uomo di fatica, mentre sua moglie era cameriera da Donut’s, e spesso non avevano neanche i soldi per comprare le medicine ai loro figli quando si ammalavano.

Quando iniziò a scrivere Carry, il suo primo romanzo ad essere pubblicato, King ideò la storia partendo dalla fusione di due semplici idee, la crudeltà adolescenziale e la telecinesi, abbinando i suoi ricordi scolastici con un articolo letto su una rivista.

Ma poi, dopo aver scritto le prime pagine, buttò via ogni cosa deciso a non proseguire per ben quattro motivi:

La storia non lo toccava sul piano emotivo
La protagonista non gli piaceva
L’ambientazione femminile non gli era familiare
La storia non avrebbe potuto essere resa in un formato "commerciale"

In seguito, alla luce delle esperienze successive lo stesso King dovette ammettere che:
"Fermare un lavoro solo perché è difficile sul piano emotivo, o su quello creativo, è una pessima idea. L’impressione che uno scrittore ha di un personaggio può essere fallace come quella di un lettore."

Quando Carry fu accettato per la pubblicazione dalla DoubleDay, Stephen King non aveva nemmeno un agente e ricevette solo 2.500 $ di anticipo, nello stesso periodo Mario Puzo ne avrebbe ottenuti 400.000 per Il Padrino.

Parlando di altri celebri autori che non si fecero scoraggiare da un rifiuto non dobbiamo dimenticare che:

Arthur Conan Doyle, il celeberrimo autore di Sherlock Holmes, vide il suo primo romanzo rifiutato da ben tre editori, e si trovò costretto a venderlo per sole 25 sterline. All’apice della sua carriera invece, giunse ad essere pagato qualcosa come 10 scellini a parola, a testimoniare l’incostanza dell’industria editoriale, e le infinite possibilità di successo che si possono celare dietro un esordio claudicante.

Patricia Highsmith che è a ragione considerata l’incontrastata regina del genere suspense, autrice di fama mondiale, dopo sette od otto romanzi di incredibile successo, vide un suo romanzo dal titolo January rifiutato per ben due volte da due diverse case editrici, compreso il suo editore favorito. Ma lei insistette, rivedendolo e correggendolo, fino a che fu acquistato da un editore inglese, vinse il premio come miglior giallo straniero dell’anno, e ne fu tratta anche una riduzione cinematografica.

Charlotte Bronte nel 1846 presentò assieme alle sorelle un suo romanzo per la pubblicazione, ma solo quello di Emily e quello di Ann furono accettati, mentre il suo venne rifiutato dall’editore. Charlotte però non si perse d’animo e iniziò da capo un altro romanzo, Jane Eyre, di imperitura fama, destinato ad essere consacrato alla storia, e pubblicato addirittura prima di Cime Tempestose di Emily e di Agnes Grey di Ann, che erano stati accettati quasi un anno prima del suo capolavoro.

E infine per imparare a migliorare sempre di più fino a superare il difficile scoglio del rifiuto King ci ricorda che :

" Se volete fare gli scrittori ci sono due esercizi fondamentali. Leggere molto e scrivere molto."

" Non leggo per imparare il mestiere, leggo perché mi piace. Leggo perché mi piacciono le storie. Tuttavia si instaura un processo di apprendimento. Ogni libro ha la sua lezione da offrire e abbastanza spesso i libri brutti hanno da insegnare più di quelli belli."

" Quasi tutti ricordano come hanno perso la verginità e quasi tutti gli scrittori ricordano il primo libro che hanno posato pensando: io posso fare meglio di così."

" La buona scrittura ammaestra l’apprendista scrittore in stile, eleganza nella narrazione, meccanismi efficaci nello sviluppo della trama, di personaggi credibili e sincerità narrativa",

" Sentirsi travolti da una grande storia magistralmente raccontata, esserne schiacciati, per la verità, rientra nella necessaria formazione di ogni scrittore. Non puoi sperare di travolgere qualcuno con la forza della tua penna, se non ci sei passato prima tu. Dunque leggiamo per assaggiare la mediocrità, per misurarci con la grandezza ed il talento, e per sperimentare stili diversi".

" Se non avete tempo di leggere, non avete tempo, né mezzi per scrivere. La lettura è il centro creativo della vita di uno scrittore. Leggere a tavola è considerato maleducato nella buona società, ma se volete avere successo come scrittore, l’educazione deve essere almeno al secondo posto nella vostra scala delle priorità. Al gradino più basso è bene che ci sia la buona società e ciò che ci si aspetta da voi. Se intendete scrivere in totale onestà, i vostri giorni come membro della buona società sono comunque contati."

Sabina Marchesi

(Brani tratti da On Writing di Stephen King)

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