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Le Venti Regole di S.S. Van Dine

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Le Venti Regole di S.S. Van Dine

Questo è un breve estratto ironicamente proposto di alcune delle famose venti regole di Van Dine, inutile dire che ogni specialista del giallo ha le "sue" proprie regole, ma queste ci sembrano particolarmente calzanti ed indovinate per la loro semplicità.

– Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più è morto e meglio è.
– La soluzione del problema deve essere sempre evidente, se la nascondete troppo non si vede.
– Ci deve essere un solo colpevole e uno soltanto, niente crimini di gruppo, o scambi di delitti.
– Un romanzo poliziesco non deve contenere disserzioni, pezzi di bravura, analisi psicologiche e tutte quelle cose che non hanno vitale importanza per la risoluzione del caso, se no cambiate genere.
– Non ci deve essere una storia d’amore troppo interessante. Dobbiamo portare un colpevole in galera non due piccioni all’altare.
– Ci deve essere un solo investigatore, un solo deduttore, un solo dex ex machina. Niente squadre investigative, o spalle troppo intelligenti, il lettore deve confrontarsi sempre con uno solo, non con mille.
– I servitori come è ben noto non devono mai essere scelti come colpevoli, sarebbe troppo ovvio. E poi si sa che il colpevole è sempre il maggiordomo.
– I delitti devono essere provocati da motivi puramente personali, lo spionaggio internazionale non è pertinente a un poliziesco. Niente motivazioni complicate, quelle tradizionali vanno benissimo.
– Il colpevole deve essere scoperto attraverso deduzioni logiche, non per caso o per coincidenza, e meno che mai perché reo confesso. Se lo scopri per sbaglio o è lui che viene a raccontartelo che gusto c’è?
– Il problema deve essere risolto con mezzi naturali, sono vietate sedute spiritiche, suggestioni e magie. Mi dispiace per voi ma dovete inventarvi qualcosa di meglio di una profonda intuizione. Il "me lo sentivo" non è valido.
– Il lettore deve avere le medesime possibilità dell’investigatore di arrivare alla soluzione dell’enigma. Insomma è proibito barare, se uno rilegge e torna indietro tutto deve apparire limpido e chiaro, niente trucchi e niente inganni, voi non siete Silvan.
– Il colpevole non può e non dovrebbe essere un delinquente di professione, sarebbe troppo facilitato. E poi al lettore interessa la persona media che uccide per amore, o per odio o per denaro, non sa che farsene di criminali professionisti, non sono come lui e pertanto non gli interessano.

Questo è un breve estratto ironicamente proposto di alcune delle famose venti regole di Van Dine, inutile dire che ogni specialista del giallo ha le "sue" proprie regole, ma queste ci sembrano particolarmente calzanti ed indovinate per la loro semplicità.

Nel prossimo articolo le approfondiremo discutendone in profondità ed analizzando per contro i pericoli cui si può andare incontro non osservandole, o peggio, non tenendone conto.

Ricordate che è bene non ripetere gli errori fatti da altri, casomai se proprio dobbiamo sbagliare, inventiamone dei nuovi.

Questi spunti di S.S. Van Dine sono stati tratti da un’interessantissimo trattato che si propone di dimostrare come la letteratura della suspense, del giallo e del poliziesco, tragga origine niente di meno non come sostenuto tanto spesso dai classici russi, ma da testi tradizionalmente più impegnati come la tragedia greca, che a quanto pare si basava sui medesimi meccanismi del raccontare tipici della suspense di tanta letteratura più moderna e di consumo.

Sabina Marchesi

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