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Nebbia Cerebrale

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Nebbia Cerebrale
(Andrea Gotico – Autori Esclusi)

Se per qualcuno di voi Andrea Gotico vuol dire solo il recentemente uscito Padella (Edizioni Il Foglio), e se quest’opera, oltre ad esservi piaciuta, vi ha incuriosito e vi ha fatto nascere il desiderio di sapere qualcosa di più di questo brillante giovane scrittore, consigliarvi Nebbia Cerebrale è quasi un dovere, per almeno tre motivi.
Il primo, e più banale, è che Nebbia Cerebrale (ristampato di recente, dopo la prima uscita di alcuni anni fa) è l’unico altro libro che potete trovare di questo autore, il secondo è che è edito dalla piccola casa editrice Autori Esclusi (interessante progetto editoriale di cui anche Gotico fa parte) e che quindi avrete così modo di scoprirlo anche, un po’, in un ruolo più vicino a quello di curatore/editore, e il terzo è che, pur nell’enorme distanza complessiva che c’è tra le due opere, la mano e lo stile del tratteggio è gradevolmente simile.
Ma cos’è in poche parole Nebbia Cerebrale? La risposta più semplice è: un viaggio introspettivo, alla ricerca di una stabilità mentale-affettiva.
Ma se dopo questa risposta vi aspettaste di trovare in questo libro una complessa e poetica sequenza di riflessioni o pensieri sull’uomo eccetera rimarreste inevitabilmente delusi. L’inizio ("Era una notte buia e tempestosa. Io non sapevo esattamente dove ero, e non sapevo dove fossi diretto. So solo che avevo un fortissimo dolore alla spalla e una fottutissima fame.") da già subito il taglio (riconducibile anche a Padella) che l’autore ha scelto per il suo racconto. Il viaggio introspettivo in questo testo E’ a tutti gli effetti un viaggio "reale", ma nella nebbia. E non in una nebbia normale. Una nebbia fitta e completa. Tanto fitta e completa da giustificare la metafora complessiva dell’opera definendola una nebbia interiore, "cerebrale" appunto. E in questo mondo dagli angoli smussati tutto è fiabesco – surreale – grottesco. Già dall’inizio, quando la quest del protagonista, dall’uscita dalla stazione, senza memoria, prosegue subito nella locanda chiamata Ciccio Formaggio. Gli incontri seguenti, con le poche persone in cui si imbatte, con lo spaventapasseri che fuma sigarette, con le varie figure femminili, si susseguono in modo onirico, con dialoghi improbabili e divertenti, in paesaggi che sono incollati a forza l’uno all’altra per formare, in un collage, un percorso non fisico ma mentale, che, solo nelle ultimissime pagine, nella circolare quasi-non fine del finale, hanno, se li si percorre a ritroso, una ragione d’essere.
Complessivamente un’opera che sa coinvolgere abbastanza con uno stile diretto e poco artificioso, innestata in una architettura ambiziosa, che però, rispetto a Padella, ha una verve comica meno accentuata, preferendo il contatto con il teatro dell’assurdo (mi si conceda un pindarico paragone con l’iniziale attesa fuori dal tempo di Rosencrantz e Guildenstern nell’opera di Stoppard) e con la fiaba (qui l’accostamento di immagini con il mondo di Oz è meno remoto, anche se comunque un po’ ardito) rispetto ad i canoni più schiettamente fumettistici dell’opera successiva.
Sull’edizione in sé, due note: il formato e la rilegatura, come nelle altre opere di AE, sono a mio parere piuttosto buoni, e le illustrazioni di Giampiero Ferrari (o la copertina di Umberto Verdirosi) particolarmente suggestive ed efficaci.

Marco Giorgini

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