KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Terra rossa – parte seconda

5 min read

Terra rossa


PARTE SECONDA
"There’s fear under this red rock
fear and shadow under this red rock"
(T.S. Eliot)

"And I hear a little tapping,
tapping at my chamber door"
(E.A. Poe – "The Raven")

1. Alexi
Il vecchio fece una pausa di una ventina di secondi, a questo punto, tirando lunghe boccate dalla sua sigaretta: ne aveva fumate altre tre nel corso del racconto. I due uomini lo guardavano in attesa.
"Bene", riprese poi, "tutto questo è stato raccontato dai protagonisti, dai soldati che erano lì a vedere e hanno tramandato le cose, dalla gente che ha assistito alle scene. C’è un’altra cosa che si sa per certo, e cioè che alcune notti dopo il principe Kim sparì, così, la sera era lì e la mattina non c’era più, e di lui non si ebbe più notizia in alcuna parte del mondo. E tempo dopo, quando la porta della torre venne finalmente aperta, il corpo della principessa non venne ritrovato.
"A questo proposito esiste una piacevolissima leggenda che narra di come Kim rimase immobile ai piedi della torre e Janine immobile sul suo letto finchè entrambi non furono spinti al delirio dalla fame e dalla debolezza. Allora i loro spiriti si separarono momentaneamente dei loro corpi e s’incontrarono nel cielo.
Kim riferì a Janine tutto quello che era successo, e la principessa fu enormemente rattristata dalla notizia della morte del padre e di tanti valorosi soldati. Kim rispose che aveva fatto tutto questo per lei, e che pure ora si rendeva conto di quanto sangue aveva sparso e ne era terribilmente dispiaciuto. Si rendeva conto di aver sbagliato, e le chiese se voleva amarlo e insegnargli cos’era giusto. Lei rispose che accettava di volare con lui, se le avesse promesso di non lasciarla mai cadere.
"Fu a questo punto che il corpo del principe (e probabilmente anche quello della principessa) sparì. Non si sa dove siano finiti Kim e Janine. Si dice che essi siano ancora vivi, e volino nel cielo tenendosi per mano."
Il vecchio si fermò, e fumò. Poi si versò un po’ d’acqua e bevve avidamente.
"E’ molto bella, questa leggenda", intervenne Louis dopo essersi schiarito la voce.
"Sì, bella cazzata", lo gelò subito Tefa, senza cattiveria specifica.
Il vecchio riprese a parlare zittendoli entrambi: "Detto fra noi, non me ne può fregare di meno di come sia andata effettivamente a finire. Non mi importa se i corpi di quei due sfigati là stanno realmente volteggiando da qualche parte oppure sono stati mangiati dalle tarme. Non me ne frega un cazzo. Quello che mi interessa è che nei mesi a venire le città di Anumix e di Meralba alzarono le loro mura, e si odiarono. Sono passati secoli, le città si sono allargate e le mura non sevono più, ma le due città si detestano ancora. Cercano di primeggiare l’una sull’altra e questo le ha portate a essere le due città più ricche ed evolute del continente.
E ora abbiamo un problema che ha bisogno per essere eliminato della partecipazione di entrambe le città. Ecco perchè voi due siete qui. Tu, Tefa, sei nato ad Anumix, e tu, Louis, a Meralba. Ma entrambi avete viaggiato e non avete questo dannato senso campanilistico. Oltretutto tu, Tefa, hai una ragazza nata vicino a Meralba, giusto?"
Tefa annuì.
"Filine, come voi, è molto slegata dalla città di origine. Benedetta ragazza. E tu, Louis… so che anche tu hai un affetto nella città nemica."
Louis trattenne l’emozione. Gli dava sempre fastidio quando si parlava di quell’affetto, anche se lo sapevano tutti… forse avrebbe potuto innamorarsi di una persona meno famosa, piuttosto che di un figlio del re.
"Sì, è così. Tutti lo sanno", replicò con ironia.
"Fermo là, Louis. Ho visto tante cose al mondo e non credere che io abbia ancora dei pregiudizi. Per quanto mi riguarda due uomini che si amano sono tanto belli e rispettabili quanto una coppia tradizionale. So che c’è qualcuno che ancora non la pensa così, ma non sono fra quelli, okay?"
"Va bene".
"Insomma, dicevo che voi due e i vostri affetti sono attualmente una cosa che lega molto le due città. Quindi devo contare su di voi per realizzare il mio progetto… che oltretutto non serve a me ma proprio ad Anumix e a Meralba. E ora andate a prendervi qualcosa da bere, dopodichè continueremo e vi spiegherò nei dettagli la situazione attuale".

2. Qualcosa da qualche altra parte – I
E’ notte – calma notte primaverile senza vento ai piedi del monte Arwok – e tutto è silenzio. Pochi timidi movimenti nella foresta, leggeri battiti d’ali o sbadigli. Uomini in giro, nessuno. Zona disabitata, queste poche miglia che separano il castello dalla vicina città di Samsung, quella che dovrebbe essere la capitale, ma il punto focale di tutto è qui: è questo castello scuro che si erge fra gli alberi come un grosso tumore non asportato, troppo grosso perchè qualcuno abbia il coraggio di asportarlo, destinato a ingrandirsi fino a diventare letale.
Vicino al castello c’è qualcosa che chiamare giardino non è corretto, una specie di prato incolto pieno di sterpaglie ed erbacce e fiori selvatici, tronchi tagliati, sporadiche radici che spuntano; e proprio intorno al perimetro c’è un fossato, un profondo fossato sul cui fondo scorre un rigagnolo d’acqua. Una tremolante luce arriva da una finestrella alta, accanto al portone coperto dal ponte levatoio sollevato; sbirciando dentro alla finestrella si può vedere un anziano uomo in armatura che si riposa su una sedia, tanto immobile che dapprincipio può sembrare morto. Ma non è morto: avvicinandoti puoi sentire il suo respiro.
Un lieve rumore di passi arriva da fuori. Bisogna tendere l’orecchio per udirlo. E’ un uomo, un uomo con una folta chioma scura spettinata, indossa un robusto giubbotto nero da caccia e porta con sè una borsa. Ha un grosso pugnale infilato nella cintura. Si ferma al limitare del prato, si guarda intorno studiando la situazione, poi corre rapido fino al portone. Dalla borsa estrae una corda che termina in un rampone uncinato a tre punte. Vede una finestrella buia dall’altro lato del portone, a destra di quella illuminata, e lancia la corda per cercare di agganciarsi alle inferriate. Ce la fa in un colpo solo, poi si getta a terra e cerca di nascondersi meglio che può. Lascia passare qualche secondo: vuole assicurarsi che nessuno abbia sentito il rumore del rampone. Ma dalla finestrella illuminata non arriva nessun segno di movimento, nessun rumore, nessuna ombra che si muove.
Allora si rialza e comincia ad arrampicarsi.
La sua arrampicata procede senza problemi, solitario scalatore ansimante. Arriva alla finestrella, si attacca alla grata e sbircia dentro nella penombra. La stanza è vuota. Un piccolo passaggio collega la stanza a quella illuminata, passando sopra il portone. Se ne sta lì appeso per qualche minuto, aspettando di sentire un qualche rumore, dei passi, delle voci. Niente.
Allora stacca il rampone e prova a lanciarlo dalla finestrella, mentre si tiene alle inferriate. Vuole provare ad arrivare al piano più alto del castello, e da lì fino alla cima, salire sui merli. Lancia il rampone più in alto, e attende immobile di sentire qualche altro rumore.
Niente.
Comincia ad arrampicarsi.
Per la seconda volta.


Alessandro Zanardi (continua)

Altri articoli correlati

7 min read
6 min read
1 min read

Commenta