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Dopo il lodo Maccanico

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Dopo il lodo Maccanico
Immunità parlamentare in Italia e nel mondo

"Occorre, per la disposizione stessa delle cose,
che il potere arresti il potere"
(Charles de Sècondat, barone di Montesquieu, in Lo spirito delle leggi, 1748)

Il 18 giugno è stato approvato in via definitiva il famigerato "lodo Maccanico" che, a suo modo, introduce una sorta di impunità temporanea per le più alte cariche istituzionali della nostra Repubblica, e che troverà già nei prossimi giorni applicazione per congelare il processo stralcio Sme in cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è imputato a Milano per corruzione giudiziaria e di cui è in programma un’udienza per il 25 giugno.
Ma vediamo insieme di cosa si tratta e, come nostra abitudine, dopo aver esaminato la disciplina di specie, cerchiamo di condurre una comparazione con gli ordinamenti di altri Paesi.
Nel 1948, quando fu emanata la Carta costituzionale, la necessità di proteggere la neonata e ancora fragile democrazia, consigliò di porre dei paletti molto alti a difesa dell’attività dei parlamentari e dei membri del Governo.
L’art.68 della nostra Costituzione, tra le altre cose, stabiliva perciò che nessun parlamentare (deputato o senatore) potesse essere perseguito senza autorizzazione della Camera cui apparteneva. E l’art.96 richiedeva la medesima autorizzazione perché si potesse indagare e processare il Presidente del Consiglio o un ministro (per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni), attribuendone peraltro la competenza al Parlamento in seduta comune.
L’uso che, nel succedersi delle legislature, è stato fatto di tali garanzie ne ha però svilito l’originaria finalità.
La prassi maturata fino al 1993, in particolare, è stata quella di negare l’autorizzazione a procedere, prescindendo da un analitico riscontro del necessario fumus persecutionis ai danni del parlamentare, inerente il singolo procedimento.
Piuttosto, le statistiche in materia sembrano suggerire che questo fumus sia stato quasi considerato dalla classe politica come involgente qualsiasi indagine giudiziaria, sussistente, cioè, per il solo fatto che un magistrato avesse deciso di aprire un’inchiesta riguardante un parlamentare.
Nel 1989 si era già deciso di abbassare il livello di quelle garanzie che, sempre più, l’opinione pubblica percepiva come privilegi ingiustificati ed abusati.
Il 16 gennaio di quell’anno, così, con la legge costituzionale n.1, si modificò l’art.96 Cost., imponendo che i membri del Governo, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, (sempre previa autorizzazione del Parlamento) fossero sottoposti alla giurisdizione ordinaria (e non più al giudizio delle Camere congiunte; non, in sostanza, a quel giudizio dei loro "pari" cui probabilmente alludeva il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel suo discorso televisivo del 28 gennaio 2003, in seguito alla decisione della Cassazione di non spostare i processi in cui è imputato, insieme a Cesare Previti, da Milano a Brescia).
E il 29 ottobre 1993, con legge costituzionale n.3, dell’art.68 Cost. è stata poi abrogata la disposizione che stabiliva la non perseguibilità dei parlamentari senza autorizzazione. L’art.68, nella nuova formulazione, riconosce ai parlamentari l’insindacabilità dei voti e delle opinioni espressi nell’esercizio delle funzioni, l’immunità contro arresti, perquisizioni e intercettazioni non autorizzate, ma consente libere indagini ai magistrati e la possibilità di rinviare a giudizio parlamentari, ritenuti colpevoli, senza l’obbligo di ottenere l’assenso del Parlamento.
La questione che, a questo punto, si pone è se l’attuale forma di "bilanciamento" dei valori costituzionali (l’autonomia e l’indipendenza dei poteri e l’eguaglianza dei cittadini), alla luce dell’evoluzione dell’ordinamento in senso bipolare e del "momento storico", sia ancora funzionale all’equilibrio democratico-istituzionale, oppure se siano necessari aggiustamenti. E, in questo caso, in quale direzione essi debbano essere definiti. Se in senso ampliativo o riduttivo rispetto a questo assetto.
Di fatto una reintroduzione della vecchia autorizzazione a procedere per i parlamentari richiederebbe una legge costituzionale (il che significa quattro votazioni e l’eventualità di un referendum popolare nel caso non si raggiunga il quorum dei due terzi nel secondo passaggio alle Camere). Un iter, insomma, troppo lungo e pericoloso secondo molti esponenti della maggioranza di Governo.
Il progetto che è stato adottato da una parte della Casa delle libertà è il cosiddetto "lodo Maccanico".
Si tratta del piano avanzato, sin dalla scorsa estate, dall’ex ministro della Margherita, Antonio Maccanico, e che ipotizza la "non procedibilità" nei confronti delle più alte cariche costituzionali (presidente della Repubblica, presidente del Consiglio, presidenti di Camera e Senato, presidenti della Corte Costituzionale).
Nel concreto, si dispone che «Non possono essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime: il presidente della Repubblica, salvo quanto previsto dall’art.90 della Costituzione [attentato alla Costituzione e alto tradimento, n.d.a.], il presidente del Senato, il presidente della Camera, il presidente del Consiglio, salvo quanto previsto dall’art.96 della Costituzione, il presidente della Corte Costituzionale». Questo il testo dell’art.1 comma 1 della legge appena approvata.
Si prevede anche che «dalla data di entrata in vigore della presente legge sono sospesi, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime». Infine, si affronta il tema della sospensione dei termini di prescrizione, richiamando l’applicazione dell’art.159 del codice penale, quello che prevede la sospensione della decorrenza dei termini di prescrizione mentre il processo è fermo, e ciò per non permettere quell’impunità da più parti ventilata e che, invece, tale norma non permette a nessuno (nemmeno alle più alte cariche istituzionali!).
Se, dunque, questa è la situazione oggi nel nostro Paese, al domani dell’approvazione di una legge che tanto ha fatto discutere dentro e fuori dalle aule parlamentari, viene da chiedersi di quali garanzie possano godere i rappresentanti dei popoli in quelle che vengono definite democrazie mature.
Nel Regno Unito, ad esempio, la situazione è fondamentalmente diversa da quella esistente nel nostro, stante il differente sistema giuridico, di common law, e proprio per questo privo di una Costituzione scritta che, al pari della nostra, tuteli i membri del potere legislativo: è prevista l’immunità per gli atti parlamentari e i voti espressi fin dal 1689, in forza del "Bill of Rights". Una storia lunghissima confermata dalla prassi parlamentare e dalle convenzioni costituzionali. Nel passato il divieto di intrusione nella sfera parlamentare era tanto assoluto che non si poteva accedere neanche ai lavori preparatori per procedere all’interpretazione legislativa. Una rigidità superata all’inizio degli anni ’90, da quando cioè si permette la citazione in giudizio del parlamentare per le cause di diffamazione, e per estensione anche per altri reati comuni. I parlamentari non possono comunque essere arrestati, salvo che in flagranza di reati gravi o con autorizzazione della commissione bicamerale per le immunità, ma sono sottoposti ai poteri sanzionatori della Camera di appartenenza. La forte tutela assicurata ai membri del Parlamento inglese, comporta anche la loro improcessabilità da parte della magistratura ordinaria nel corso dei loro mandati. Ma la giurisprudenza consolidata e recepita ora nel codice di comportamento della Camera dei Comuni ha escluso tale privilegio per le imputazioni di corruzione e per altri singoli reati particolarmente gravi. Per i quali i parlamentari devono rispondere alla magistratura ordinaria. Il Sovrano inglese, che formalmente è anche capo del governo, per atti costituzionali e tradizione secolare è persona inviolabile dalla magistratura (non può essere arrestato o chiamato a testimoniare) e irresponsabile penalmente e civilmente delle sue azioni (delle quali è garante il governo). Per effetto dell’irresponsabilità del Sovrano, Premier e membri del governo rispondono direttamente alla magistratura di ogni loro azione, civilmente e penalmente. È anche caduta in desuetudine un’antica procedura di autorizzazione a procedere da parte del Parlamento, introdotta per un certo periodo.
In Francia, la Costituzione prevede, all’art.26, un insieme di norme volte ad assicurare ai parlamentari, allo scopo di preservarne l’indipendenza, un regime derogatorio al diritto comune: dunque, un parlamentare non è responsabile "per opinioni o voti espressi nell’esercizio delle sue funzioni". È possibile distinguere due tipi di immunità: l’irresponsabilità e l’inviolabilità. Per irresponsabilità s’intende quell’immunità assoluta che riguarda le opinioni espresse dal parlamentare nell’esercizio del suo mandato. La giurisprudenza ha escluso da questa tutela gli atti compiuti al di fuori dell’attività istituzionale: così, un parlamentare che durante un dibattito all’Assemblea nazionale insultasse un collega non sarebbe perseguibile, mentre lo sarebbe se lo facesse in un contesto del tutto diverso, quale ad esempio nel corso di una trasmissione radiofonica. L’inviolabilità tende invece a evitare che l’esercizio del mandato parlamentare sia turbato da azioni penali. Restano fuori dall’immunità anche atti compiuti per incarico del governo. In seguito ad una modifica costituzione del 1995, non è più necessaria l’autorizzazione espressa della Camera per l’esercizio dell’azione penale, ma l’assemblea può sospenderla, come per l’arresto, per la sessione in corso. Il presidente della Repubblica è totalmente irresponsabile salvo i casi di impeachment da parte del Parlamento davanti all’Alta Corte per il reato di alto tradimento, ma Chirac ha creato una commissione ad hoc per studiare modifiche. I ministri, invece, possono essere indagati qualsiasi momento.
Per quanto riguarda l’ordinamento tedesco, i parlamentari godono dell’immunità per tutto quello che fanno nella loro veste di deputati e tale istituto è sancito dall’art.46 della Legge fondamentale (la Costituzione federale) che prevede la non perseguibilità per opinioni e voti espressi. La disposizione non si applica in caso di ingiurie diffamanti, pronunciate al di fuori della sede parlamentare. Una distinzione che ha la funzione di isolare le offese aventi carattere gratuito, prive cioè di un legame diretto con la polemica politica. Non possono essere arrestati o privati in altro modo della libertà senza l’autorizzazione del Bundestag (il parlamento). E lo stesso Bundestag si deve pronunciare anche in merito ad ogni procedimento penale che interessi un parlamentare; per prassi, tale autorizzazione viene concessa, per tutte le richieste, a inizio legislatura. La Costituzione tedesca non contiene norme specifiche sulla responsabilità penale di Cancelliere e membri del Governo. La legge ordinaria li equipara esplicitamente in tutto ai funzionari pubblici: rispondono a un apposito tribunale per i reati commessi nell’esercizio della loro funzione e alla magistratura ordinaria per i reati penali e gli illeciti civili. Il Capo dello Stato, a norma di Costituzione, può essere messo in stato di accusa davanti alla Corte Costituzionale su iniziativa del Parlamento per «violazione premeditata» della stessa Legge Fondamentale. Quanto alla responsabilità civile e penale, il presidente può esserne chiamato a risponderne in qualunque momento dalla magistratura ordinaria. Neanche i giudici della Corte costituzionale godono di immunità e anche loro sono sottoposti al regime dei dipendenti pubblici.
In Spagna, l’art.71 della Costituzione prevede sia l’insindacabilità delle opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni di parlamentare sia l’immunità dal procedimento penale, salva autorizzazione della Camera di appartenenza per i membri delle Cortes (le Camere) che possono essere arrestati solo in caso di flagranza di reato. La competenza del giudizio appartiene alla sezione penale del Tribunale Supremo. In particolare, il regolamento della Camera prevede che il suo presidente, avuta notizia di un’azione giudiziaria nei confronti di un deputato, intraprenda tutte le misure necessarie per salvaguardare i diritti e le prerogative dell’Organo e dei suoi componenti. L’immunità parlamentare, che determina la sospensione dei processi durante il mandato parlamentare non ha natura di privilegio personale ed è dunque limitata alla durata del mandato. Al termine, il parlamentare è sottoposto a giudizio come un cittadino comune. Al di fuori della flagranza di reato, è necessario il via libera della Camera di appartenenza per ottenere l’autorizzazione a procedere. Un’ultima annotazione sulla figura del Re. La Costituzione, a proposito degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, lo considera inviolabile, facendo ricadere la responsabilità sul capo del Governo o sul ministro che ha ratificato l’azione. Per quanto riguarda i membri del Governo, la Costituzione sancisce che la loro responsabilità penale è contestata davanti alla sezione penale della Corte Suprema (equivalente alla nostra Corte di Cassazione) e che possono essere accusati di alto tradimento o attentato alla sicurezza dello Stato solo con il voto di un quarto dei membri del Parlamento e con la conseguente deliberazione a maggioranza assoluta. Occorre dire che in quest’ultimo caso il Re non potrà esercitare la prerogativa di concedere la grazia. Il capo del governo non gode di speciali immunità, se non collegate all’essere anche un parlamentare. Per il Primo Ministro come per i membri del governo e i giudici della Corte Costituzionale, la Costituzione prevede però la possibilità di prevedere con legge un foro speciale a garanzia degli imputati.
Nel Belgio, i parlamentari federali, quelli regionali e i membri dei consigli delle comunità godono della medesima immunità accordata dalla Costituzione: nessuno di loro può essere sottoposto a provvedimenti restrittivi della libertà personale o chiamato davanti a una corte senza l’autorizzazione dell’organo di cui fanno parte. Anche in questo caso l’eccezione è rappresentata dall’arresto in flagranza. Il sistema è stato rivisto nel 1997 e da allora l’Assemblea deve necessariamente dare il suo voto favorevole all’arresto o a un rinvio a giudizio, escludendo però ogni intervento in caso di compimento di atti istruttori. L’immunità copre il parlamentare per la durata di una sessione, che si estende dal primo martedì di ottobre al 20 di luglio. Tuttavia, di fatto, non c’è interruzione dell’immunità tra una sessione e l’altra e quindi il parlamentare risulta coperto per l’intera durata della legislatura (quattro anni). Per quanto riguarda i membri del Governo, essi vengono giudicati dalla Corte d’appello: quella con sede a Bruxelles nel caso di ministri del Governo federale, quella del distretto per i governi locali. Ogni arresto o chiamata davanti alla Corte d’appello richiede, per i ministri, l’autorizzazione della Camera dei rappresentanti e del Consiglio della comunità o della regione per i membri dei governi locali. I ministri, locali o federali, possono essere graziati solo dietro richiesta dell’organo di appartenenza.
E, per finire, negli Stati Uniti d’America: come negli altri sistemi di common law, la soluzione non è preconfezionata, ma lasciata alla determinazione del giudice che si trova a dover decidere una causa concreta. Le norme della Costituzione prevedono l’immunità per tutti i voti e le dichiarazioni politiche dei parlamentari. Senatori e deputati non possono essere quindi arrestati se non per "alto tradimento, reato grave e violazione dell’ordine pubblico" a garanzia dell’integrità del Congresso e del pieno esercizio delle sue funzioni. I parlamentari possono essere però perseguiti dai comitati etici di Camera dei rappresentanti e Senato per violazione dei codici etici dei due rami del Congresso. Per il presidente (negli Usa è il capo del governo), il vicepresidente, il presidente della Corte Suprema americana e le altre alte cariche federali invece la Costituzione americana non prevede garanzie di immunità particolare. Mentre disciplina casi e procedure in caso di loro messa in stato di accusa davanti al Congresso, secondo il ben noto procedimento di «impeachment» solo per tradimento, corruzione o altri gravi illeciti. In tal caso è messo in stato di accusa dalla Camera e giudicato dal Senato, che può condannarlo soltanto a maggioranza dei due terzi. La ragione di tale assenza di immunità risiede nel fatto che negli Usa la magistratura è di nomina popolare, così come il potere esecutivo e quello legislativo. La giurisprudenza consolidata, che negli Usa ha valore di legge, ha però introdotto una sorta di «immunità» per Presidente, vicepresidente, Presidente della Corte Suprema. Il che impedisce azioni civili o penali della magistratura per opinioni politiche espresse nel corso dei loro mandati.
Se questi sono i quadri istituzionali nel mondo, non ci deve spaventare il "congelamento" dei procedimenti in corso per i vertici della nostra amata Repubblica varato dalla legge 140, anzi dovrebbe darci la tranquillità derivante dal fatto che costoro potranno servire al meglio il Paese e gli interessi nazionali senza essere turbati dalle proprie pendenze giudiziarie nelle quali potranno poi impegnarsi adeguatamente, e secondo le regole stabilite dal legislatore, una volta terminato il proprio mandato.
Le opposizioni già minacciano il ricorso allo strumento referendario per abrogare la novella legislativa (ma abbiamo visto, anche recentemente, in quale discredito sia oramai caduto tale strumento di partecipazione democratica al processo legislativo), la magistratura inquirente minaccia il ricorso per illegittimità costituzionale, mentre gli italiani vorrebbero che l’opposizione facesse reale "opposizione" e la magistratura si ponesse a garanzia dell’uguale applicazione della legge per tutti e non si dedicasse ad atipiche campagne elettorali pro o contro qualcuno.
Speriamo che sia così!

Davide Caocci


"C’è gente che lavora per governare e per aumentare il prestigio
e l’importanza dell’Italia sulla scena internazionale,
e ci sono altri che lavorano per screditare l’Italia"
(Silvio Berlusconi, 18 giugno 2003)

Appendice
LEGGE 20 giugno 2003, n.140, Disposizioni per l’attuazione dell’art.68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato.
(GU n. 142 del 21-6-2003)
testo in vigore dal: 22-6-2003

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
ART. 1.
1. Non possono essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime: il Presidente della Repubblica, salvo quanto previsto dall’art.90 della Costituzione, il Presidente del Senato della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati, il Presidente del Consiglio dei ministri, salvo quanto previsto dall’art.96 della Costituzione, il Presidente della Corte costituzionale.
2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono sospesi, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime.
3. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti si applicano le disposizioni dell’art.159 del codice penale.

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall’amministrazione competente per materia, ai sensi dell’art.10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica, e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con DPR 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Nota al titolo:
– Si riporta il testo dell’art.68 della Costituzione: "Art.68. – I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.".
Note all’art.1:
– Si riporta il testo degli articoli 90 e 96 della Costituzione: "Art.90. – Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.".
"Art.96. – Il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.".
– Si riporta il testo dell’art.159 del codice penale: "Art.159 (Sospensione del corso della prescrizione). – Il corso della prescrizione rimane sospeso nei casi di autorizzazione a procedere o di questione deferita ad altro giudizio e in ogni caso in cui la sospensione del procedimento penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge. La sospensione del corso della prescrizione, nei casi di autorizzazione a procedere di cui al primo comma, si verifica dal momento in cui il pubblico ministero effettua la relativa richiesta. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione. In caso di autorizzazione a procedere, il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l’autorità competente accoglie la richiesta.".

ART. 2.
1. Al comma 3 dell’art.343 del codice di procedura penale, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Tuttavia, quando l’autorizzazione a procedere o l’autorizzazione al compimento di determinati atti sono prescritte da disposizioni della Costituzione o di leggi costituzionali, si applicano tali disposizioni, nonché, in quanto compatibili con esse, quelle di cui agli articoli 344, 345 e 346".

Note all’art.2:
– Si riporta il testo dell’art.343 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge qui pubblicata:
"Art.343 (Autorizzazione a procedere). – 1. Qualora sia prevista l’autorizzazione a procedere fa richiesta a norma dell’art.344. 2. Fino a quando non sia stata concessa l’autorizzazione, è fatto divieto di dispone il fermo o misure cautelari personali nei confronti della persona rispetto alla quale è prevista l’autorizzazione medesima nonché di sottoporla a perquisizione personale o domiciliare, a ispezione personale, a ricognizione, a individuazione, a confronto, a intercettazione di conversazioni o di comunicazioni. Si può procedere all’interrogatorio solo se l’interessato lo richiede. 3. Gli atti previsti dal comma 2 sono consentiti, anche prima della richiesta di autorizzazione, quando la persona è colta nella flagranza di uno dei delitti indicati nell’art.380, commi 1 e 2. Tuttavia, quando l’autorizzazione a procedere o l’autorizzazione al compimento di determinati atti sono prescritte da disposizioni della Costituzione o di leggi costituzionali, si applicano tali disposizioni, nonché, in quanto compatibili con esse, quelle di cui agli articoli 344, 345 e 346. 4. Gli atti compiuti in violazione di quanto stabilito nei commi 2 e 3 non possono essere utilizzati. 5. L’autorizzazione a procedere, una volta concessa, non può essere revocata.".
– Per completezza di informazione si riporta il testo degli articoli 344, 345 e 346 del codice di procedura penale:
"Art.344 (Richiesta di autorizzazione a procedere). – 1. Il pubblico ministero chiede l’autorizzazione prima di procedere a giudizio direttissimo o di richiedere il giudizio immediato il rinvio a giudizio, il decreto penale di condanna o di emettere il decreto di citazione a giudizio. La richiesta deve, comunque, essere presentata entro trenta giorni dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona per la quale è necessaria l’autorizzazione. 2. Se la persona per la quale è necessaria l’autorizzazione è stata arrestata in flagranza il pubblico ministero richiede l’autorizzazione a procedere immediatamente e comunque prima della udienza di convalida. 3. Il giudice sospende il processo e il pubblico ministero richiede senza ritardo l’autorizzazione a procedere qualora ne sia sorta la necessità dopo che si è proceduto a giudizio direttissimo ovvero dopo che sono state formulate le richieste previste dalla prima parte del comma 1. Se vi è pericolo nel ritardo, il giudice provvede all’assunzione delle prove richieste dalle parti. 4. Quando si procede nei confronti di più persone per alcune delle quali soltanto è necessaria l’autorizzazione e questa tarda ad essere concessa, si può procedere separatamente contro gli imputati per i quali l’autorizzazione non è necessaria.".
"Art.345 (Difetto di una condizione di procedibilità. Riproponibilità dell’azione penale). – 1. Il provvedimento di archiviazione e la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, anche se non più soggetta a impugnazione, con i quali è stata dichiarata la mancanza della querela, della istanza, della richiesta o dell’autorizzazione a procedere, non impediscono l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona se è in seguito proposta la querela, l’istanza, la richiesta o è concessa l’autorizzazione ovvero se è venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l’autorizzazione. 2. La stessa disposizione si applica quando il giudice accerta la mancanza di una condizione di procedibilità diversa da quelle indicate nel comma 1.".
"Art.346 (Atti compiuti in mancanza di una condizione di procedibilità). – 1. Fermo quanto disposto dall’art.343, in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, possono essere compiuti gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova e, quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste dall’art.392.".

ART. 3.
1. L’art.68, primo comma, della Costituzione si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento.
2. Quando in un procedimento giurisdizionale è rilevata o eccepita l’applicabilità dell’art.68, primo comma, della Costituzione, il giudice dispone, anche d’ufficio, se del caso, l’immediata separazione del procedimento stesso da quelli eventualmente riuniti.
3. Nei casi di cui al comma 1 del presente art. e in ogni altro caso in cui ritenga applicabile l’art.68, primo comma, della Costituzione il giudice provvede con sentenza in ogni stato e grado del processo penale, a norma dell’art.129 del codice di procedura penale; nel corso delle indagini preliminari pronuncia decreto di archiviazione ai sensi dell’art.409 del codice di procedura penale. Nel processo civile, il giudice pronuncia sentenza con i provvedimenti necessari alla sua definizione; le parti sono invitate a precisare immediatamente le conclusioni ed i termini, previsti dall’art.190 del codice di procedura civile per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, sono ridotti, rispettivamente, a quindici e cinque giorni. Analogamente il giudice provvede in ogni altro procedimento giurisdizionale, anche d’ufficio, in ogni stato e grado.
4. Se non ritiene di accogliere l’eccezione concernente l’applicabilità dell’art.68, primo comma, della Costituzione, proposta da una delle parti, il giudice provvede senza ritardo con ordinanza non impugnabile, trasmettendo direttamente copia degli atti alla Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento del fatto. Se l’eccezione è sollevata in un processo civile dinanzi al giudice istruttore, questi pronuncia detta ordinanza nell’udienza o entro cinque giorni.
5. Se il giudice ha disposto la trasmissione di copia degli atti, a norma del comma 4, il procedimento è sospeso fino alla deliberazione della Camera e comunque non oltre il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della Camera predetta. La Camera interessata può disporre una proroga del termine non superiore a trenta giorni. La sospensione non impedisce, nel procedimento penale, il compimento degli atti non ripetibili e, negli altri procedimenti, degli atti urgenti.
6. Se la questione è rilevata o eccepita nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero trasmette, entro dieci giorni, gli atti al giudice, perché provveda ai sensi dei commi 3 o 4.
7. La questione dell’applicabilità dell’art.68, primo comma, della Costituzione può essere sottoposta alla Camera di appartenenza anche direttamente da chi assume che il fatto per il quale è in corso un procedimento giurisdizionale di responsabilità nei suoi confronti concerne i casi di cui al comma 1. La Camera può chiedere che il giudice sospenda il procedimento, ai sensi del comma 5.
8. Nei casi di cui ai commi 4, 6 e 7 e in ogni altro caso in cui sia altrimenti investita della questione, la Camera trasmette all’autorità giudiziaria la propria deliberazione; se questa è favorevole all’applicazione dell’art.68, primo comma, della Costituzione, il giudice adotta senza ritardo i provvedimenti indicati al comma 3 e il pubblico ministero formula la richiesta di archiviazione.
9. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, ai procedimenti disciplinari, sostituita al giudice l’autorità investita del procedimento. La sospensione del procedimento disciplinare, ove disposta, comporta la sospensione dei termini di decadenza e di prescrizione, nonché di ogni altro termine dal cui decorso possa derivare pregiudizio ad una parte.

Note all’art.3:
– Per il testo dell’art.68 della Costituzione vedi note al titolo.
– Si riporta il testo degli articoli 129 e 409 del codice di procedura penale: "Art.129 (Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità). – 1. In ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità lo dichiara di ufficio con sentenza. 2. Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta.".
"Art.409 (Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione). – 1. Fuori dei cas

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