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La scimmia nuda

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La scimmia nuda
Desmond Morris
Tascabili Bompiani


La premessa che quest’autore, zoologo specializzato in studi sulle scimmie, fa, prima di iniziare a descriverci le sue considerazioni su vari aspetti del comportamento umano è tanto semplice quanto "intrigante": l’uomo è un animale, e nello specifico l’unica delle centonovantatré specie di scimmie conosciute che NON ha i peli. E la frase "l’uomo è un animale" non viene proposta come paradosso, ma come dato di fatto. L’evoluzione di questa specifica scimmia che in origine viveva sugli alberi e mangiava frutta in quella che ora scrive con i computer è stata "biologicamente" così rapida che non è possibile supporre che non ci sia molto del nostro patrimonio ancestrale dietro agli atteggiamenti sociali di tutti i giorni.
Quindi, tralasciamo la cultura, e guardiamo il comportamento. Guardiamo le abitudini sessuali delle scimmie e confrontiamolo con le abitudini sessuali dell’uomo, esaminiamo il modo in cui i primati allevano i cuccioli e vediamo in cosa differiamo noi, dal punto di vista comportamentale. E così via, analizzando la lotta (passata spesso da fisica sociale), l’alimentazione, la ricerca del benessere e così via.

L’idea che sta dietro a tutto – semplificando ovviamente agli estremi tutta la ricerca approfondita compiuta dall’autore – è che il passaggio dal ruolo di mangiatori di frutta a quello di mangiatori di carne, per diventare onnivori in un territorio differente, ha
costretto1 l’uomo a trovare atteggiamenti sociali più complessi, e questo, unito al fatto che il periodo di sviluppo dei nostri "cuccioli" è particolarmente lungo, ha fatto sì che si sia formata per prima la famiglia come la conosciamo ora (sostanzialmente monogama e protetta/protettiva) poi la comunità.
La famiglia poi ha come "collante" il sesso che mantiene stabili i legami tra la madre (che necessita di assistenza per potere curare i figli) e padre. E da questo punto di vista sono considerabili aberrazioni tutte le forme di rapporto che non prevedono la procreazione e l’unità del nucleo familiare.

Anche per la religione, secondo l’autore, c’è una
spiegazione2 che si può trovare analizzando il comportamento delle scimmie – e così pure c’è una ragione3 del fatto che l’uomo uccida i suoi simili, contrariamente a quanto accade di norma tra gli altri animali.
Tutto, se si vuole, può quindi essere interpretato in un modo nuovo e avulso da strutture filosofiche.

Non essendo io un esperto in materia non mi permetto ovviamente di criticare questo testo, per molti aspetti intrigante e illuminante, ma è indubbio che alcuni passaggi, alcune spiegazioni, o alcuni parallelismi tra i comportamenti animali e quelli animali, sì, ma "nostri", possono risultare un po’ forzati. Molti sono comunque quelli che appaiono plausibili anche ad un profano, e molti ancora sono quelli che almeno fanno sorgere dubbi sui veri motivi di certi nostri atteggiamenti.
Nel complesso un’ottima lettura se si è pronti a mettersi in discussione a trecentosessanta gradi.

Marco Giorgini

1
…costretto in termini evolutivi, che vuol dire l’esatto contrario… ovvero che ha avuto "successo" la razza che aveva le caratteristiche più simili a quelle che ora sono nostre…

2
in un piccolo gruppo c’è un leader indiscusso. Nella società moderna, con comunità di milioni di individui l’assenza di questa figura è stata sopperita con quella di un Dio.

3
…l’uso di armi da lancio – o comunque tali da uccidere a distanza – non consente più di interpretare quei rituali di sottomissione che normalmente fanno terminare senza morti i combattimenti tra membri di una stessa comunità animale…

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