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La nostra prima volta al Bergamo Film Meeting

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La nostra prima volta al Bergamo Film Meeting

La manifestazione di Bergamo era una tra quelle che da anni mi passavano sotto al naso senza però riuscire a coinvolgermi veramente. Forse perché il programma non era attraente? Forse perché lo spazio ad essa riservato sui quotidiani e sulle riviste lo faceva sembrare un qualcosa di approssimativo e dilettantesco? Forse perché Bergamo è lì a pochi chilometri d’autostrada e perciò poco attraente?
Quest’anno ho deciso di colmare questo vuoto e richiedere l’accredito per l’edizione 2003, senza consultare il programma, senza aspettarmi nulla, così da scoprire il Film Meeting con l’innocenza e l’equilibrio dell’ignorante, di colui che non conosce.
Il Bergamo Film Meeting, che quest’anno tocca la ventunesima edizione, è un festival eterogeneo che ha la sua forza nella possibilità di proporre registi, paesi e temi che i festival più "grandi" non possono permettersi per ragioni commerciali, politiche o semplicemente di "audience". Il programma di quest’anno, oltre al consueto concorso che mette in palia la "Camuna d’oro", prevedeva due retrospettive su Roy Andersson e su Jack Arnold, quest’ultimo mitico tra gli appassionati di fantascienza anni ’50 con il "Mostro della laguna nera", oltre ad una lunga ed esauriente rassegna dei film tratti dai libri di Simenon, lo scrittore giallista belga di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita. La struttura del festival è leggera e agile: una sala, un programma senza sovrapposizioni e ingressi a go-go, fino ad esaurimento posti. Aggiungete a tutto ciò un po’ di sana spontaneità e di cortesia ed ecco il festival. L’impressione è dunque più che positiva anche per chi, come me, ha cominciato da poco a conoscere questei eventi "minori" dopo anni di incallito attaccamento al Lido veneziano.
La mia permanenza è stata breve e, devo confessarlo, Bergamo mi ha facilmente sottratto tempo per dedicarmi alla visita della città, che conoscevo solamente per una visita frettolosa, e alla conoscenza col tessuto sociale che la abita, favorito dal tragico inizio della guerra in Iraq che mi ha permesso di assistere alla Bergamo più emotiva, oltre a quella più ovvia dei luoghi tuirstici o dei negozi tipici. E’ stato piacevole vedere la fiumana di studenti scorrere per il centro solamente poche ore dopo il primo attacco anglo-americano alla città di Bagdad, così come è stato un sollievo vedere coi miei occhi che Bergamo non è tutta leghista (chi c’era all’arrivo del ministro Castelli lo può testimoniare, vero?). Non me ne vogliano i lettori leghisti o di centrodestra, per me al cinema sono tutti uguali, ma una volta accese le luci e usciti dalla sala è bene sapere come la si pensa.
Tornando al cinema (ecco perché sono andato a Bergamo!) devo ahime ammettere di avere visto ben poco, complice il disinteresse nei confronti dell’ispettore
Maigret e dei film di Jack Arnold, del quale avevo già visto i due o tre più conosciuti. Si aggiunga poi che il secondo dei film in concorso a mia disposizione si è rivelato un atle successo da riempire la sala all’inverosimile, lasciandomi amaramente fuori.
Un piccolo appunto all’organizzazione. Sarebbe stato meglio spalmare i film dei due registi su tutta la durata del festival dando così la possibilità di vedere comunque qualcosa di entrambi, invece di concentrare i film di Andersson nella prima metà della manifestazione per poi proiettare solo quelli di Arnold. Questo rammarico è però sepolto dalla soddisfazione dell’alloggio in ostello messo a mia disposizione dove ho potuto vedere il via vai di studenti, cinefili e turisti in tre giorni di sole splendidi. Un’altra cosa che ho notato è la composizione dei quotidiani acquistati dal pubblico in sala. Chissà perché, forse ancor attanagliato dallo stereotipo del bergamasco duro e puro a cui accennavo prima, mi aspettavo di vedere qualcosa di diverso dalla solita apparecchiata di "La repubblica" e "il manifesto" che ornano tutti i festival ai quali ho partecipato, e invece no. Ma cosa significa? Che la sinistra e solo la sinistra va al cinema? Che solo la sinistra va a vedere un certo tipo di cinema? Che la destra è ancora assolutamente al di fuori da questi eventi culturali? Cosa succederebbe a questi appassionati se l’orientamento dei festival e della cultura in genere cambiasse rotta? Al di là di banali considerazione è un argomento serio e mi piacerebbe conoscere qualche altro parere.

In coda aggiungo che il film vincitore è stato
Mê Thao, Thoi vang bong (Mê Thao,ci fu un tempo) di Viet Linh, un regista vietnamita che ha messo su pellicola uno dei più famosi testi classici del suo paese. Ah, l’ho visto anch’io, ma non ero in giornata orientale e così mi sono un po’ annoiato e non sono riuscito ad entrare nell’ottica dei tempi, dei paesaggi e dei personaggi del film. La mia recensione si ferma qui per puro rispetto, non potrei essere obiettivo.

Benatti Michele

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