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Il risveglio del dormiente

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STAR TREK
THE NEXT GENERATION


IL RISVEGLIO DEL DORMIENTE

Capitolo Tredici

"Che il Khit’hagh abbia inizio." tuonò Gowron capo dell’Alto Consiglio di Klingon.
Dal palco d’onore si alzò in piedi con un ampio gesto plateale.
"Controllate che tutto sia in regola e conforme alle nostre tradizioni."
Gli inservienti salirono fino al trampolino mentre di sotto i camerieri Ferengi iniziavano a girare per i tavoli prendendo le ordinazioni, e le ultime scommesse sull’esito del rituale.
I guardiani si sporsero oltre il bordo e gettarono verso il basso dei lunghi strali variopinti, volteggiando liberamente raggiunsero in pochi secondi l’anello di fuoco rimanendo inceneriti all’istante.
Gowron si compiacque con il capitano Sisko, seduto al suo fianco, per l’accuratezza della scenografia ricreata sul ponte ologrammi.
"Molto bene capitano, mi sembra tutto a posto, i protocolli di sicurezza sono stati eliminati come convenuto, se lo desidera possiamo annunciare i due contendenti."
Sisko annuì cercando con la coda dell’occhio il comandante Riker ed il dottor Bashir, erano ore che non aveva loro notizie, ma del resto non aveva notato nemmeno Quark fra la folla, il ché era già un buon segno; incrociando le dita sperò vivamente che avessero portato a termine il piano d’emergenza in ogni piccolo dettaglio.
Con uno squillo di corno il portale si aprì e Worf e Deanna uscirono ponendosi di spalle sul limite del trampolino.
Lui indossava la tipica corazza da battaglia Klingon, lucidata e tirata a nuovo per la cerimonia, lei invece un semplice costume blu scuro.
Non si erano scambiati una sola parola lungo il corridoio, Worf sembrava impassibilmente concentrato mentre Troi non poté evitare di guardarlo di sbieco colma di risentimento.
Si era ripromessa di non farlo, ma dopo poco sussurrò.
"Sei contento adesso Worf?"
Il Klingon non si degnò di voltarsi mantenendo lo sguardo puntato verso il Giudice.
"Perché dovrei? Questa è la legge del mio popolo, e tu hai regolarmente accettato di partecipare al rito, se cerchi delle risposte usa i tuoi preziosi poteri Betazoidi e scandaglia la mia mente."
"Lì c’è ben poco da percepire!" ribatté Troi infuriata.
La possente voce di Gowron interruppe la discussione iniziando a recitare un oscuro testo in Klingon arcaico.
Per rendere partecipi anche gli spettatori un attendente fece la traduzione simultanea spiegando cosa significasse il Khit’hagh e per quale motivo la coppia avesse scelto di eseguire il rito di separazione.
Deanna iniziò a sentire una forte nausea, probabilmente causata dalla tensione e dalle esalazioni provenienti dalle braci che consumavano delle spezie aromatiche, guardò verso il fondo sentendo lo stomaco risalirgli in gola.
Una mano si mosse freneticamente fra gli spettatori attirando la sua attenzione, era Jadzia, con alcuni gesti convenzionali le stava ricordando come effettuare il lancio e come mantenere i nervi saldi.
Troi ripassò mentalmente la lezione, ma adesso che era lì sul bordo del trampolino le ginocchia le tremavano senza sosta ed i denti battevano all’unisono con i tamburi delle guardie cerimoniali.
Gowron alzò un braccio e improvvisamente la musica cessò.
Il silenzio divenne assoluto mentre il fumo dell’anello iniziava a risalire verso l’alto oscurando la piscina.
Era giunto il momento.
Troi iniziò a tossire, chiuse gli occhi e per un istante sperò di trovarsi in un altro luogo, in fondo cos’era il Khit’hagh? Un semplice scioglilingua Klingon?
Il via del Giudice risuonò con un eco sinistro mentre abbassava contemporaneamente il braccio, la Betazoide riaprì gli occhi, scacciò quei pensieri inalando quanta più aria potesse, poi s’irrigidì inchinandosi in avanti e senza alcun ripensamento balzò verso il vuoto contemporaneamente al suo compagno.

Riker si fece strada fra la ressa reggendo fra le mani l’accappatoio, diede il segnale al signor O’Brien in sala controllo e si fermò angosciato ai bordi della piscina.
Dal basso il fumo non permise di vedere nitidamente i dettagli, le due figure oltrepassarono l’anello di fuoco raggomitolate, poi si stesero pochi metri prima del loro ingresso in acqua.
Il tuffo durò pochi secondi, ma a Deanna parvero un’eternità, seguì alla lettera le istruzioni di Jadzia sentendo chiaramente il calore delle fiamme che l’avvolgevano, eppure non sentì dolore e questo le permise di aprire le braccia e ricomporsi per l’entrata in acqua.
Riker preferì non domandarsi se O’Brien fosse intervenuto in tempo ed avesse ripristinato i protocolli di sicurezza lungo la traiettoria della Betazoide, iniziò febbrilmente a cercare fra le onde increspate dell’acqua sperando che lei riaffiorasse.
Il primo ad uscire fu invece Worf, con le testa ricoperta di bruciature riprese fiato scotendo la chioma ed annaffiando gli spettatori ai bordi della piscina, poi a grandi bracciate nuotò verso la scaletta laterale.
Della donna non c’era ancora traccia, Riker gridò il suo nome mentre si toglieva gli stivali dell’uniforme pronto a gettarsi in suo soccorso.
Un Klingon lo afferrò per le spalle e gl’intimò.
"Fermo umano, a nessuno è concesso d’aiutare i due contendenti, rimani indietro se ci tieni alla vita." lo minacciò aprendo le tre lame del suo pugnale.
Riker si preparò a colpire quando vide il capitano Sisko fargli un chiaro gesto negativo, disperato s’inginocchiò chiamando a piena voce il suo nome.
"Deanna? Imzadi, dove sei?"
Non ricevette nessuna risposta.
La richiamò per decine e decine di volte, si disperò per non poterle essere d’aiuto nell’ultima fase del rituale, la sua voce angosciata sovrastò gli schiamazzi della folla mentre strisciava lungo il passamano della vasca, non smise di chiamarla finché un suono non raggiunse la sua mente, un gemito labile e lontano gli stava rispondendo telepaticamente.
"Imzadi, non ti preoccupare, sono qui, sto arrivando."
Finalmente Deanna spuntò dalle onde con le braccia rivolte verso l’alto, sputò l’acqua che gli era rimasta in gola appoggiandosi ansante ai bordi della piscina.
La schiena ed il collo erano ricoperti di bruciature, alcune molto gravi, Riker pregò che fossero delle semplici simulazioni olografiche, non accettò nemmeno per un istante l’idea che qualcosa nel loro piano fosse andato storto, se non fosse stato così la Betazoide non sarebbe sopravvissuta a simili ingiurie.
La guidò con la mano accompagnandola verso la scaletta, la prese delicatamente per i fianchi e le infilò l’accappatoio, con la voce colma d’emozione cercò di rassicurarla.
"Imzadi, adesso è tutto finito, presto starai meglio, ti porto subito in infermeria." disse folgorando con lo sguardo la guardia Klingon che li stava ancora controllando.
Passando davanti a Gowron, intento a consegnare a Worf i documenti del Khit’hagh ed a congratularsi per l’ottima prestazione, Troi scelse di fermarsi, strinse la cinta dell’accappatoio e con arroganza si rivolse al Giudice.
"Io mi sono sottoposta al vostro assurdo rituale, tuttavia anche su Betazed abbiamo delle cerimonie per simili circostanze, pretendo che mi sia consentito di applicarle adesso davanti a questa assemblea."
Riker tentò di dissuaderla prima che qualcuno scoprisse il trucco del signor O’Brien, la trascinò per un braccio ma cocciutamente la donna non si mosse di un solo millimetro.
Il Giudice rifletté con attenzione, chiese consiglio al capitano Sisko il quale sottolineò la giustizia di quella richiesta ed infine, avvolgendosi nell’ampio mantello, sentenziò.
"Ti sei comportata con onore, quindi puoi procedere."
Deanna andò speditamente di fronte a Worf, si alzò sulle punte dei piedi e senza aggiungere nulla gli rifilò un ceffone con tutta la forza che gli era rimasta in corpo.
Fra le risate e gli applausi del pubblico il Klingon reagì con un grugnito bestiale, si sentì oltraggiato, ma non poté fare altro che spostarsi di lato permettendo ai due di uscire indenni dal ponte ologrammi.
Ormai prossimi all’infermeria Riker le mormorò con ironia.
"Complimenti, bel colpo. Bentornata Imzadi."

Quando la delegazione Klingon lasciò la stazione il capitano Sisko entrò in infermeria e trovò il comandante Riker seduto a fianco del lettino dove Deanna stava riposando.
Il dottor Bashir le aveva somministrato un potente sedativo, anche se fisicamente non aveva risentito delle ustioni, psicologicamente il trauma e la tensione erano state alquanto intense.
Osservandola domandò.
"Come sta dottore?"
"Abbastanza bene, considerando le circostanze, direi che siamo stati fortunati." precisò Bashir, iniziando a scollegare le apparecchiature.
"Già, molto fortunati!" aggiunse O’Brien ripensando alla difficoltà nell’eseguire le operazioni dalla sala di controllo del Ferengi.
Riker si complimentò nuovamente con entrambi per l’amicizia dimostrata.
"Grazie, siete stati impareggiabili."
Sisko gli fece cenno di seguirlo come volesse rivelargli un segreto.
"Comandante, mi perdoni la curiosità, ha forse intenzione di svelare al consigliere Troi il nostro piccolo stratagemma?"
Colto in contropiede Riker balbettò perplesso.
"Onestamente capitano, non saprei…"
"Beh, non lo faccia. Non le dica nulla, in effetti dal suo punto di vista la prova è stata del tutto reale, dimostrando un notevole coraggio nel salire su quel trampolino ed a tuffarsi di sotto. Noi le abbiamo solamente dato una mano, ma non penso sia il caso di spiegarle tutti i dettagli, la lasci con questa vittoria, se la merita.
"Ha perfettamente ragione capitano, farò così." confermò il Primo Ufficiale trovandosi d’accordo con il pensiero del suo superiore.
Prima di uscire Sisko precisò.
"Comandante, la Defiant è a vostra completa disposizione. Quando il consigliere si sarà ripreso potrete fare ritorno all’Enterprise in poche ore, e porti i miei saluti al capitano Picard."
"Certo signore, e grazie ancora." rispose l’ufficiale stringendogli caldamente la mano, poi tornò a fianco del lettino e si mise pazientemente in attesa che Deanna si svegliasse dal sonno profondo.

Il mattino seguente, prima d’imboccare il corridoio che li avrebbe condotti all’attracco della Defiant, una minuta figura li stava attendendo pazientemente nella penombra.
"Ehi federale, per favore vieni qui, devo parlarti."
Riker riconobbe immediatamente le enormi orecchie di un Ferengi, lasciò per un istante la sua compagna e sbuffando s’incamminò verso quella direzione, lo prese energicamente per il collo ed insieme svoltarono l’angolo.
Abbassandosi alla sua statura domandò con una certa premura.
"Ferengi, cosa vuoi da me? Una mancia? Non ho molto tempo."
"Non saprei cosa farmene dei tuoi soldi. Io sono Rom, il fratello di Quark, e sono qui perché pretendo che tu disinneschi la bomba che gli hai fatto ingoiare. Sono due giorni che Quark non si muove dal suo letto, non vorrai lasciare la stazione senza rispettare i termini dell’accordo, non è vero?"
"E se non volessi farlo?"
"Io…io ti denuncerei al capitano Sisko, alla sicurezza, ai Klingon, al maggiore Kira, alla…"
Riker si sforzò di rimanere serio vedendo l’impacciato cameriere tentare di mantenere un tono minaccioso, tornando sui suoi passi gli rivelò.
"Dì a tuo fratello di stare tranquillo, gli ho fatto ingoiare una semplice pastiglia d’Aspirina, ormai dovrebbe aver fatto effetto."
"Aspirina?"
"Esatto, e da quel che so non ha mai ucciso nessuno."
Rom mise in mostra la fila disordinata di denti acuminati e scoppiò in una fragorosa risata.
Gongolante trotterellò in tutta fretta verso l’anello abitativo per riferire la lieta notizia al fratello.
Non appena Quark seppe del raggiro non sembrò condividere la sua felicità, lo rincorse per i corridoi della stazione nel tentativo di sfogare la sua frustrazione, deviò verso l’anello d’attracco con il fiato in gola e lo sguardo stravolto sperando che la Defiant non fosse già salpata.
Ma tutto ciò che intravide oltre l’oblò fu la nave stellare che entrava in curvatura.


Capitolo Quattordici

Diario del capitano.
Probabilmente questa sarà la mia ultima registrazione.
L’energia degli scudi sta fluttuando e presto inizierà a decadere oltre il livello di guardia, non appena questo succederà, i Borg si teletrasporteranno a bordo dell’Enterprise iniziando l’assimilazione selvaggia dell’equipaggio.
Del mio equipaggio.
Onestamente non ho ben capito in che modo il Kendas al loro comando sia stato in grado di soggiogare la collettività, ma per noi ormai ciò non ha molta importanza, mi auguro che chiunque raccolga questa registrazione saprà dare una risposta appropriata a questa domanda.
I rapporti segreti ed i diari personali riguardanti i Borg sono stati inseriti in appositi contenitori e criptati con i codici segreti della Flotta Stellare, vi consiglio di leggerli attentamente, sono certo che vi saranno d’aiuto per sconfiggere il nemico.

Picard smise di dettare il diario di bordo, con un gesto brusco disattivò il terminale del computer e si alzò, attraverso la finestra laterale della saletta tattica intravide il riverbero del raggio traente che li teneva prigionieri, colpì la vetrata con un pugno e proruppe con enfasi.
"No, non può finire in questo modo, deve esserci un’altra possibilità, se solo…se solo potessimo comunicare con la Flotta."
Immerso nelle sue riflessioni non udì il suono del campanello che da alcuni secondi risuonava nella saletta.
"Avanti." disse infine ricomponendosi, "signor Data, si accomodi," lo invitò riprendendo posto dietro la scrivania, "qualche novità?"
"Purtroppo no capitano, sono venuto ad informarla che gli schermi iniziano a mostrare cenni di cedimento strutturale in diversi punti, il signor La Forge le chiede il permesso d’attingere ulteriore energia dal supporto vitale."
"A quale scopo? Per allungare la nostra agonia?" rifletté Picard guardando l’androide con tristezza, "abbiamo forse qualche alternativa?"
"Temo di no capitano, tutti gli elementi sono a nostro sfavore: la nave è seriamente danneggiata, siamo trascinati da un raggio traente di notevole potenza, isolati dal resto della Flotta…" Data si concesse una pausa come se avesse intravisto un fattore che fino a quel momento gli era sfuggito, battendo velocemente gli occhi giallastri aggiunse con foga, "…ed abbiamo un drone Borg in cella."
Picard sollevò lo sguardo, incontrò quello di Data e gli sembrò finalmente d’intravedere la fine del tunnel, l’ultima frase lo aveva colpito a tal punto da farlo sorridere malignamente.
"Già signor Data…lei ha perfettamente ragione, abbiamo un Borg a bordo, vale la pena di tentare. Grazie per il suggerimento."
L’androide apparve alquanto confuso, in effetti aveva riportato un semplice dato di fatto che il suo cervello positronico interpretava come un banale dato statistico, nulla di più.
Picard lo trascinò con sé verso l’uscita commentando.
"Se la Flotta non può venire in nostro soccorso, ci faremo aiutare dai Borg."
Data rimase senza parole seguendolo verso la cella detentiva, sembrò alquanto perplesso in merito alle parole del capitano non condividendo il suo entusiasmo, forse gli era sfuggito il semplice fatto che erano già circondati dai Borg.

Picard si fermò ai limiti della prigione, controllò il prigioniero e fece convocare d’urgenza il tenente La Forge, il quale li raggiunse dopo pochi minuti.
"Eccomi capitano, veramente ero in sala macchine nel difficile tentativo di richiudere le falle negli schermi, è proprio indispensabile la mia presenza qui?" chiese Geordi asciugandosi la fronte sudata.
"Direi di sì tenente, ho bisogno che lei e Data studiate insieme un sistema per inviare un messaggio verso l’esterno senza dover abbassare gli schermi."
I due si guardarono l’un l’altro con una strana espressione, ciò che il capitano gli stava chiedendo era praticamente impossibile, notando l’imbarazzo dell’ingegnere fu l’androide il primo a porre delle serie obiezioni.
"Capitano, si rende conto che non abbiamo più energia? La sua richiesta non mi sembra razionale."
"Questo non è il momento per essere razionali, signor Data. Il tempo stringe, ed a meno che lei non voglia unirsi al collettivo Borg, le consiglio di essere più creativo ed inventarsi qualcosa."
Detto questo Picard si mise a girare intorno a loro raccogliendo le mani dietro la schiena, si sistemò l’uniforme stirandola verso il basso ed attese impazientemente che qualcuno proferisse parola.
"…una valvola. Potremmo realizzare una valvola subspaziale," ipotizzò La Forge massaggiandosi il mento, "se realizzata a regola d’arte, uno strumento simile potrebbe consentirci d’inviare un messaggio verso l’esterno, l’unico problema è riuscire a mantenerla stabile, cosa ne pensi Data?"
L’androide calcolò ogni singola variante aggiungendo anche diverse ipotesi personali.
"Si, è possibile, dovremmo attingere energia dai phaser, tuttavia essi non saranno più utilizzabili in battaglia."
"Signor Data, non usciremo da questa situazione utilizzando le batterie, quanto tempo vi occorre per realizzarla?"
Geordi e Data in coro risposero.
"Non meno di due ore."
"Ve ne concedo una soltanto," precisò categoricamente Picard, "nel frattempo io parlerò con il prigioniero sperando che voglia collaborare. E’ tutto, potete andare."
Picard attese che i due ufficiali lasciassero la zona d’isolamento poi proseguì oltre la prima barriera elettronica, fece un cenno alla sentinella di turno ordinandogli d’abbassare il campo di forza ed entrò nella cella.

"Locutus sei tornato?" chiese il drone vedendolo apparire silenziosamente, "hai ripensato alla mia proposta?"
"Si, l’ho fatto, e sono d’accordo, desidero tornare a far parte del collettivo. Non posso più vivere senza la voce guida, sono solo, e questa solitudine mi sta lentamente uccidendo, riesci a capirmi?" domandò Picard cercando d’essere il più convincente possibile.
"Certo, ti capisco perfettamente," confermò il Borg allungando il collo indolenzito, "io posso aiutarti, ma devi permettermi di contattare la collettività, puoi fare questo?"
Picard appoggiò una mano sulla corazza semi distrutta del cyborg ed annuì.
"Si, posso farlo, fra breve potrai inviare un messaggio di soccorso."
"Non rimane molto tempo, le mie funzioni vitali si stanno indebolendo, presto non potrò più agire secondo i normali parametri di funzionamento, se non agisci in fretta rischi di rimanere intrappolato per sempre con queste creature." lo supplicò il drone provando sincera preoccupazione per il suo compagno.
Fingere per Picard divenne sempre più difficile, malgrado stesse ingannando quell’essere per salvare la nave, si domandò se il suo comportamento non fosse in contrasto con quello in cui aveva creduto in tutti gli anni di servizio nella Flotta Stellare.
Cambiando completamente tono domandò.
"Soffri molto?"
"La sofferenza è irrilevante, noi siamo Borg, la resistenza è inutile."
"Già…" mormorò Picard ripetendo con nostalgia le medesime parole, "e se ti dicessi che una nuova minaccia sta compromettendo l’intero futuro del collettivo?"
"Impossibile, noi siamo Borg, la res…"
"….la resistenza è inutile, lo so, invece ti posso confermare che una razza di negrieri denominata Kendas vi sta infettando come un cancro maligno, deveessere estirpato prima che si diffonda ulteriormente. Ti confesso che in questo momento siamo loro prigionieri, se non facciamo qualcosa oltrepasseranno i nostri scudi e ci assimileranno, tuo malgrado ti troverai all’interno di una collettività completamente diversa, isolato, trattato come uno schiavo. Avrai solamente dolore e rimpianto per quello che una volta rappresentavi, che tutti Borg rappresentavano, questo puoi tollerarlo?"
Picard recitò quelle frasi con tale slancio che il drone lo ascoltò sospendendo le funzioni di riciclaggio interno, lo guardò con ammirazione ed affermò.
"No, noi siamo Borg, non possiamo tollerarlo, devo mettermi in contatto con i nostri fratelli. Dimmi quando posso procedere, insieme li fermeremo e poi… noi due entreremo nuovamente nel nostro collettivo."
Picard attivò il comunicatore sull’uniforme facendolo trillare ritmicamente.
"Signor Data, siete pronti?"
"Quasi capitano, ancora alcuni minuti." rispose l’androide mentre eseguiva milioni di operazioni simultanee sulla consolle del computer.
"Chi è questo Data?" domandò il prigioniero non riconoscendo un simile nome nella sua banca dati danneggiata.
"Una creatura molto simile a te per certi aspetti, e per altri completamente diversa. Quando avremo tempo ti descriverò come una macchina possa evolversi fino a raggiungere un livello elevato di perfezione, a questo dovrebbero aspirare tutti i Borg, se solo potessimo comprenderci l’un l’altro, ne trarremmo dei benefici inimmaginabili."
"La Forge a capitano Picard, tutto pronto, può procedere quando vuole."
"Grazie Geordi, non appena terminato riallinei gli schermi e se possibile rinforzi la falle lungo tutto il perimetro."
"Agli ordini capitano, valvola attivata."
Picard si avvicinò al drone ripulendogli la fronte bagnata dal liquido biologico che gli fuoriusciva dalle ferite, gli spostò delicatamente i tubi che gli penetravano la mascella mettendogli entrambe le mani sulle tempie.
"Puoi procedere, ti prego invia un messaggio breve e semplice in modo da non costringerci ad attingere ad ulteriore energia."
"Operazione terminata." confermò il drone prima che Picard potesse completare la frase.
"Forse mi hai frainteso, intendevo un messaggio conciso, non un semplice lamento."
Il drone sogghignò tossendo per le contrazione sempre più violente del suo addome martoriato.
"Locutus, sei stato lontano per troppo tempo. Nella frazione di secondo che hai notato, ho descritto esattamente la nostra posizione, quello che succede e ciò che sarà necessario per fronteggiare i nostri avversari. Quando sarai nuovamente uno di noi anche tu avrai questa capacità."
"Ne sono lieto," rispose un po’ imbarazzato Picard reggendo il gioco, "quanto tempo ci vorrà per avere una risposta?"
"Dipende a quale distanza si trova in questo momento la flotta d’invasione, ritengo tuttavia che non ci vorrà molto, rilassati Locutus preso sarà tutto finito." concluse il drone chiudendo le palpebre e dando nuovamente il via alla fase rigenerativa.
Picard lo lasciò riposare, si allontanò sulla punta dei piedi e tornò in plancia alquanto confuso.
In effetti non avrebbe mai pensato di augurarsi di vedere apparire i Borg nello schermo principale dell’Enterprise, ma come era solito dire, talvolta non tutto il male viene per nuocere.

Claudio Caridi (continua)

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