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Distinguere tra questione umana e questione umanitaria

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Distinguere tra questione umana
e questione umanitaria


A pochi giorni dalla morte di Bettino Craxi sono ancora vive più che mai le polemiche sulla vicenda di questo uomo politico, sul suo ruolo, sul comportamento dello Stato nei suoi confronti. Craxi che fu "delfino" di Pietro Nenni, nemico di Berlinguer, capo del governo nel 1983, colui che realizzò la revisione dei Patti lateranensi, nel 1984 fu travolto da una valanga inarrestabile di scandali e tangenti che lo portò a fuggire in Tunisia. Nonostante lui si sia sempre dichiarato colpevole "solo" di finanziamento illecito del Partito in due processi venne condannato a complessivi dieci anni di reclusione per corruzione e alla sua morte erano ancora aperti cinque procedimenti contro di lui. Si è spento nella sua villa ad Hammamet e sempre lì è stato sepolto, lontano dall’Italia. In questo "caso Craxi", come molti l’hanno definito, è necessario distinguere nettamente e separare due questioni:
quella umana, quella della morte di un uomo e del dolore dei familiari, di fronte al quale bisogna certamente aver rispetto e solidarietà, e quella dell’uomo politico Craxi che certamente fu uno statista di rilievo, un politico importante in campo nazionale e internazionale cui vanno onestamente riconosciuti vari meriti e che però, d’altra parte, fu coinvolto e dichiarato colpevole anche con sentenze penali passate in giudicato di gravi reati contro la pubblica amministrazione. Che piaccia o no bisogna ammettere che il segretario dell’ex PSI ha costruito e consolidato il suo personaggio anche grazie, ma non solo, a contributi in denaro che personalmente o tramite i suoi fiduciari ebbe a ricevere. Sicuramente si deve riconoscere che quella individuata e scoperta da mani pulite era una corruzione capillare e che Craxi non era certo 1’unico politico ad essere inserito in un sistema di tangenti, ma un reato non diventa certo meno grave perché più diffuso, rimane tale e come tale va represso. La morte di un uomo richiede rispetto ma non deve portare a dimenticare i fatti e a cambiare opinione sulla gravità di tali fatti. Forse alcuni illeciti sono stati attribuiti a questo politico ingiustamente ma sicuramente lui non è rimasto in Italia per smentire e difendersi, anzi forse il suo errore più grande è stato quello di nascondersi prima dietro l’immunità parlamentare e poi di fuggire in Tunisia. Si è sempre definito un esule, ma attenzione: grande e profonda differenza esiste tra un esule per motivi politici, ricordiamo esempi illustri come Mazzini e grandi uomini del Risorgimento, e un latitante, una persona che scappa all’estero per sfuggire alla giustizia italiana. Si è sostenuto che la sua morte è stata agevolata dal divieto dello Stato italiano di tornare in Italia, ma non si è aggiunto che gli è stato solo vietato di tornare da uomo libero, sicuramente nessuno gli avrebbe impedito di curarsi in un ospedale italiano se lui non avesse preteso con questo che si ignorassero le sentenze penali emesse nei suoi confronti e già passate in giudicato. Questo per quale motivo doveva accadere? I politici non appartengono a una classe superiore i cui reati non vanno perseguiti, Craxi era un uomo che si è sottratto alla giustizia non un perseguitato, non è stato condannato solo per finanziamenti illeciti del partito ma anche per reati comuni, per corruzione, ci si potrebbe chiedere quanta disponibilità avesse sui depositi miliardari scoperti all’estero e documentati dai magistrati. Comportamento molto discutibile è stato anche quello del governo italiano che ha
offerto alla famiglia l’opportunità di celebrare funerali di stato per quello che aveva sempre sostenuto essere un latitante, un governo che ha inviato il suo ministro degli esteri al funerale sostenendo che era un atto dovuto per chi ha ricoperto incarichi
istituzionali ma certamente tale cerimonia non è prevista per chi ha la fedina penale non pulitissima. Ultima cosa, ma non per questo meno vergognosa, è l’atteggiamento di coloro che approfittano della morte di Craxi per mettere in discussione l’operato dei magistrati e il risultato delle sentenze processuali. In tal modo si vuole portare tutto sul piano politico, anche quello che dovrebbe essere di stretta competenza giudiziaria cercando di creare i presupposti per un ‘amnistia.

Francesca Sessa

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