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Riccardo Rinaldi alla Muratori

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Riccardo Rinaldi alla Muratori

Per i buoni uffici del medico-pittore Daniele Giovanardi, si è potuto ricreare allo Studio Muratori, l’ambiente della trattoria veneziana
“Da Romano”, uno dei locali storici italiani, per la secolare avventura e l’aver ospitato, dagli anni ’20 agli anni ’60, la “Scuola di Burano” all’insegna del Chiarismo, che annovera, tra i suoi esponenti, Semeghini, Lilloni, Guidi che prediligevano toni sommessi e soggetti dimessi, della pratica quotidiana, figure e paesaggi impalpabili, in alternativa alle figure massicce, nerborute dagli atteggiamenti tronfi, esasperati dal Novecento di Margherita Sarfatti: un’arte pompiére di celebrazione del Regime. Il Chiarismo di matrice post-impressionistica, vede sfilare accanto a Semeghini, Lilloni anche i modenesi post-ellani Marchi e Tino Pelloni, che si radunavano, nelle case ospitali di Semghini e Moggioli, a Burano. E le tele, qui esposte, son quelle originali dell’arredo della trattoria “Da Romano”, come si desume dal Menu, in cui filano, accanto alle specialità veneziane, i nomi di artisti, letterati, poeti, oltre le celebrità che si sono avvicinate, oltre agli avventori del locale. Molto bella, La barca dei pittori di Vellani Marchi così sovraccarica, che ha rischiato di colare e picco in laguna; sono esposti anche documenti storici, foto d’epoca, manifesti, riviste e giornali, messi, a disposizione dalla trattoria.
D. Giovanardi ha tenuto, nella stessa sede, un’esaustiva personale di taglio espressionista, scorci veneziani, marine, imperniati sull’accostamento tra toni pastello, accesi da accenti di toni primari. Ma, la più toccante di questi pastelli su legno, è una gamma raffinata di toni chiari e grigi vellutati in “Laguna veneta” che rammenta quelle vedute invernali, in cui un cielo di latta si intrida di toni lattiginosi, a rendere quell’atmosfera inimitabile, che affascinò Goethe, Wagner, in un invito, a ripercorrere le tappe di quella “guida sentimentale di Venezia” di Diego Valeri, per immergersi nell’aura struggente, ovattata, di un’oasi di silenzio e meditazione.

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In bilico tra Naif ed Espressionismo, si situa Franco Scaglietti alla
Torre Strozzi, pittore in erba, che dovrebbe mettere a punto il registro della produzione pittorica e focalizzare la sua tematica e l’impostazine formale delle composizioni, cui gioverebbe la nobile
“arte del levare”.
Accattivanti, i sontuosi fiori esotici, le vivide corolle di rose accese dal carminio, o le algide Calli; l’opera più interessante, risulta “Cavolfiore con mele”, in un accostamento tra colori primari che si stemperano nel crogiolo cromatico di una gamma variegata verde.
Improbabili, le casette di Hansel e Gretel formato cartolina, le cui facciate si riflettono, in una profusione cromatica, nel velo acquoreo o si mimetizzano nel verde.

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Vania Galli allo Studio del Graziosi di Vignola; la medichessa-pittrice, che dispiega doviziosamente immagini sontuose che sembrano rientrare nell’alveo di quella pittura surrealista e fantastica, che ha attecchito in Padania e da noi, nella vicina
Pavullo, con Mazzieri, Giusti, Babini, Carloni e il compianto raffinatissimo scultore e grafico Raffaele Biolchini.
La pittrice, di cui ho visitato alcune personali e opere in reiterate edizioni di Fierarte, dovrebbe puntualizzare il suo stile troppo esuberante, smorzare le accensioni timbriche e comunque alleggerire i toni; preferibili i mezzi più leggeri e diafani, come l’acquerello, il pastello e la tempera e optare per la stringatezza formale, che non è una rinuncia, ma un guadagno.

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Riccardo Rinaldi alla Muratori

Rinaldi ci offre una scelta di lavori, opportunamente dedicati al carnevale: e allora, ecco apparire figure sommesse, pacatamente monocrome, accanto a vaste superfici in cui la complessità della composizione è un coacervo di immagini simboliste, agglutinate dal folgore dell’oro, a caricare di valenze barocche le strutture dell’opera. Sono grandi affreschi di costume e nel contempo un monito:
Carpe diem!
Il bravo artista mantovano non dimentica che le maschere ossia larve, anime dei morti e già nel fondo, alligna il Mercoledì delle Ceneri, non troppo lontano dall’Halloween anglosassoni, in cui le maschere-zucca, intagliate grottescamente vogliono esorcizzare i fantasmi. C’è una vena di tristezza che scorre in queste enormi strutture espressionistiche; in certe tele, si smorzano i colori, disposti altrimenti in una profusione di colori primari, conoscendo la pacatezza della pittura tonale, in cui s’individuano appena i contorni che ritagliano sagome, espresse in toni sommessi, che si stemperano in delicate tonalità pastello.
L’artista, inoltre, dispone diversi paesaggi post-impressionisti: enormi superfici in cui si ravvisano i connotati della Padania: grandi estensioni verdi di entità naturalistiche, scampoli che si dipanino in una famiglia d’erbe e d’animali, per dirla con Virgilio, le cui radici affondano nell’humus di una terra ferace.
C’è un atomizzarsi di pennellate, il cui ductus si dipani talvolta con andamento sinuoso, in un groviglio, un nucleo, attorno il quale si attorca questa irruente composizione, in matasse verdi, intricate asfitticamente come in una forra, che a stento lasci trapelare un raggio di luce; oppure son corsi d’acquaimpetuosi, in cui pennellate azzurre riverberano toni iridati.
Un’atmosfera magica e sospesa circonfonde certe tele nel baluginare di un’aura d’oro fosforico, e ci addentriamo in entità oniriche, nel cuore verde del bosco, dove operi un sortilegio secolare. Ci si immerge panicamente in un paesaggio, dai connotati mitici e ci si ravvisa di Pan e dei riti bacchici, che si svolgevano in viluppi fitomorfi intricati e inaccessibili. Questa pittura sontuosamente simbolista finisce poi per disgregarsi in uno sfarfallio di pennellate centrifughe; i toni poi si alleggeriscono, per assumere venature pacate in vaste estensioni pastello di una delicata e rarefatta pittura tonale.
Se nelle prime opere si pensa talvolta al “Gruppo degli 8” di Lionello
Venturi, nelle opere recenti si pensa, invece a certi artisti spiritualmente disincarnati, a un certo Guarienti, e nel fulgore abbagliante dell’oro, ai raffinati Savinio e Clerici. Ad Majora!

Giuliana Galli

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