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Giugno 2009, si rinnova il Parlamento Europeo

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Le sfide dell’Eurovoto

 
«La democrazia è il vero ossigeno dell’Europa:
se venisse a mancare, essa morirebbe d’asfissia»
(Dave C. Karif)
 
Tra il 4 e il 7 giugno 2009, più di 375 milioni di elettori appartenenti ai 27 Stati membri dell’Unione Europea saranno chiamati a rinnovare i propri rappresentanti al Parlamento Europeo per il quinquennio 2009-2014. Questi deputati porteranno in Europa la voce di quasi 500 milioni di cittadini.
Già nell’ottobre del 1995, la nostra Rubrica si era occupata dell’Europarlamento[1], ma in questi quasi vent’anni molte cose sono mutate e il prossimo appuntamento con le urne rappresenta sicuramente un momento di fondamentale importanza per il futuro della costruzione europea, ed è per questo motivo che riteniamo nostro dovere, da cittadini europei e da tecnici del diritto, dedicare una ulteriore riflessione a questo tema per illustrare la centralità del ruolo dell’istituzione parlamentare e, quindi, la necessità che ognuno di noi si rechi ad esprimere il suo voto[2].
Il Parlamento Europeo è l’istituzione europea[3] che rappresenta i cittadini degli Stati membri[4] e viene eletta a suffragio universale diretto: ciò è un unicum al mondo dal momento che non esiste un’altra assise internazionale in cui siedono delegati dei cittadini legittimati da una diretta investitura popolare.
L’istituzione di Strasburgo, cittadina alsaziana nel nord della Francia ove ha sede il famoso emiciclo, ha visto la luce nel 1958 con l’entrata in vigore del Trattato di Roma[5], ma solo a partire dal 1979 i popoli europei hanno iniziato ad inviarvi i propri rappresentanti in maniera diretta[6].
In effetti, in questi 50 anni la composizione del Parlamento è mutata notevolmente anche in seguito ai progressivi ampliamenti: il numero di Stati membri è passato da 6 a 27[7]; gli europarlamentari sono diventati 736[8], da 142; le lingue ufficiali sono cresciute da 6 a 23[9].
Le varie e successive revisioni dei Trattati istituzionali[10], inoltre, hanno esteso in maniera molto forte i poteri del Parlamento che, inizialmente, aveva solo un ruolo meramente consultivo mentre, oggi, condivide con il Consiglio il potere legislativo sulla maggior parte delle materie[11] di competenza comunitaria. Nello specifico, sebbene in settori quali l’agricoltura e la politica estera debba solo essere consultato o informato, i suoi dibattiti e le sue risoluzioni possono influenzare ed indirizzare i provvedimenti adottati dal Consiglio. Per quanto riguarda, invece, l’adozione del bilancio comunitario, il Parlamento ha ampi poteri che si estrinsecano anche nel fondamentale ruolo di controllo democratico[12] sulle altre istituzioni europee.
Ma “entriamo” ora tra i seggi del Parlamento.
A differenza dei parlamenti nazionali, nell’Europarlamento non vi sono partiti politici, bensì “gruppi politici” che raccolgono i parlamentari di differenti Stati membri che si riconoscono in una comune matrice culturale (nonostante alcuni di questi gruppi continuino a chiamarsi “partiti”); attualmente, i gruppi[13] sono i seguenti: PPE-DE (Partito Popolare Europeo-Democratici Europei), PSE (Partito Socialista Europeo), ALDE (Alleanza Liberali e Democratici per l’Europa); Verdi-ALE (Verdi-Alleanza Libera Europa), UEN (Unione per l’Europa delle Nazioni), GUE-NGL (Sinistra Unitaria Europea-Sinistra Verde Nordica), IND-DEM (Indipendenza-Democrazia), non iscritti.
L’appuntamento della prima settimana di giugno risulta oggi ancor più delicato per il cruciale momento storico che l’Europa e le sue istituzioni si trovano a dover affrontare in uno scenario globale complesso e in continuo divenire: vi sono sfide interne ed esterne, correlate e interdipendenti.
In particolar modo, l’Unione Europea si trova in una fase di empasse per il ritardo che sta avendo la ratifica del Trattato di Lisbona, firmato dai Capi di Stato e di Governo dei 27 nel dicembre 2007, ma non ancora ratificato da tutti gli Stati membri[14] e, anzi, rigettato da un referendum popolare in Irlanda.
Il Trattato di Lisbona prevede al suo interno alcune importanti riforme riguardanti sia la struttura che l’attribuzione di poteri delle varie istituzioni europee, tra cui il Parlamento[15]. Nello specifico, la sua funzione di co-legislatore viene rafforzata e la procedura di co-decisione diventa obbligatoria per l’adozione della maggior parte di atti legislativi, ampliando al contempo i settori di competenza concorrente Parlamento-Consiglio (agricoltura, pesca, immigrazione legale, spazio, sport). I poteri di bilancio, inoltre, andrebbero a coprire tutti i capitoli di spesa dell’UE e aumenterebbe il ruolo di controllo sulla Commissione con la nomina del Presidente. Risulta lampante che l’attribuzione al Parlamento Europeo che, ripetiamo, rappresenta i popoli degli Stati membri dell’Unione, di maggiori poteri sul processo decisionale in settori chiave quali gli affari interni, l’agricoltura e il bilancio, renderebbe la stessa UE più responsabile nei confronti dei propri cittadini e contribuirebbe a colmare il gap democratico che risulta essere il male più cronico del sistema europeo sin dalla sua nascita.
Se il Trattato di Lisbona entrerà in vigore dopo le elezioni del 2009, il numero degli eurodeputati salirà temporaneamente a 754, così come deciso dal Consiglio Europeo del dicembre 2008, per scendere poi a 751 con la prossima consultazione nel 2014 (salvo ulteriori modifiche ai Trattati).
Tra le sfide che il nuovo Parlamento dovrà affrontare, ovviamente in sinergia con le altre istituzioni e nel rispetto del principio di attribuzione delle competenze e dei poteri secondo quanto disposto dai Trattati, vi sarà da subito quella di individuare nuove e più appropriate strategie di governance per quegli scenari in cui ci si trova a operare già da ora, e maggiormente nel prossimo futuro, tra crisi economica, concorrenza globale e prossimi round dell’Organizzazione Mondiale del Commercio-WTO, progressivo invecchiamento della popolazione, in special modo nei Paesi europei, e importanti flussi migratori, che vedono gli stessi Paesi quali destinatari favoriti, politica ambientale (con aspetti importantissimi quali i cambiamenti climatici, l’efficienza energetica e la sostenibilità), crescita economica e occupazione (la cosiddetta “strategia di Lisbona”), ruolo dell’UE nel futuro contesto geo-politico planetario, con conflitti a bassa e alta intensità, soft e hard power, cooperazione e sviluppo con partner vicini e lontani.
Riteniamo che ci siano abbastanza argomenti da tenere impegnati i nostri rappresentanti in Europa per i prossimi 5 anni (e magari anche di più!): a loro, chiediamo l’impegno necessario ad assolvere questo delicato compito; a noi, tutti noi, invece rivolgiamo l’invito a esprimere il nostro voto in maniera responsabile e, in maniera altrettanto responsabile, a seguire l’attività dei nostri deputati.
Solo in questa maniera potremo tutti contribuire alla costruzione della nostra comune casa europea ed esserne a pieno titolo “inquilini civili”.


[1] Cfr. Monari A., Il Parlamento Europeo, in KultUnderground, n.12, 1995.
[2] Importante è ricordare il dato relativo all’affluenza alle elezioni europee che, nel 2004 per l’Italia, è stata del 71,72% contro una media del 45,47% a livello di UE (fonte Commissione Europea).
[3] Cfr. art.7, Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE), o Trattato di Roma.
[4] Cfr. artt.189-201, Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE), o Trattato di Roma.
[5] Il Trattato di Roma, o Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE), è stato firmato nel 1957 ed è entrato in vigore nel 1958.
[6] Fino al 1979, i membri dell’Assemblea parlamentare erano scelti dagli Stati membri tra i parlamentari nazionali in proporzione ai voti ricevuti alle consultazioni politiche di ciascun Paese.
[7] Oggi, gli Stati membri dell’UE sono: Austria (dal 1995), Belgio (dal 1952), Bulgaria (dal 2007), Cipro (dal 2004), Danimarca (dal 1973), Estonia (dal 2004), Finlandia (dal 1995), Francia (dal 1952), Germania (dal 1952), Grecia (dal 1981), Irlanda (dal 1973), Italia (dal 1952), Lettonia (dal 2004), Lituania (dal 2004), Lussemburgo (dal 1952), Malta (dal 2004), Paesi Bassi (dal 1952), Polonia (dal 2004), Portogallo (dal 1986), Regno Unito (dal 1973), Repubblica Ceca (dal 2004), Romania (dal 2007), Slovacchia (dal 2004), Slovenia (dal 2004), Spagna (dal 1986), Svezia (dal 1995), Ungheria (dal 2004).
[8] La cui suddivisione per Stato membro sarà (con l’elezione di giugno) la seguente: Austria 17, Belgio 22, Bulgaria 17, Cipro 6, Danimarca 13, Estonia 6, Finlandia 13, Francia 72, Germania 99, Grecia 22, Irlanda 12, Italia 72, Lettonia 8, Lituania 12, Lussemburgo 6, Malta 5, Paesi Bassi 25, Polonia 50, Portogallo 22, Regno Unito 72, Rep. Ceca 22, Romania 33, Slovacchia 13, Slovenia 7, Spagna 50, Svezia 18, Ungheria 22.
[9] Le lingue ufficiali dell’UE sono: bulgaro, ceco, danese, estone, finlandese, francese, gaelico, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, olandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese.
[10] I Trattati istitutivi sono: Trattato CECA (1952); Trattato CEE e CEEA, o di Roma (1958); Atto Unico Europeo (1987); Trattato UE, o di Maastricht (1993); Trattato di Amsterdam (1999); Trattato di Nizza (2003); Trattato di Lisbona, in via di ratifica (2007).
[11] Nello specifico, il potere di co-decisione del Parlamento si ha su: libera circolazione dei lavoratori; diritto di stabilimento; servizi; mercato interno; istruzione; sanità; politica dei consumatori; reti transeuropee; ambiente; cultura e ricerca.
[12] Nello specifico, il controllo democratico si estrinseca con: l’elezione a suffragio universale diretto; il potere di nomina; la corresponsabilità nella politica monetaria; il controllo finanziario; la nomina di commissioni d’inchiesta; l’approvazione e il controllo sulla Commissione Europea.
[13] Le percentuali di deputati iscritti per gruppo (elezioni 2004) sono: PPE-DE 36,7%, PSE 27,6%, ALDE 12,7%, VERDI-ALE 5,5%, UEN 5,6%, GUE-NGL 5,2%, IND-DEM 2,8%, non iscritti 3,8%.
[14] Condizione necessaria per la sua entrata in vigore in base a quanto disposto dall’art.357 dello stesso Trattato di Lisbona.
[15] Cfr. artt.223-234, Trattato di Lisbona.

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