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Infanzia Rubata

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Infanzia Rubata

Si moltiplicano ormai nella cronaca gli episodi di pedofilia e di abusi sui minori, ultimo clamoroso caso che ha sconvolto l’opinione pubblica è quello del piccolo Silvestro, violentato e ucciso da due insospettabili padri di famiglia e da un “anziano signore” che era persino nonno. Il reato di pedofilia è subdolo, il suo autore è difficile da individuare, l’adescatore ai giardini pubblici o davanti alle scuole è solo una piccola parte del fenomeno, in realtà si tratta molto spesso di persone all’apparenza normali, inserite perfettamente nel tessuto sociale, padri di famiglia, professionisti affermati e stimati o, quello che è peggio, possono essere adulti che appaiono autorevoli ai bambini perchè si occupano della loro istruzione, della loro salute o del loro tempo libero; persone che essi conoscono bene e che si sono conquistate la loro fiducia con promesse, lusinghe o singoli atti di seduzione che però il bambino no avverte come tali, anzi le scambia per normali manifestazioni d’affetto perchè esso è ingenuo e manipolabile.
I casi di pedofilia sono purtroppo la punta di un iceberg, di un problema vastissimo, che varca le soglie del nostro paese per acuirsi nei paesi del terzo mondo. Bambini che dovrebbero andare a scuola, divertirsi, giocare, invece lavorano in fabbrica, nei campi, fanno gli artigiani e i domestici nelle condizioni più difficili e spesso subiscono violenze ed abusi sessuali. Secondo l’ultimo rapporto dell’UNICEF i bambini che lavorano nel mondo fra i 3 e i 14 anni sono oltre 250 milioni, ogni giorno si alzano all’alba, mangiano qualcosa, quando è possibile, e partono per una giornata di lavoro che può durare 18 ore e che spesso è malsana, pericolosa o crea danni permanenti al fisico. In Asia, dove il lavoro infantile è lecito dopo i 12 anni, i bambini lavoratori sono 60 milioni. In India, nel Nepal ed in Pakistan un milione di bambini sono impiegati nelle fabbriche di tappeti, più piccole sono le loro dita, più piccoli i nodi e più preziosi sono i tappeti, le stanze dove svolgono la loro attività sono minuscole, senza luce, piene di polvere, dormono per terra, quando si tagliano i loro sfruttatori bruciano loro le ferite con un fiammifero perchè il sangue potrebbe sporcare i tappeti.
Terribili sono le condizioni in cui lavorano i minori in una fabbrica di bastoncini per fiammiferi indiana, hanno 10 anni ma spesso anche meno di 5, sono segregati in magazzini pieni di polvere e di prodotti chimici e saturi di forti vapori. Sempre in India i bambini sono usati per estrarre vetro fuso da forni la cui temperatura oscilla tra i 1500 e i 1800 gradi. In Africa la situazione non è certo migliore, i bambini sono sfruttati nelle miniere della Costa D’Avorio e del Sud
Africa, nelle piantagioni di cocco e di canna da zucchero, nelle concerie marocchine ed egiziane dove scalzi e a mani nude immergono le pelli in vasche piene di acidi. In Brasile i “meninos de rua” sono sfruttati nelle miniere o sopravvivono rovistando tra i rifiuti.
L’UNICEF avverte che il mercato del sesso e della prostituzione chiede bambini sempre più piccoli perchè teme che gli adolescenti siano già stati contagiati dall’AIDS e così si moltiplicano i cataloghi che mostrano fotografie di bambini, ne indicano l’età, se sono vergini o meno e il loro prezzo, in base a quanto si paga è possibile fare col minore ogni cosa, anche ucciderlo. Nemmeno gli Stati Uniti sono estranei allo sfruttamento del lavoro infantile, così come molti paesi europei. Molti piccoli messicani lavorano nelle aziende agricole di
New York in campi umidi di pesticidi. In Gran Bretagna, paese che già nel disciplinò il lavoro minorile, sono avviati al lavoro dal 15 al 26 per cento dei bambini sotto gli 11 anni. In Italia i lavoratori al di sotto dei 14 anni sono almeno cinquantamila, ed essi non lavorerebbero per mantenere la famiglia ma per corrispondere ad una società dei consumi che induce sempre nuovi bisogni e nuovi modelli. Scandaloso è il comportamento delle multinazionali che sfruttano la manodopera dei bambini di molti paesi in via di sviluppo per diminuire i costi di produzione e rivendere a prezzi molto più alti in occidente i prodotti finiti. Le imprese convolte sono molto note e spesso la loro attività riguarda vari prodotti, fra le tante Nestlè, Philip Morris, Nike,
Reebok, molte di queste producono gli status-symbol della nostra società occidentale.
La soluzione di queste tragedie? Certamente non è unica, e non è neanche facilmente individuabile, sanzioni economiche e boicottaggi servono a poco e a volte sono controproducenti perchè eliminano l’unica fonte di guadagno dei bambini. Come diceva l’ex segretaro generale dell’ONU Boutros Ghali, “nei paesi poveri se un bambino lavora muore di fatica, se non lavora muore di fame”. Da segnalare l’iniziativa l’iniziativa del Rxxxxxx, il “tappeto che sorride”, un’etichetta che distingue i tappeti di esportazione fabbricati in
India e in Nepal da laboratori che si sono impegnati a non utilizzare manodopera infantile. Certo una soluzione si deve trovare e al più presto perchè questi bambini feriti spesso in modo indelebile nel corpo e nello spirito sono gli adulti di domani, e in queste condizioni che mondo potranno creare?

Francesca

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