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Dialogo improbabile…

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DIALOGO IMPROBABILE,

E TUTTAVIA NON IMPOSSIBILE,

NELL’ ALDILA

OVVERO

UN’APPENDICE ARBITRARIA

ALLE OPERETTE MORALI

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A – (Esitante, spaesato) Buongiorno!
B – (Un po’ sorpreso, ma cordiale) Oh, buongiorno! Lei è nuovo?
A – Sì, sono arrivato da pochissimo e, se ho ben capito, sono morto.
B – Eh sì, mio caro, ha capito bene; lei ha saltato il fosso: è un puro spirito. Io sono qui da un po’. Naturalmente non le so dire da quanto. Sa, dove ora ci troviamo gli anni, i secoli, il tempo in generale insomma, sono misure senza importanza, non esistono.
A – Come non esistono? Se è così, lei come fa a capire in che epoca è vissuto? Se è vero quel che mi dice, lei non è in grado di sapere se ha partecipato alle Crociate o se ha avuto notizia della bomba atomica.
B – Ed infatti non lo so. Però, siccome capisco abbastanza dei discorsi che fanno gli ultimi arrivati, ne deduco che non è poi moltissimo, sempre naturalmente ragionando in termini relativi, che sono arrivato.
A – Beh, le dirò che questo non mi entusiasma. Immagini che la gente intorno a me non faceva altro che guardare l’orologio e metterlo a posto con i segnali dei giornali radio. Capisce che cosa dico?
B – Certo, certo, so tutto della radio e anche della televisione. Vede dunque che sono, per così dire, un contemporaneo. Sempre però che anche questi strumenti non siano ormai arnesi da robivecchi.
A – Non sono in grado di aiutarla a risolvere il suo dubbio. Sta di fatto però che questa dimensione in assenza di tempo mi disorienta non poco.
B – E’ una sensazione comune a tutti i nuovi arrivati, ed è comprensibile. Le assicuro nondimeno che non le ci vorrà molto a superare il disagio ed a concludere che i pregi del sistema sono ben superiori ai difetti.
A – Se lo dice lei che è già pratico… Ma vede, il fatto è che, in questo modo, non so nemmeno chi fossi, dove vivessi, che mestiere facessi, se avessi famiglia… mi sento uno zero assoluto.
B – La veda invece in positivo: ignorando tutto di sé non ha più pensieri né preoccupazioni. Vive tranquillo. Mi pare, è vero, di ricordare che la religione dicesse che siamo in grado di vedere, anche dopo la morte, i nostri figli e i nostri amici; ma che angoscia sarebbe se li vedesse in qualche grave pericolo senza potere, data la sua condizione di trapassato, intervenire in alcun modo nel loro destino! E i nemici? Vedere qualcuno di costoro trionfare: che rabbia non poter rivelare che razza di furfante sia colui al quale viene assegnato il premio della bontà o che viene nominato ad una carica importante!
A – Mi rendo conto. Perciò del nostro passato è stata fatta tabula rasa.
B – Esatto; come pure dei nostri sentimenti: in noi non c’è più amore né odio. Viviamo in una perfetta serenità senza nulla aver fatto per conseguirla. Pensi che comodità!
A – Sì, però… Mettiamo, dico per dire, che io avessi un figlio, o magari più d’uno, che non fossero in grado di cavarsela da soli.
B – Beh, dato che lei in ogni caso non ci può far nulla, bisognerà che si arrangino. E anche se non sapranno cavarsela, lei non ne avrà alcun dolore, dato che non lo saprà. Occhio non vede…
A – Non è però, a quel che mi par di capire, che ci si dimentichi proprio di tutto. Lei mi cita dei proverbi, mi parla della televisione.
B – Si dimentica tutto quel che ci riguarda personalmente, ma si conserva una visione generale delle cose del mondo. La cultura acquisita, i libri che abbiamo letto, le poesie che abbiamo imparato, restano nella nostra mente. Tanto è vero che qui c’è una grande biblioteca.
A – Ah, ecco. Ricordo a questo proposito che non so quale scrittore affermò che sapeva benissimo com’era fatto il paradiso, che secondo lui consisteva in una immensa biblioteca. Questo fatto mi pare nondimeno contrasti decisamente con quella mancanza di fisicità che sembra la caratteristica di questo luogo.
B – E’ vero, ma solo in apparenza. Quelli che troverà qui non sono libri, per così dire, materiali: non hanno peso né consistenza, come noi del resto. Qui non vi è nulla di propriamente fisico, in questo ha ragione. Si sarà accorto di non avvertire la necessità di mangiare né… dell’esatto contrario. Non c’è davvero bisogno di fognature o di discariche.
A – Va bene, ma la lettura di un libro, fisico o meno che sia, esalta o deprime, ci rende tristi o gioiosi. E allora?
B – No, no, badi, dalla lettura di questi libri non ricaverà alcuna delle sensazioni cui si riferisce. Ne trarrà unicamente pace. Una calma assoluta, come da tutto quel che c’è qui.
A – Con tutto il rispetto per gli organizzatori, mi sembra un sistema che non manca di imperfezioni e contraddizioni.
B – Non lo escludo, ma francamente non mi riesce di pensare a niente di meglio.
A – Ma chi è che comanda?
B – Nessuno comanda, o almeno così pare. Non si vedono mai capi o sorveglianti di alcun genere. Siamo liberi dappertutto e senza limiti apparenti. Non ci annoiamo, dato che non abbiamo il problema di far passare il tempo, perché questa è una parola priva di significato, come le ho detto.
A – E Dio? Lo ha visto, o per lo meno ne ha percepito la presenza?
B – No, ma nemmeno l’assenza. Intendo dire che non vi è nulla di dimostrato a tale proposito, benché logica vuole che qualcuno abbia pur organizzato tutto questo.
A – E tutti gli attributi che gli si ascrivono?
B – Senta un po’, un essere che ci fa dimenticare tutto di noi stessi per me è un Dio buono. Rifletta a quel che proverei se fossi stato un assassino. E’ vero che un simile dubbio potrebbe restarmi, ma soltanto in astratto, peraltro controbilanciato dall’altro, che cioè potrei essere stato un benefattore dell’umanità, o addirittura un santo!
A – Quel che mi colpisce è che qui sono trattati tutti in modo uguale.
B – E questa è vera giustizia, non le pare?
A – Forse, ma bisogna anche concluderne che la nostra esistenza qui non è un premio. Non siamo dei beati rispetto a dei dannati. Non c’è un luogo di punizione.
B – Direi piuttosto che non ci risulta, ma che non lo possiamo escludere.
A – Vede, ho posto il problema perché, se un luogo di punizione non c’è, la scommessa di Pascal perderebbe ogni significato. Ricorderà che
Pascal affermava che è necessario comportarsi secondo i precetti della religione, scommettendo sull’esistenza di Dio, poiché in tal modo se
Dio c’è si guadagna la salvazione e se non c’è non ci si rimette nulla. Seguendo il male, si sarà comunque irrimediabilmente dannati.
B – Certo, ma lei ricorderà l’obiezione di Condorcet, che aveva anche lui una mente logica da matematico: se sulla terra esistessero cinque o sei religioni che comminassero la dannazione eterna ai non credenti, per essere sicuri di salvarsi si dovrebbe praticarle tutte, il che potrebbe creare non pochi imbarazzi, data la possibile contraddittorietà dei precetti di ogni culto. Come vede, di dimostrato non c’è nulla, né in un senso né nell’altro.
A – Nondimeno, forse non sarebbe folle ipotizzare che, se noi siamo qui senza alcuna sofferenza, probabilmente in vita ci siamo comportati bene e che, per converso, chi si è comportato male è in altro luogo dove si soffre.
B – Non sarebbe probabilmente folle, ma certamente arbitrario. Anche perché, non lo dimentichi, se è vero che non patiamo sofferenze, nemmeno godiamo gioie. Per cui il premio consisterebbe soltanto nel non ricevere punizione. Ora, mi piacerebbe poter sostenere che nella mancanza di gioia o di dolore non vi è nulla di squallido perché la nostra situazione non è di indifferenza ma di atarassia, e cioè che non siamo atoni ma imperturbabili, e questo è un connotato positivo secondo alcuni filosofi. Ma imperturbabile vuol dire che non si turba dinanzi agli avvenimenti, e qui non avviene nulla, cosicché nulla vi è di meritorio, o comunque di positivo, nel conservare la calma allorché non si ha mai alcuna occasione di agitarsi. Già, credo proprio che questo luogo sia la dimostrazione del fatto che la gioia non è se non la mancanza del dolore.
A – Tutto vero, ma deve darmi atto che la proposizione potrebbe essere rovesciata: il dolore altro non è che la mancanza di gioia. E dal momento che noi stiamo qui senza sentimenti e ci manca la visione di
Dio (elemento indefettibile della beatitudine secondo i teologi) ecco che allora si potrebbe ritenere che questo è un luogo di punizione conseguente al nostro cattivo comportamento in vita. Infatti io non credo che un Dio per definizione buono condanni alle fiamme eterne o ai tormenti più terribili neppure i malvagi.
B – Argomentazione ineccepibile, dalla quale però mi pare risulti ancora più evidente che quassù, o quaggiù, comunque dove ora ci troviamo, queste categorie terrene, tipo il bene e il male, non hanno più alcun valore. Lei me ne pare ancora attirato, ci insiste troppo!
Non vorrei, anche se sono il primo a rendermi conto che lei stesso non può saperlo, che sulla terra avesse fatto il giudice.
A – Dio ne scampi! E’ mia viva speranza non essere stato abbastanza presuntuoso.
B – E dunque, la smetta di arrovellarsi e godiamoci, si fa per dire, la vita!

Giovanni Lodi

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