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Blues

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Blues

Questa sera il blues dentro di me stride come un’alfetta in controsterzo su una strada di montagna; è una di quelle sere dal gusto opaco in cui vorresti cantare al mondo chissà cosa, e sconvolgerlo con un miagolio di chitarra elettrica sottile e aspro come non si è mai sentito in giro, e invece non riesci a tirare fuori nulla: ti metti lì, e provi a scrivere due righe, o a fare un paio di accordi, e poi ci molli, perchè la testa scoppia, il cuore brucia, e i tuoi occhi non servono a niente, fissi come sono al vuoto, ad immaginare lei, a rimirarla e ad accarezzarla languidamente con l’aiuto della luce del giorno che finisce.
Poi ci sono loro: i genitori. Sempre in mezzo, a rassettare, a chiedere come vuoi la cena, cosa farai domani, chi hai incontrato oggi, ed il blues, quello che fa coppia con satana sui colli per spezzare le catene anche al cuore più indifferente, scivola via con la sigla di un telegiornale, o viene inghiottito nella pubblicità di un semifreddo.
Dio che male. Dio che rabbia che sale quando non riesci a stare due secondi per conto tuo quando l’unica cosa che vuoi è pensare-creare-distruggere, ma la vita invece è questo schifo di caos in cui chiunque può rovinarti il momento giusto, infrangere lo spettro sottile della tua ispirazione con un colpo di tosse, od un commento idiota o un “eh?” ripetuto senza sforzo e convinzione. E allora rimani lì mezzo al buio cercando di rifiutare la realtà, cercando di pensare più forte di tutti quei cazzo di rumori e poi ti spompi perchè non puoi vincere contro giuliano gemma che spara ai cattivi nella stanza accanto nè con jovanotti che pensa positivo su tutte le stazioni radio del mondo e ti viene voglia di dormire bere o uscire.
Forse dovrei uscire veramente, prendere su e andare da qualche parte a fare due passi, o telefonare ad un’amica e chiedere se, così per caso, proprio adesso non ha nulla da fare, e due chiacchiere non le farebbero schifo. Ma sarebbe un ripiego, e lo so. Un ripiego perchè è a lei che penso adesso, a lei che sono totalmente rivolto, a lei che non lo merita e che con me non ha nulla nè da dividere nè da spartire.
Lei: occhi da gatta, capelli chiari, viso come la corolla dei ciclamini. E allora? Ne è pieno il mondo. Pieno il mondo di fanciulle di tutti i tipi. Fanciulle che magari non sono così lontane come lei, così schifosamente diverse da non avere neppure senso perderci due secondi soli a guardarla un’altra volta. E ripenso a tutti i momenti passati insieme, per cercare di trovare un motivo per cui adesso sto così. E non c’è nulla. Ovviamente. Nulla.
Due parole, qualche sguardo, un po’ di complicità appena appena accennata. Nessuna idea in comune, nessun giudizio simile nessun contatto fisico niente niente e niente. Ma il blues lo stesso è qui a rompermi l’anima a rovinare ogni istante di questo martedì sera. Il blues è lì da sempre dentro di me a rodere ogni angolo della mia mente, martellandomi con il suo pacato clamore, scalfendomi piano dall’interno, rendendomi inerte.
E lo so che lei o un’altra è uguale, lo so che il cielo fuori è ancora blu, e che è caldo, e che si sta da dio e tutto il resto, ma forse ogni tanto è destino che sia così, che il mondo crolli e che io debba nuotare in mezzo ai cocci tagliandomi e sanguinando come un maiale da latte appena aperto. E fischio un po’ dentro di me, e trovo qualcosa che non è poi così male. Fischio un qualche passaggio ok, mentre lo stomaco contratto piange anche per i miei occhi asciutti. La chitarra
è lontana ma non posso aspettare ancora. Fuori la luce sta per trasformarsi in buio e lei distante sarà con qualcun altro a cinguettare primavera sotto i portici. Chi se ne frega, vorrei poter dire. Ma non c’è verso. Le note scendono dalle stelle piano piano e si fanno accarezzare sulle corde ruvide del mio ferro, e l’ansia un poco si calma. Sputo qualche strofa improvvista su un giro da due soldi, senza più anima di quanta ne abbia ancora io in petto, e alzo gli occhi dal divano. E’ l’ultimo raggio di sole della giornata che mi sta salutando? Ed io che faccio? Abbozzo un sorriso quasi sincero al mondo, al sole, a lei e a me. E guardo appena distratto qualcuno parcheggiare nel cortile, sento odore di caffè. Gli ultimi volteggi con le dita perdono colpi sconvolti dall’aroma della moka. La magia finisce in un calando di riti leggeri. Scrivo qualcosa che mi piace sopra ad un pezzo di carta, depongo la chitarra sul divano, ripenso a lei veloce, e poi mi alzo e via.
Dimmelo che questo è blues.

Marco Giorgini

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