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Preghiera domenicale

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Preghiera domenicale

“Tedio domenicale

quanta droga consuma,

tedio domenicale

quanti amori frantuma”

(C.C.C.P. in “EPICA, ETICA ETNICA, PATHOS”)

Distesi sul letto a sconfiggere i brividi di freddo, si amavano senza chiederselo l’un l’altra. Cosa pensavano quando non parlavano e non ridevano, di certo non pensavano, non si pensa in certi momenti. Una mano sulla spalla, un dito a sfiorare il torace: non c’è tempo per i pensieri. I pensieri, chissà perché, hanno spesso una connotazione negativa, indicano per lo più un’attività continua della mente di stampo pessimista: -ti vedo pensieroso caro-, -certo, sto pensando-, oppure – no, cara, sto solo riflettendo. “Cattivi pensieri” sono chiamati i pensieri disturbati come quelli schizofrenici, ossessivi e altri ancora. Loro due continuano ad amarsi vivacemente aprendo una stagione di domeniche non più tediose come quelle che hanno caratterizzato le loro vite, per tanti mesi, prima di oggi. Si ferma un attimo, dentro la morsa di un abbraccio, a ricordare un episodio di vari anni prima. “Tutto il pomeriggio per prepararmi, allora ci tenevo sai, cercavo di migliorare il mio aspetto esteriore, per piacere.
Dovevo piacere al mio amore, sapevo che non potevamo andare d’accordo, sapevo che eravamo troppo diversi, che oltre l’infatuazione l’amore non ci sarebbe mai stato. Eppure volevo piacere, era una sfida, con chi ancora non lo so, ma dovevo piacere. Mi accorsi però verso sera, che era sciocco ragionare in questo modo, il mio amore doveva innamorarsi di me così come ero, io. Mi decisi e mi vestii come al solito, e con alcuni amici raggiunsi gli altri in birreria. Il mio amore era già arrivato, seduto al fianco del personaggio rivale, soprannominato l’OCA. Ricordo poco della serata in sé, (direi una tranquilla serata domenicale trascorsa con gli amici a bere una birra), tranne il finale. L’OCA si alzò prima di tutti noi, chiedendo proprio al mio amore:- tu mi puoi accompagnare a casa, vero? E così fu. Io rimasi di pietra, e gli occhi mi si aprirono in un istante, mostrandomi un mondo fino ad allora sconosciuto, un mondo molto più comprensibile, una verità da troppo tempo rifiutata. Capii, non me la presi tanto, ma il momento peggiore fu il risveglio del mattino dopo.”
Quel mattino aveva giurato che mai più avrebbe amato.
Ma non è vero. Oggi non è cosi.
La morsa dell’abbraccio è diventata più intensa e insieme più lieve, una carezza che accompagna i due corpi e le due menti.
Il tempo cambia ogni cosa, cela velando con sottigliezza ciò che è meglio sia celato; mostra con evidenza ciò che è bene sia mostrato; cancella con eleganza ciò che è giusto sia dimenticato; e mantiene con vivida e perpetua limpidità ciò che serve, oggi e domani.

Caterina Sonzogni

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