KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista con Joe Raggi

7 min read

ROULETTE CINESE – IBRIDOMECCANICO
 
“Ibridomeccanico” è il nuovo cd di Roulette Cinese, progetto di Joe Raggi (voce, musica e parole), David Nizi (tastiere, produzione e musica), Claudio Spizzo (chitarra, produzione e regia del suono). E’ un disco di ottima fattura per le composizioni e le parole, per l’esecuzione e la registrazione. Il solito disco eccellente che, se fosse arrivato dal Regno Unito, a quest’ora starebbe già tra l’argento e l’oro di prestigio (60.000 o 100.000 copie vendute, per intenderci, e oltre)…  Ma queste sono pippe da certificazione delle vendite dei dischi musicali. Qui da noi funziona o non funziona altro. O forse deve ancora semplicemente succedere.
L’album si apre con un brano strumentale elettronico di David Nizi i cui liberi suoni sembrano rievocare la prima pura elettronica astratta di un capolavoro di colonna sonora come fu Forbidden Planet di Bebe & Louis Barron ed altro ormai retrofuturo. Peccato sfumi presto, ma seguono otto canzoni superbamente registrate e interpretate. Probabilmente è banale la mia rievocazione, se dico Depeche Mode (che in ogni caso non è dire poco). Il mix “new wave” tra elettronica e (art)rock/synth pop inglese con incursioni nella dance alternativa degli anni Ottanta, che tuttavia nulla concedeva in termini di commercialità, e che avvolge all’ascolto, è però proprio quello; così, per questioni mie anagrafiche, non posso che amarlo da subito e collocarlo lì.  La metà del disco è una splendida cover della Exit di Faust’o (Fausto Rossi). “Io non conosco le cause che portano alla morte” è il mio brano preferito (un po’ Luca Urbani e Gabriele D’Àmora in arte Soerba e anche un po’ Bluvertigo).
Chiude l’album un brano la cui musica ricorda atmosfere avant-garde rock e decadenti. Il testo, recitato, è un cut-up dal romanzo “Ubik” di Phil Dick… e di nuovo suoni elettronici a quel mirabile modo di “Forbidden Planet”e primi guru della musica elettronica a concludere in una ghost-track…
 
 
Davide
Ho letto, tra le note di copertina, che il mastering di “Ibridomeccanico” è stato fatto allo Sterling Sound Studio di New York… In effetti il suono (certo anche merito vostro) ha una qualità, diciamo, internazionalmente impeccabile. Da quelle parti, allo Sterling, sono passati una valanga di cd delle più grandi star del rock…. Anche Bob Dylan, Bowie, David Byrne, Supertramp, Blondie, T-Rex, Yoko Ono, Rem, Patti Smith, Brian Eno, Madonna, Bjork, Sigur Ros, Michael Jackson, Led Zeppelin, Paul Simon e chi ne ha più ne metta… Insomma… Fammi capire che tipo di rapporto c’è stato con cotanto studio e con la città ombelico del mondo (sempre che non sia New York, ma Londra, come penso io personalmente… Ma sono europeo e non sono parziale).
 
Joe
Dopo aver scelto di far mixare l’intero lavoro a Roberto Vernetti, ci siamo resi conto che, anche per il mastering, doveva essere mantenuta una qualità sonora altrettanto soddisfacente. Con l’aiuto di internet non è stato per nulla difficile arrivare allo Sterling Sound Studio di New York.  Praticamente è stato fatto tutto attraverso la rete. Abbiamo prima effettuato una prova con il brano “Love song” e, visto il risultato sorprendente, abbiamo proseguito con il lavoro anche per gli altri brani.  
 
Davide
Ci sono stati dei cambiamenti nella formazione dall’ultima volta che ci siamo sentiti… http://www.kultunderground.org/articoli.asp?art=51 Cos’è successo nel frattempo?
 
Joe
Sono successe diverse cose. Purtroppo Betty è uscita definitivamente dal gruppo e, dopo diversi cambi di formazione e la pubblicazione del nuovo lavoro “Ibridomeccanico” per Interbeat Lab, “Roulette Cinese” è inevitabilmente diventato un “progetto aperto” a diverse collaborazioni musicali.
Lo stesso “ibridomeccanico” è stato pre-prodotto da Matteo Robutti (in arte Iso), registrato, prodotto e arrangiato da David Nizi e Claudio Spizzo e portato dal vivo con il contributo di Fabiano Dj ed Edo Faravelli dei Nafoi.
 
Davide
Ubik, mio signore… Che grande romanzo! Nessun tempo e nessun luogo il nostro oggi di più grottesco e surreale! Quante cose ci sono dentro! Cos’è, qual è per te oggi nella realtà una pattuglia di inerziali? Chi neutralizza i talenti? Chi, cosa, secondo te/voi, ci tiene sospesi in una sorta di moratorium? O cosa, riferendoti a Ubik, hai sentito di più attuale e inquietante per noi?
 
Joe
Ubik credo sia uno dei romanzi più belli di Philip Dick. E’anche l’unico per il quale lo stesso Dick aveva previsto una sceneggiatura cinematografica e, per assurdo, nessun regista l’ha mai trasposto in pellicola. In Ubik c’è veramente tutto e il contrario di tutto… proprio quando, verso la fine del romanzo, ti sembra di aver finalmente sciolto lo strano intreccio della trama, vieni poi smentito scoprendo che, in realtà, era proprio l’esatto contrario di quello che avevi pensato.
Parlare oggi di spionaggio commerciale fra multinazionali o di “neutralizzazione” di tutto ciò che si allontana da modelli globalizzati (in qualsiasi campo) e con cui, necessariamente, dobbiamo fare i conti, è incredibilmente attuale.  Forse è proprio questo senso di “neutralizzazione” che può generare una sorta di “paralisi” o “sospensione” dal sistema anche se, per quanto mi riguarda, mi piace intenderla come una saggia attesa (visto che le smagliature sono sempre possibili)… 😉
 
Davide
Come hai eseguito o personalizzato la tecnica del cut-up in “Kid C”? Che significato ha per te il cut-up?
 
Joe
In “Kid C” il cut-up è semplicemente un gioco. Lo stesso titolo è un gioco di parole attraverso il quale abbiamo voluto fare un velato omaggio agli inarrivabili Radiohead di “Kid A”…. mentre, proprio con la tecnica del cut-up, ci siamo divertiti a rimescolare alcune frasi scelte dal romanzo “Ubik”. Unica condizione? Che iniziassero con la lettera “C”.
 
Davide
Io non conosco… / Io non capisco le cause che portano alla morte… Ma sinonimo di vita è ciò che genera contraddizione / Ce lo ha detto Dalì/  Io non capisco la morte ma credo nella vita / che trasuda nell’arte di chi ha vissuto prima / E nel suo nome vivrà… E’ una questione, quella “dell’Urna dei Forti”, che di recente mi interessa molto e mi assilla (e anche un po’ mi angoscia, se penso anche alle grandi cose dell’umanità destinate comunque all’oblio nei milioni di anni). In fondo sono già passati quattro miliardi e mezzo di anni. Se sono passati quelli, passerà in un amen anche tutto il resto. Senza pensare alla morte del Sole, certi fantazoologi dicono che molto prima  l’uomo, tra 50 milioni di anni sarà del tutto estinto e la Terra sarà piena di animali stranissimi come il Vortex, gigantesco pinguino con fanoni di balena, lo stigre, sorta di scimmia felina, l’ondistrello e altri nomi indicibili. Persino la nostra civiltà sarà del tutto rimangiata dalla Terra e dalla sua legge dell’entropia (Terra a cui del resto basterebbero cento anni per inghiottirsi pure le nostre case di cemento). Cosa vivrà davvero nel nome di chi o di che cosa? Vale davvero la pena se non che per noi stessi, ora? Come non aggrapparsi alla metafisica?
 
Joe
E’ davvero difficile non aggrapparsi alla metafisica quando si ragiona in questi termini. Forse, come lo stesso istinto di sopravvivenza, anche qualche strana forma positiva di egoismo potrebbe anestetizzare quell’assillante senso di “impotenza universale”…. ma, alla fine, rimarrebbe comunque solo un palliativo…
Non credo se ne riesca ad uscire in modo razionale….
 
Davide
Se non sbaglio siete di Vercelli, ma anche un po’ di Torino… Che ne pensate dei festeggiamenti che si stanno preparando per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia? Cioè, che ne è soprattutto di quella Unità d’Italia e di quella nostra oggi?
 
Joe
La prima domanda che mi pongo è che cosa ci interessa realmente festeggiare, visto che ancora oggi permangono profonde spaccature nel tessuto del nostro stivale… Non lo sto dicendo in tono polemico, è semplicemente una riflessione. Ben vengano le opere che poi rimarranno nel patrimonio culturale nazionale ma, visto che si parla di “unità”, sarebbe più opportuno che si desse la precedenza, ad esempio, alla ricostruzione delle case di chi, a causa del terremoto, è ancora costretto a vivere sotto una tenda. Ci sono poi divari socio-economici davvero macroscopici e, a volte, drammatici che mi rendono un po’ difficile la comprensione di un’idea di festeggiamento (naturalmente il mio non è assolutamente un discorso politico).
 
Davide
Torino e il Piemonte sono stati da secoli fucina di grandi idee, innovazioni e realizzazioni. Quasi capitale di ogni cosa in Italia e poi più nulla… Cosa c’è che non va in noi piemontesi, che tutto ci facciamo prendere e portare via? Cosa non vi farete mai portare via voi, Roulette Cinese?
 
Joe
Non sono in grado di dirti perché noi piemontesi ci siamo sempre fatti portare via tutto ma ti posso dire con certezza che nei Roulette non permetterò che ci venga sottratta la nostra personalità, o meglio, ciò che contraddistingue e rende unico (mi auguro) questo progetto.
 
Davide
Grazie, Joe. A’ suivre…
 
Joe
Grazie a te, Davide.  E’ stato un piacere.
 
 
 

Commenta