KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Street fighter II

5 min read

Street fighter II

Ebbene, eccoci di ritorno dalle vacanze! Siete abbronzati? Vi siete riposati a dovere? Siete pronti per ricominciare un nuovo anno alla grande? Io sì, e inizio subito col parlarvi di un manga che mi ha allietato qualche ora sotto all’ombrellone, nelle movimentate giornate della Riviera Romagnola.
Mi riferisco a STREET FIGHTER II e non venite a chiedermi che cos’è, perchè dopo i milioni di lire spesi in tutta Italia per l’omonimo videogame, le decine di articoli sulle riviste specializzate, i numerosi tentativi di imitazione e addirittura un superpubblicizzato film per il cinema con Jean Claude Van Damme (recentemente trasposto anche a fumetti), non posso assolutamente credere che qualcuno di voi non ne abbia mai sentito parlare!
Comunque, per quei pochi che negli ultimi quattro anni abbiano vissuto in esilio su di un’isola deserta (e che perciò hanno una buona giustificazione per non sapere nulla sull’argomento), vedrò di fare una breve introduzione. STREET FIGHTER (I e II) è nato come un videogioco classico da bar, con lo schema (sfruttatissimo, ormai) del tipo ®tutti contro tutti¯: il giocatore può scegliere tra dodici personaggi differenti, il cui unico scopo è quello di mettere K.O. in un match corpo a corpo tutti gli avversari che si parano loro davanti.
Gli ipotetici scontri sono ambientati nelle strade dei più disparati paesi; da qui il nome del gioco.
Questo videogame, in apparenza semplicissimo e monotono, ha riscosso in America (e di conseguenza, in tutto il mondo) un successo strepitoso, tanto da creare un mercato enorme, sia per la vendita delle versioni ®casalinghe¯ del gioco per Super Nintendo e Sega
Megadrive, sia per gli innumerevoli gadgets ispirati ai vari personaggi (cappellini, magliette, modellini, figurine ecc.). La popolarità del gioco ha ben presto spinto la casa editrice Tokuma
Shoten Intermedia alla ricerca di un bravo disegnatore che ne curasse la versione a fumetti, e la scelta è caduta su Masaomi Kanzaki, già notevolmente conosciuto per i suoi splendidi XENON (in Italia su Zero della Granata Press) e KAZE (quest’ultimo, purtroppo, non ancora tradotto per il mercato occidentale). La versione originale del manga, in bianco e nero, è stata poi ribaltata e colorata direttamente dai giapponesi per il mercato americano.
Il fumetto (neanche a dirlo) è andato subito a ruba negli Stati Uniti
e il grande interesse che ha risvegliato anche in Italia ha fatto sì che la Star Comics ne curasse la traduzione nella nostra lingua.
Attualmente, STREET FIGHTER II è disponibile in edicola in due volumetti e già si preannuncia la continuazione della storia in un nuovo mensile tutto dedicato ai videogames, sempre edito dalla Star.
Ma diamo un’occhiata veloce alla trama del manga. Tirar fuori una storia convincente da un videogioco è già di per sè una cosa complicata, quando poi il gioco in questione parte dal presupposto che l’unico scopo dei personaggi sia quello di darsele di santa ragione, l’impresa diventa quasi disperata. Kanzaki, invece, è stato bravissimo nell’immaginare un intreccio non solo plausibile, ma persino avvincente, pur nello spazio limitato della prima avventura pilota (in totale sono poco più di 150 pagine) e con il vincolo piuttosto pesante di far apparire tutti , o quasi, i personaggi del gioco.
L’azione è immaginata sullo sfondo dell’isola artificiale di Shad, costruita dai sette paesi più industrializzati del mondo all’interno di un nuovo piano economico mondiale; a causa di un collasso finanziario, l’isola viene però abbandonata a se stessa e col tempo diventa una sorta di enorme slum, abitato da ogni genere di uomini, da cercatori d’oro a delinquenti senza scrupoli. Soprattutto, l’isola si trasforma nella capitale mondiale di un nuovo e sanguinosissimo sport, capace di attirare un giro di scommesse per miliardi di dollari, lo
Street fighting: una lotta libera senza regole, dove uomini e donne, indistintamente, si combattono tra loro senza esclusione di colpi.
Il controllo dell’isola, tuttavia, è nelle mani di un ®sindacato internazionale criminale¯ chiamato Shadowlaw, alla cui testa c’è Mr.
Bison, un uomo avvolto dal mistero e già campione imbattuto di Street fighting. Bison si autoqualifica come ®protettore della pace¯ di Shad, ma in realtà sta segretamente sperimentando su cavie umane gli effetti di una nuova droga sintetica, denominata Doll, grazie alla quale spera di prendere possesso del mondo. Tra gli street fighters che come ogni anno si radunano a Shad per disputarsi il titolo di campione, ce ne sono però alcuni decisi più che mai a scoprire le oscure trame di
Bison ed a fermarlo a tutti i costi…
La trama, come ho detto, è ben organizzata e avvincente. Kanzaki disegna con la solita maestria e anche se gran parte delle tavole le ha dedicate ai combattimenti tra fighters, riesce ugualmente a dare un’idea delle diverse personalità dei protagonisti. Il personaggio del giapponese Ryu la fa da padrone, naturalmente, con la sua aria da bullo dal cuore tenero e dai nobili sentimenti, ma anche lo statunitense Guile si ritaglia la sua fetta di gloria (è sempre bene stuzzicare il patriottismo americano, quando si confeziona un prodotto per il mercato U.S.A.!), insieme alla delicata (?!!) Chun-Li, che sembra fatta apposta per accontentare il pubblico femminile (un bel tributo alla parità dei sessi). Un prodotto veramente ben fatto, dunque, capace di soddisfare ogni tipo di lettore. L’unica cosa che stona, secondo me, è il colore. Certo, è venuto bene, presenta anche diverse sfumature della stessa tonalità, cosa che non si trova spesso nei fumetti a colori (anche se quasi sempre l’effetto è ottenuto applicando semplicemente il colore sul retino grigio già esistente nelle vignette), ma appiattisce terribilmente il disegno, oltre a renderlo abbastanza inverosimile. Ci sono certi sfondi arcobaleno durante le scene d’azione che lasciano un po’ perplessi… E se devo dire la verità, nemmeno le scritte colorate mi piacciono molto; sarà perchè non ci sono abituata. Comunque sia, questa è un’opinione del tutto personale: immagino già i più accesi sostenitori del fumetto americano pronti a smentirmi con mille argomentazioni plausibili!
D’accordo, d’accordo, posso ammettere che anche il colore abbia i suoi vantaggi in un fumetto, ma dopo aver visto l’originale giapponese, non riesco proprio ad abituarmi alla versione occidentale. Il bianco e nero per me ha sempre un fascino inimitabile.
In ogni caso, non fatevi sfuggire questo fumetto, se ancora non l’avete letto! Vi assicuro che ne vale la pena.

Randy

Altri articoli correlati

4 min read
5 min read
4 min read

Commenta