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Corso Di Giapponese

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Corso Di Giapponese

Salve a tutti voi, lettori di KULT, e bentornati al corso di giapponese! Siete pronti ad affrontare i verbi? Spero di sì, perchè da questa puntata cominceremo ad esaminarli assieme, come vi avevo promesso il mese scorso. Innanzitutto, però, controllate la soluzione dell’esercizio che vi avevo lasciato da svolgere. Devo proprio dirvelo di fare “clic” col mouse sulla parola evidenziata? credo che ormai certe cose le abbiate capite…
Mi è giunta all’orecchio la voce che molti fans del corso di giapponese gradirebbero trovare un elenco di tutte le parole che vi ho proposto mano a mano che il corso procedeva. L’idea non è male, e ci stiamo lavorando per renderla ancora più interessante. Pazientate e vedrete! Se avete altre proposte, oppure semplicemente se qualcosa non vi è perfettamente chiaro, scrivetemi subito al consueto indirizzo:

KULT Underground c/o Informagiovani
Via Scudari, 8
41100 Modena

Bene, ed ora rimbocchiamoci le maniche e partiamo. Ok, i verbi. Se qualcuno di voi ha mai studiato una lingua straniera, saprà bene che di solito la coniugazione dei verbi è una delle fatiche più gravose che attendono il povero studente. Anche soltanto fermandosi all’italiano, un rapido esame ed è facile rendersi conto dell’enorme complessità dell’argomento “verbi”. Tante forme da conoscere, ciascuna dipendente dal tempo a cui si riferisce la frase, dal numero
(singolare o plurale) e da una marea di modi (indicativo, congiuntivo, imperativo, ecc..). Senza contare poi i numerosissimi verbi irregolari, che escono dallo schema principale di coniugazione obbligando ad uno studio a memoria. Forse alcuni di voi si staranno chiedendo con preoccupazione quali enormi difficoltà presenti la coniugazione dei verbi giapponesi. Bene, potete rallegrarvi, perchè nel giapponese i verbi hanno una coniugazione particolarmente semplice. Naturalmente questo non significa che manchino completamente le difficoltà, ma queste ultime risiedono più nell’uso delle forme coniugate che nella coniugazione stessa.
Vediamo di tracciare uno schema generale dei verbi giapponesi.
Innanzitutto si possono distinguere tre gruppi: i verbi Ichidan, i verbi Godan e i verbi irregolari. Ogni verbo della lingua giapponese appartiene ad uno di questi gruppi. I gruppi Ichidan e Godan hanno ciascuno un proprio schema di coniugazione. I verbi irregolari naturalmente fanno di testa propria (altrimenti non si chiamerebbero così, no?). Sarete comunque contenti di sapere che alla categoria dei verbi irregolari appartengono solamente due verbi (!!). Visto che siamo in vena di buona notizie, voglio stupirvi fino in fondo, dicendovi che le forme coniugate di qualsiasi verbo giapponese sono in tutto sei. Non so se riuscite ad afferrare l’enorme semplicità della coniugazione giapponese rispetto ad esempio a quella dell’italiano. Vi ricordo ad esempio che in italiano ci vogliono sei forme coniugate solo per fare l’indicativo presente: io sono, tu sei, egli è, ecc…
I più perspicaci di voi staranno certamente chiedendosi dove sia il trucco. Infatti, se con una lingua si devono poter esprimere gli stessi concetti di un’altra, ciò che appare semplificato da una parte deve necessariamente portare ad una complicazione altrove. Ed in effetti è proprio così. Dovete sapere infatti che le sei forme coniugate di cui sopra non sono determinate ne’ dalla persona e numero del soggetto, ne’ dal modo, bensì dagli elementi che seguono il verbo.
In altre parole, a seconda delle parole (particelle, verbi ausiliari, ecc.) che seguono il verbo, sarà necessario porlo in una delle sei forme coniugate. La difficoltà sta nel ricordare quale forma sia richiesta da una particolare combinazione di parole. Vi faccio notare quindi che le forme coniugate dei verbi giapponesi non hanno alcun significato se prese da sole. Per poter attribuire loro un senso compiuto è necessario completarle in modo opportuno.
Non ci avete capito niente? Rilassatevi, tra un po’ passeremo agli esempi e vi sarà tutto più chiaro. Prima di tutto però, vediamo la coniugazione dei verbi Ichidan. I verbi Godan, che hanno una coniugazione più complessa, li vedremo la prossima volta. Bene, i verbi della coniugazione Ichidan si distinguono facilmente dagli altri, perchè terminano tutti per -iru ed -eru. Ad esempio:
taberu (mangiare) okiru (alzarsi) suteru (gettare) ochiru (cadere)

Occorre fare attenzione, perchè ci sono alcuni verbi che pur terminando in -iru ed -eru NON sono Ichidan, ma (ovviamente) Godan.
Potete vedere un elenco delle più comuni di queste eccezioni facendo clic sulla parola evidenziata.
Per i perfezionisti, preciso che la coniugazione Ichidan si suddivide in effetti in due parti: la Kami Ichidan (i verbi che terminano in
-iru) e la Shimo Ichidan (i verbi che terminano in -eru). Tuttavia questi due gruppi hanno una coniugazione del tutto simile. Vediamo ora queste famose sei forme. Per ragioni di compatibilità con la maggior parte delle grammatiche di giapponese che potete trovare anche in
Italia, adotterò lo schema delle basi. Ciascuna delle forme coniugate del verbo ha una sua base. Abbiamo così la 1a base, la 2a base, ecc.
(lo so che sembra di giocare a baseball, ma non ho scelto io di chiamarle così..). Queste basi sono composte dalla radice del verbo e da una appropriata desinenza.
Comunque, nella pratica, si fa riferimento alla forma del dizionario
(che in effetti non è altro che la terza base) e la si trasforma secondo uno schema abbastanza semplice, al fine di ottenere le altre basi. Vediamo subito come si fa ad ottenere le varie basi di un verbo ichidan, ad esempio taberu (mangiare). Per prima cosa, togliete il
“ru” finale. Resta tabe. Questa è la prima base; chiamiamola per brevità B1. La B2, o seconda base, è identica: tabe. La terza base
(B3) è la forma del dizionario: taberu. Anche la quarta base (B4) si comporta allo stesso modo, cioè taberu. Per ottenere la quinta base
(B5), basta sostituire al “ru” un “re”. Nel nostro caso risulta quindi tabere. Infine, la sesta ed ultima base (B6) si forma sostituendo il
“ru” con un “ro”, e quindi avremo: tabero. Vediamo uno schema riassuntivo:

Verbo: taberu
B1: tabe
B2: tabe
B3: taberu
B4: taberu
B5: tabere
B6: tabero

Lo stesso procedimento consente di determinare le basi di un verbo
Ichidan che termini in -iru (cioè un verbo kami ichidan). Prendiamo ad esempio il verbo miru (vedere). Avremo:

Verbo: miru
B1: mi
B2: mi
B3: miru
B4: miru
B5: mire
B6: miro

Bene, ora conoscete la coniugazione Ichidan. Ma come si usa? E’ proprio questo il problema… Infatti bisogna imparare a memoria come si formano i vari costrutti. Partiamo da un esempio semplice, che si ricollega a cose che abbiamo già visto. Come ricorderete (almeno spero), i verbi giapponesi hanno una forma piana (quella del dizionario) ed una forma cortese. Ad esempio abbiamo visto che il verbo essere da ha la forma cortese desu. Anche tutti gli altri verbi hanno una forma cortese (che vi consiglio di usare sempre, per precauzione). Come si fa ad ottenerla? Semplice, basta utilizzare la seguente “formuletta”:
forma cortese = B2 + masu

Ad esempio se voglio avere la forma cortese di taberu, prendo la sua
B2, tabe (controllate nello schema di poco fa) e ci attacco masu, ottenendo tabemasu. Facile, no? Il problema sta nel grande numero di queste “formulette” che bisogna ricordare per poter costruire tutta la gamma di espressioni di cui è ricca una grammatica. Vi faccio notare che tabe da solo generalmente non si usa, in quanto non ha un vero e proprio significato (è solo un “pezzo” del verbo). Masu altro non è che uno speciale verbo ausiliare (detto ausiliare di cortesia) che richiede che il verbo che lo precede sia coniugato nella seconda base.
La forma negativa cortese dei verbi si ottiene con la formula:
forma cortese negativa = B2 + masen

E quindi avremo ad esempio tabemasen. Insisto ancora sul fatto che la
B2 da sola non ha un vero e proprio significato, tant’è che viene utilizzata in molti costrutti diversi. Solo a titolo di esempio, vi anticipo qualcosa che vedremo più avanti: esiste un cosiddetto ausiliare di desiderio, e cioè -tai, che si usa per esprimere frasi del tipo “volere” + verbo, e che richiede anch’esso la B2 del verbo a cui si riferisce. In altre parole si usa la formula:

B2 + tai

Nel nostro caso avremmo quindi tabetai (voglio mangiare).
Attenzione, non vorrei che vi fosse sfuggito un particolare di fondamentale importanza, presi com’eravate ad esaminare le basi dei verbi Ichidan. Nel giapponese il verbo è assolutamente insensibile alla persona e al numero; questo significa che taberu può essere tradotto con:

Io mangio
Tu mangi
Lui/lei mangia
Noi mangiamo
Voi mangiate
Loro mangiano

E siccome il futuro si rende in giapponese col presente (con l’ausilio di parole come “domani”, “l’anno prossimo”, ecc..) la stessa forma, taberu può significare anche:

Io mangerò
Tu mangerai

Eccetera eccetera… Come dite? Vi sembra un tantino ambiguo? Beh, in certi casi in effetti può essere un problema decifrare il significato di una frase. Ma di solito il contesto aiuta parecchio a fare chiarezza.
Vediamo una ulteriore formuletta assai utile, con la quale saremo in grado di ottenere la forma piana negativa di ogni verbo. Eccola qua:
forma piana negativa = B1 + nai

Ad esempio taberu diventa tabenai (non mangio). Bene, prima di concludere vorrei presentarvi una bella collezione di formule che potete già utilizzare; alcune sono quelle che abbiamo appena visto, altre sono nuove. Osservatele con attenzione e cominciate ad impararle fin da ora. Ah, naturalmente le stesse formule valgono anche per la coniugazione Godan e persino per i verbi irregolari; l’unica differenza sta nel fatto che per queste categorie di verbi le basi B1,
B2, ecc. si ottengono in maniera diversa, come vedremo nelle prossime puntate.
forma cortese = B2 + masu forma cortese negativa = B2 + masen forma cortese passata = B2 + mashita forma cortese passata negativa = B2 + masen deshita

Esempio: tabemashita (ho mangiato, mangiai; hai mangiato, ecc..).
Tabemasen deshita (non ho mangiato, ecc..).
forma piana = B3 forma piana negativa = B1 + nai forma piana passata = B2 + ta forma piana passata negativa = B1 + nakatta

Ok, basta così! Come va? Stanchi? Ve lo avevo detto che questa puntata sarebbe stata un osso duro… Resistete, che stiamo procedendo bene!
Come al solito, vi lascio un esercizio da svolgere per la prossima volta. Mi raccomando di metterci la massima attenzione: dovrete utilizzare tutto quanto abbiamo visto in questa puntata. Ci risentiamo il mese prossimo, e riposatevi, perchè la coniugazione Godan vi aspetta!
Sayoonara

Kotaro

Esercizio
Per poter costruire frasi più interessanti, vediamo brevemente la nuova particella “wo”, che serve ad evidenziare il complemento oggetto della frase. Vi ricordo che il complemento oggetto è quella parte del discorso che risponde alla domanda “Chi? Che cosa?”. Ad esempio:

Io mangio sushi.
Watashi wa sushi wo tabemasu.

Tradurre in giapponese, prima utilizzando la forma cortese e poi la forma piana.

Io non ho mangiato.
Dov’era l’insegnante? Tu lo hai visto?
No, non l’ho visto.
Ho aperto (aprire = akeru) la finestra (=mado).

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