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Verve – The Verve E.P.

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MAGMATICI: TRA POP E PSICHEDELIA

 

1992. La band di Wigan, capitanata dal carismatico e spirituale Richard Ashcroft, interprete di una tradizione orfica che ha come capostipite James Douglas Morrison e come ultimo, tragico interprete Ian Curtis, incide i primi singoli e il primo Ep. Musicisti poco più che ventenni, compagni dai tempi delle superiori, uniti nel sogno d’un progetto artistico originale e innovativo, destinato, nei loro disegni, all’immortalità. Due anime in una band: quella cupa, introspettiva e joydivisioniana del chitarrista Nick McCabe, e quella magnetica, sciamanica e solare del frontman Ashcroft. Prodromi di quel diamante pop-psichedelico che sarà “A Storm in Heaven” si possono respirare già nel primissimo singolo, “All in The Mind“, impreziosito dalla presenza di due brani, “One Way To Go” e “All in The Mind”, appunto, che non verranno più pubblicati in seguito, a differenza di “Man Called Sun” che tornerà in “The Verve E.P.“: atmosfere acide e visionarie, rappresentazione d’una fragilissima poesia post industriale, e imperiosi e subito stramazzanti individualismi: “Walking with a man called Sun / I think my journey’s just begun / Do you think you might…? / He lifts you up and shines and then he’s gone / But you know you need him more when he’s gone“.

 

The Verve E.P.” è la rappresentazione dell’attività magmatica, di convergenza e progressiva inevitabile fusione di pop e psichedelia, della band: un disco dall’anima sperimentale, che esprime un’irrequietezza affascinante. Notturno e disturbato, questo ep è la scintilla di un grande incendio; fiamme che danzano e accecano, e zampillano musica.

 

Incipit. “Gravity Grave“: immobilità e contemplazione. Ashcroft svela la prospettiva della sua ricerca: “Your world just spins whilst mine stands still”. Assimilata la lezione di “The piper at the gates of dawn”, la strada maestra è tracciata e si può sprofondare nella realtà alterata e accettare l’avvento delle percezioni distorte; ne deriva musica di vortici e spirali, una lucidità inquinata dal desiderio d’arte, e poesia.

Secondo passo: “Man Called Sun”. Quindi: “She’s a superstar“. Il canto dell’appartenenza, della rassegnazione all’appartenenza, e dunque della dedizione: dello splendore della bellezza, e della miseria dell’isolamento. Rallentato e intorpidito, è rock che sgrana la poesia d’uno spirito e interiorizza frammenti di luce. A un passo dalla conclusione: “Endless Life”.

Intuizione dell’infinito e canto del dolore del distacco dalla realtà: “Drink the water to ease my pain / Nights like these I only read about / Nights like these I only dreamed about / As we turn, as we rolled / I felt something strange / I felt you“. È stato una notte. Il momento d’incanto che mai più torna: l’amore, e la consapevolezza dell’eternità e della perfezione. La voce di Ashcroft formula le parole dell’iniziazione: la ripetizione ossessiva “endless life” lascia svicolare via, poco a poco, la realtà: “Get me a life, I’ve seen everything“. Adesso è davvero all in the mind. Spegnimi, dissolvimi, sembra domandare l’artista: ché non voglio più vedere, non voglio più sentire, quel che sogno è quel che voglio. Pretendo d’annullarmi, voglio tornare a essere niente. (“I’m falling I’m falling I’m falling in the endless life endless life endless life endless life“). Pura psichedelia, i Verve spalancano altre porte, s’intravede una strada nuova.

Ashcroft è il tessitore di sentieri.

Epilogo: “Feel“. Ennesima trasfigurazione d’un frammento di vita vissuta. Per eccessi, esasperazioni e ossessiva autodistruzione, l’artista cerca d’avvicinarsi a una forma di consapevolezza nuova e più autentica. Desiderio, adesso, d’essere, di conoscere, di sentire: sperimentare sulla propria pelle e ricercare nell’arte. Il sole s’incarna un’ultima volta. Terribile l’isolamento del suo profeta. (la musica consola e guida, ancora, sempre.) “My senses have been so cold / Didn’t know how to feel or hold / For a second I felt something new“.

 

The Verve E.P.” è la chiave di lettura fondamentale e segreta dell’opera della band di Wigan: è il principio del sentiero.

 

DISCOGRAFIA ESSENZIALE e GENESI DEL GRUPPO

 

Urban Hymns, Virgin, 1997.

A Northern Soul, Vernon Yard, 1995.

No Come Down, Vernon Yard, 1994. (b-sides e inedite)

A Storm in Heaven, Vernon Yard, 1993.

The Verve E.P., Vernon Yard, 1992.

All in The Mind, Hut, 1992. (Three tracks single)

 

Wigan, Lancashire, tardi anni Ottanta. Lo sciamanico chitarrista e cantante Richard Ashcroft(classe 1971), il batterista Peter Salisbury, il bassista Simon Jones, amici sin dai tempi della Upholland High School, incontrano il cupo e introverso chitarrista Nick McCabe, cultore dei Joy Division, all’epoca studente del Winstanley College.

È la nascita d’un gruppo storico della scena indie rock inglese: i Verve.

La band firmò il suo primo contratto con la Hut e debuttò nel marzo del 1992 con l’introvabile singolo “All in The Mind“, seguito, in rapida successione, da altri due singles: “She’s a superstar” e “Gravity Grave”. Larga parte dei brani ospitati nei tre dischi furono ristampati nel primo, omonimo e leggendario E.P.

Siamo, per intenderci, nel periodo in cui i Verve erano definiti “l’essenza liquida del rock’n’roll“. Ottenuti ottimi riscontri sulla scena indie, reduce da una tournée americana al fianco dei Black Crowes, la band di Wigan incise il primo album, “A Storm in Heaven“, annunciato dal singolo “Blue“. Apparso nel 1993, acclamato dalla critica, non rappresentò tuttavia un successo di vendite. La fama dei Verve come band eclettica e atipica(convergenza e fusione di psichedelia e pop) s’accompagnò rapidamente con quella di band “must” dal vivo: negli spettacoli live, Ashcroft era trascinante, estremo e magnetico, calamitava gli spettatori.

Eccessi e stravizi iniziarono ben presto a segnare l’attività del gruppo: Ashcroft più volte ricoverato per l’eccessivo deperimento, Salisbury arrestato per aver distrutto una camera d’albergo, in Kansas. Nel frattempo, Nick McCabe si mostrava sempre più insofferente nei confronti del leader e frontman della band, l’uomo che, per dirla con Gallagher, “As he faced the sun he cast no shadow“: l’incredibile personalità di Ashcroft (appassionato studioso, tra l’altro, della cultura rosicruciana) oscurava il resto del gruppo.

Nel 1995, sotto l’effetto di pesanti quantitativi di extasy, i Verve registrarono un album che sembrava poter rappresentare il congedo della band: “A Northern Soul“. Il disco, nonostante ospitasse brani come “History” e “On Your Own” non ebbe fortuna: soltanto qualche mese dopo, Ashcroft abbandonava la band, salvo poi fortunatamente ritornare sui suoi passi. McCabe, tuttavia, non fu immediatamente d’accordo e venne rimpiazzato da Simon Tong, chitarrista e tastierista, altro vecchio compagno di scuola. Trascorrono due anni: il tempo necessario al transfuga per tornare sui suoi passi, il tempo necessario per ideare il Disco Definitivo. 1997.

Urban Hymns” è il caso discografico dell’anno. Trascinato dal singolo “Bittersweet Symphony“, cover “spuria” di “The Last Time” dei Rolling Stones(il brano campionava un sample di una esecuzione orchestrale dell’originale), e dalla malinconica ballata “The Drugs Don’t Work“, l’album è stato un successo internazionale. Seduti sul tetto del mondo: fin quando, neppure un anno dopo, Nick McCabe ha definitivamente alzato i tacchi, rompendo per l’ennesima volta con la band. I Verve si sono ufficialmente sciolti nel 1999.

Richard Ashcroft, attraverso una felice collaborazione con il progetto Unkle del Dj Shadow (“Lonely Soul”) e una discreta prova con i Chemical Brothers (“The Test”), s’è avviato ad una carriera da solista: il primo, promettente album, “Alone with Everybody“, pubblicato nel 2000, trascinato dal fortunato singolo “Song for the Lovers“, è stato un successo internazionale.

Il secondo disco, “Human Conditions“, è piuttosto fiacco e deludente: introspettivo ed eccessivamente intimista, segna un momento di transizione.

Peter Salisbury collabora irregolarmente ai dischi di Ashcroft.

Il bassista Simon Jones ha fondato, assieme a Simon Tong e all’ex Stone Roses John Squire (poi sostituito da Dan McBean), un nuovo gruppo: “The Shining“(nome scelto in omaggio al film di Kubrick e al romanzo di King).

Il primo, interessante album, “True Skies“, è stato pubblicato nel 2003.

L’inquietante e talentuoso Nick McCabe ha collaborato con il progetto Faultline e con i Neotropic.

 

Fonte principale delle informazioni biodiscografiche è stato, oltre al solito, monumentale www.allmusic.com, il sito ufficiale della band:

http://special.the-raft.com/theverve/

Sito ufficiale dei “The Shining”: http://www.theshiningarehere.com/

Sito non ufficiale di Nick McCabe: http://www.nickmccabe-kim-2freespirits.co.uk/

Sito ufficiale di Richard Ashcroft: http://www.richardashcroft.co.uk/

 

History has a place for us. It may take us three albums, but we will be there“. (Richard Ashcroft, 1993).

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